Santuario pontificio della Santa Casa di Loreto (AN) © Ugo Bogotto per Delegazione pontificia della Santa Casa di Loreto

A primavera inoltrata e con le rose in fiore, maggio è il mese fecondo, simbolo della rinascita. Nella religione pagana Cerere, Venere o Giunone sono divinità generatrici che permettono alla terra di sbocciare, mentre nell’era cristiana la Madonna è la Signora dell’umanità intera. Con tenera audacia protegge tutte le mamme, alle quali è dedicata – non a caso – la Festa nella seconda domenica.

 

E maggio è anche il mese in cui si celebrano apparizioni ed eventi legati alla Vergine. Il 31, per esempio, è il giorno in cui Maria, in dolce attesa di Gesù, fece visita alla cugina Elisabetta, anche lei santa e incinta di Giovanni Battista. Nella Festa di Pentecoste, ricorrenza che cade 50 giorni dopo la Pasqua, si ricorda lo Spirito Santo sceso sugli apostoli, lo stesso che consentì alla Vergine di concepire il Salvatore.

 

Diffusissima, in tutta Italia, è la devozione per questa giovane madre e, a maggio come nel resto dell’anno, i tanti riti a lei dedicati sono un’occasione per viaggiare nel nostro Paese alla scoperta di leggende, storia, culto e arte.

DA CARAVAGGIO A FAENZA

Partendo dalla Lombardia, a Caravaggio (BG) si trova la basilica di Santa Maria del Fonte, dove la Vergine apparve alla contadina Giannetta il 26 maggio 1432, tra gli zampilli di una sorgente limpida, da cui originarono molte e successive guarigioni. Ogni anno confluiscono sul posto oltre due milioni di visitatori che, nel giorno della festa dell’Apparizione, consumano piccoli pani azzimi impastati con l’acqua miracolosa.

 

Sulla costa adriatica, a Loreto (AN) è custodita la Santa Casa di Nazareth, dove Maria visse con la sua famiglia e dove le fu annunciato che sarebbe diventata madre di Cristo. Secondo la leggenda, gli angeli trasportarono qui dalla Palestina la modesta costruzione. Storicamente, invece, il merito di aver salvato l’edificio dai musulmani è dei Crociati, che lo portarono prima nell’antica Illiria e poi – nella notte tra il 9 e il 10 dicembre 1294 – nelle Marche. Ora a Loreto sorge una grandiosa basilica pontificia del ‘400, cuore pulsante di fedeli.

 

A Faenza (RA), il secondo sabato di maggio si festeggia la Madonna delle Grazie, patrona della città delle ceramiche. Viene ritratta in piedi, le braccia aperte a forma di croce e in pugno un mazzo di frecce spezzate, tenute come fossero ciuffi d’erba, a dimostrare tutta la sua forza nel frantumare il male. Con questa veste, si narra, apparve nel 1412 a una nobildonna che l’aveva invocata durante una peste devastante. E senza scomporsi, con il manto cobalto ben indossato, dopo aver ascoltato le preghiere e accolto le invocazioni, fermò la pandemia. Da allora la venerazione mariana è cresciuta moltissimo in tutto il ravennate, dove è possibile scorgere l’effige iconica di Maria con le saette in diverse chiese, tele, sculture, tabernacoli e incisioni. Ma anche nelle famose maioliche, murate perfino sulle facciate delle case a protezione dei suoi abitanti. Nel duomo di Faenza, al centro dell’altare barocco in marmi bianchi e oro, è esposto il frammento di un antico muro, dipinto ad affresco, con l’immagine della Madonna delle Grazie, di cui purtroppo sono andate perse braccia e frecce.

Piero della Francesca, Madonna del Parto, Monterchi (AR) © g8ste/AdobeStock

TRA MONTERCHI, LIVORNO E ROMA

Scenografica, ieratica e maestosa, presentata da due angeli, è invece la Madonna del Parto di Piero della Francesca. La si incontra a Monterchi, nell’aretino, dopo curve e tornanti di una strada provinciale che attraversa la valle tiberina tra Toscana e Umbria, oltrepassando borghi in pietra e pievi medievali. Qui il pittore, a metà del ‘400, raffigurò Maria in stato interessante, dandole il volto luminoso e color cipria di un’adolescente, con tanto di treccine bionde raccolte in nastri bianchi e sovrastate da un’aureola. La dipinse pensando a sua madre che in quella terra era nata e vissuta.

È una delle Madonne più intense della storia dell’arte rinascimentale, fiera nel mostrarsi incinta, con una mano sul fianco e l’altra sul ventre, consapevole del suo ruolo come madre del nascituro, tanto da «sacralizzare il vero e, allo stesso tempo, dare al sacro l’evidenza di un naturalismo archetipo», come l’ha descritta lo storico dell'arte Antonio Paolucci.

Scendendo verso la costa, sopra il porto di Livorno, in una posizione collinare e dominante da cui si vede il mare fino alla Sardegna, si erge il Santuario di Montenero dedicato alla Madonna delle Grazie, patrona della Toscana. Un’antica leggenda del ‘300 racconta che un vecchio pastore trovò una tavola di legno raffigurante la Vergine «coi grandi occhi teneri, un poco bruni» e il bambino in braccio, disegnata niente di meno che dall’Arcangelo Gabriele. Nonostante fosse zoppo, si inerpicò su per il monte, infestato da banditi e brutte storie, per nascondere l’immaginetta sacra e quando arrivò in cima la sua gamba offesa era perfettamente sana. Da allora la Madonna ha dispensato grazie e miracoli e Montenero è divenuto meta di molti pellegrinaggi. Dalla stazione centrale di Livorno, oggi si sale al Santuario con bus e funicolare fino alla grande piazza dove si affacciano la chiesa e le cappelle che custodiscono le spoglie dei grandi livornesi, tra cui lo scrittore Domenico Guerrazzi, il pedagogista Enrico Meyer e il pittore macchiaiolo Giovanni Fattori.

 

Sempre sulla scia di racconti popolari si giunge a Roma, nella zona di Castel di Leva, dove sorge un santuario al Divino Amore, ovvero lo Spirito Santo. Nel 1740 un pellegrino, in cammino verso San Pietro, si smarrì in questa zona allora inospitale rischiando di essere assalito da cani randagi. Ormai spacciato, vide in cima a una torre la piccola immagine della Vergine con Gesù Bambino, sovrastata da una colomba, e il solo invocarla fece calmare gli animali. Dopo qualche secolo, il 4 giugno del ‘44 l’affresco custodito nel santuario fu portato solo per quel giorno in due chiese del centro, per scongiurare i bombardamenti.  Lì la Madre di Dio fu supplicata dai romani senza sosta e la tradizione vuole che le truppe tedesche si ritirarono grazie al suo intervento miracoloso. Molto seguita ancora oggi, da Pasqua a fine ottobre, è un’altra pratica di fede: il cammino notturno che ogni sabato si compie da piazza di Porta Capena, con arrivo alle cinque del mattino al Santuario del Divino Amore.

La Basilica del santuario della Beata Vergine a Pompei (NA)

DA POMPEI ALL’ASPROMONTE

Se si pensa al legame indissolubile tra gli abitanti del Meridione e la Vergine è difficile scegliere quale tappa includere in questa breve sintesi per viandanti mariani. Non può mancare il Santuario di Pompei, vicino Napoli, conosciuto per la recita del rosario. A questa preghiera era legato in particolare il beato Bartolo Longo che qui fece portare la nota tela raffigurante Maria con il Bambino e i santi Caterina da Siena e Domenico.  Era il 1875, esattamente il 13 novembre, data in cui numerosi fedeli, spesso malati, ancora oggi accorrono per partecipare alla Supplica delle 12.  Questa preghiera è recitata con solennità anche l’8 maggio e la prima domenica di ottobre, nei mesi dedicati alla Madonna in cui ogni mattina alle 6:30 si prega anche con il Buongiorno a Maria.

 

In Calabria, nel reggino, i più grandi ricordano la Festa della montagna celebrata il 2 settembre. Soprattutto fino al secolo scorso, infatti, tra la fine di agosto e i primi di settembre, gente assiepata in auto e camion cantava e ballava chiassosamente, percorrendo strade impervie, per raggiungere l’Aspromonte. Tra la natura selvaggia si nasconde il Santuario di Polsi, sorto dove un pastore, secondo una narrazione popolare, ritrovò inginocchiato davanti a una croce il suo giovenco smarrito. Ogni anno si rinnova questa festa condivisa e gioiosa, che in molti si augurano si possa svolgere anche il prossimo settembre. E sarebbe un buon auspicio.

Articolo tratto da La Freccia