Stare al telefono con Maurizio Battista è divertimento allo stato puro. Un modo di ridere casareccio, autentico, come lui, che non fa il personaggio ma è, prima di tutto, una persona. E questa cosa, a lungo andare, paga. Ecco allora che il comico approda nella prima serata di Rai2, dal 14 maggio, con il nuovo show Poco di tanto. È l’unica nuova produzione della tv pubblica ai tempi del coronavirus, ma anche un programma che regala una visione inedita di Battista, dopo i recenti successi di Battistology su Comedy Central e La sai l’ultima?-Digital Edition su Canale 5.


Come nasce Poco di tanto?

Da un’equazione. Nel senso che noi abbiamo il poco, ma di tantissimo. A differenza di mio nonno che aveva il poco, ma di niente. C’è qualcuno che si lamenta, certo, ma quello che possediamo è comunque molto. Soprattutto in questo periodo storico.

 

Che tipo di programma è?

Per prima cosa mi preme sottolineare lo sforzo enorme da parte di tutti: dalla società di produzione Ballandi Multimedia alla Rai, fino agli autori e i tecnici. Tutto è più difficile, in questo momento, siamo blindati. A ogni modo, lo show si snoda su tre prime serate durante le quali mi muovo in una casa di 200 mq, costruita ad hoc, che cambia in ogni puntata: nella prima sono in un appartamento degli anni ’60, nella

seconda l’ambientazione è dei ’70 e, infine, nella terza, spazio agli ’80.

Il tuo ruolo?

Sono come Alberto Angela, un divulgatore. Lui racconta da Pompei, io vado a spasso nel tempo. In ogni camera descrivo proprio quel periodo con due ospiti a puntata, rvm, filmati d’epoca, gag e qualche riferimento all’attualità. Il tutto messo in piedi con ironia, nostalgia, cuore, sentimento e musica. È un ricordo, ma di classe: qualcosa che non ha fatto mai nessuno.

 

Qualche anticipazione?

Il programma inizia sempre con una macchina dell’epoca. Faremo parallelismi con ironia come, per esempio, tra l’indimenticabile Carosello e tutte le pubblicità di oggi coi testimonial belloni, tipo quelle dei profumi.


E gli ospiti?

Faccio qualche nome: Orietta Berti, Don Backy, Michele Zarrillo e Gazebo.


Strutturalmente cosa avete dovuto cambiare a causa del Covid-19?

Tutto. La casa è così grande perché hanno dovuto passarci dentro i macchinisti, i carrelli, le camere. L’idea iniziale era di realizzare uno sceneggiato che avesse come protagonista una famiglia. Dopo il coronavirus abbiamo dovuto modificare

il format, anche perché l’investimento era già stato fatto. Così ci siamo inventati questa formula light.
 

Qual è il tuo obiettivo con questo show?

Far capire che ne abbiamo passate tante e anche se questo virus non ci voleva lo stiamo superando. Conoscendo quegli anni, avendo vissuto quei momenti, vorrei far sentire quel sapore. Riporto in modo fedele quello che ho vissuto. Ci si commuove,

si riflette e, ovviamente, si ride.