In cover foliage a Laion (BZ), sullo sfondo il Sassolungo e il Gruppo del Sella (Dolomiti) © laion

Immaginate una porta nel bel mezzo di un prato circondato dalle più belle montagne del mondo, malghe e soleggiati vigneti. Apritela e, senza fretta, lentamente, entrate nel paesino dal nome Laion in Alto Adige, borgo alle porte delle Dolomiti.

 

A me è andata così, quando tutto questo era possibile: passeggiando in un prato verde, assorto nei miei pensieri, quelli che solo la montagna riesce a scatenare, rifletto su quanto possa essere importante per l’animo godere della bellezza della natura.

Per quanto si sia voluto bonificare, costruire strade e palazzi, noi esseri umani siamo sempre ospiti di Madre Natura. Sono totalmente rapito dal meraviglioso paesaggio alpino delle Dolomiti, quello che Le Corbusier definì «la più bella architettura naturale del mondo», e probabilmente aveva ragione perché, con le loro pareti bizzarre che si stagliano imponenti in cielo, queste montagne nominate Patrimonio Naturale dell’Umanità dall’Unesco sono uniche.

 

Entro in paese, la posta, il fornaio, alberghi e case bianche con i fiori ben curati sui balconi, tetti di legno spioventi, la piazzetta con la chiesa; chiedo informazioni a un vecchietto in merito al sentiero Walther von der Vogelweide, il poeta-cantore medievale che si presume originario del posto, lui mi indica la via ma prima di proseguire, da curioso quale sono, chiedo il suo nome e cosa avesse fatto nella vita.

 

Con grande sorpresa capisco che Albert Fill, così si chiama, lavora ed è un artigiano. Ha iniziato a 14 anni e ancora oggi, a 80, realizza zaini. Entro in bottega e mi sento a casa: vista mozzafiato sulla montagna, grandi tavoli di legno di tiglio, macchine da cucire sparse, scaffali con utensili, stampi da taglio e gabbia con due canarini che Albert dice essere una tradizione per ciabattini e sarti.

Törggelen in Alto Adige © IDM Südtirol/trickytine

Törggelen in Alto Adige © IDM Südtirol/trickytine

Lo vedo all’opera, mani ossute con evidenti segni di chi ha sempre lavorato, grande dimestichezza nell’uso degli utensili da lavoro e occhi vispi e attenti a ogni cucitura. Si percepisce nell’aria che in questa bottega si creano meraviglie. La luce della montagna che si riflette sulle pareti, il suono della macchina da cucire, il canto dei canarini e il respiro del nonnino al lavoro. Tutto in armonia per la realizzazione di un’opera d’arte.

 

Ogni zaino racconta la sua esperienza, la cura e la passione per questo mestiere. L’attenzione al dettaglio è maniacale, tutto deve essere perfetto per la comodità dei viaggiatori che lo indossano. Chiedo ad Albert a quale fosse più affezionato e la risposta è commovente: «Al prossimo zaino da scuola per un bambino».

 

È il momento di andare e Albert mi consiglia di fare il Törggelen: tutti in questo periodo lo fanno, è una sorta di quinta stagione.

Mentre cammino, sono emozionato perché sto facendo il Törggelen anche se non ho ben capito cosa sia esattamente, ma se lo fanno tutti avrà pure qualche significato. Con le scarpe bagnate dall’erba umida, sento il belare di capre e incuriosito mi avvicino. Sono camosciate alpine cornute, una razza affascinante, docili e simpatiche, poco lontano un uomo distinto. Saluto dicendo «bon dii», come mi ha insegnato Christine, una mia amica altoatesina, e la risposta è – come mi aspettavo – cordiale. La prossemica invece un poco diversa dalla mia, forse troppo prossima all’altro, ma so che presto questa distanza si ridurrà. Gli altoatesini, ho imparato a conoscerli, sono genuinamente ospitali.

 

Il proprietario delle capre si chiama David ed è il titolare di una di quelle storie fantastiche che si sentono raccontare come fossero una fiaba. David ha sentito il bisogno di cambiare radicalmente vita, da un ufficio con contratto a tempo indeterminato a una quotidianità a stretto contatto con la natura. Aveva fin da piccino il sogno di possedere delle capre tutte per sé, le aveva sempre viste belle e felici quando ci giocava con i cuginetti. Ora ne ha più di 100 e produce latte fresco, yogurt, panne cotte e formaggi. L’orgoglio di David, però, è raccontare tutta la filiera, come si svolge la sua giornata, e sprigiona un’energia così coinvolgente che magicamente ti ritrovi a seguirlo nella stalla dove subito ti accorgi che l’attenzione alla salute degli animali è massima.

David con le capre del Goashof © laion_goashof

David con le capre del Goashof © laion_goashof

Ora però da amante dei formaggi devo fare la domanda fatidica, la più importante per me e la più imbarazzante per gli allevatori: vorrei sapere cosa mangiano le capre, elemento fondamentale per un ottimo latte. È in quel momento, dai suoi occhi felici, che capisco perfettamente lo spessore di quell’uomo e quanto veramente ami i suoi animali. Mi mostra con fierezza, allargando le mani in un grande abbraccio al suo pascolo, di cosa si nutrono: erba e arbusti dalla primavera all’autunno e fieno di alta montagna in inverno.

 

Sono felice e soddisfatto per aver incontrato un altro custode di tradizioni così antiche a tutela del territorio e della comunità, e proseguo il mio Törggelen. Il cielo è blu brillante, le foglie colorate scrocchiano sotto i piedi, abbraccio un albero e sono di nuovo felice. Nel cammino incrocio diversi gruppi di ragazzi di ritorno dalla montagna, alcuni mi augurano buon Törggelen e io educatamente ringrazio con un sorriso non convintissimo ma fiducioso: mia madre è orgogliosa quando sono così educato.

Dopo circa 20 minuti di cammino arrivo in un maso, proprietà fondiaria tipica del Tirolo caratterizzato dall’indivisibilità della proprietà, l’aria è frizzante, la gente è felice e molto ben disposta. Un gruppo di signori mi fa accomodare con loro e un po’ imbarazzato chiedo cosa sia questo Törggelen.

 

Si tratta di un’usanza dei contadini che, per ringraziare parenti e amici venuti in soccorso per la raccolta dell’uva, offrivano loro da mangiare per rigenerarsi, ma anche per condividere la gioia e ringraziare Madre Natura per il raccolto. Questa tradizione nel tempo si è trasformata e oggi tutti gli abitanti di Laion, i loro ospiti e i turisti, dopo una bella passeggiata nella natura, si fermano nei masi e nelle osterie contadine per condividere questo rito ancestrale che a me sa molto di comunità.

 

Mi sembra tutto chiaro, si fa anche dalle mie parti, si fa nelle dignitose civiltà contadine. E allora non c’è altro da fare che assaggiare quello che ci mettono in tavola, dallo speck ai Canederli fino alle castagne, con un bel bicchiere di vino. Missione compiuta. Törggelen fatto!

Articolo tratto da La Freccia