In apertura, Taismary Agüero con la maglia di Villa Cortese nella Coppa Italia 2010-11
© Filippo Rubin
Nel fine settimana del 17 e 18 febbraio, il Pala-Rubini Alma Arena di Trieste si accende con la Coppa Italia Frecciarossa della Serie A1 di volley femminile. Grazie all’offerta Speciale Eventi di Trenitalia, gli amanti della pallavolo in possesso dei biglietti di una o più partite possono viaggiare sulle Frecce da e per Trieste con sconti fino all’80% rispetto al prezzo Base. Per farlo, basta inserire il codice F4VOLLEY24 in fase di acquisto.
Il volto della manifestazione è un’ex giocatrice che ha segnato la storia della pallavolo internazionale con due ori olimpici (ad Atlanta nel 1996 e a Sidney nel 2000), due ori ottenuti ai Mondiali del 1994 e del 1998, e due agli Europei del 2007 e 2009. Senza contare i premi e le medaglie vinte grazie alle sue schiacciate nelle Coppe del mondo del 1995, 1999 e 2007 e ai Grand Champions Club e World Grand Prix in diversi
anni tra il 1993 e i l 2008. Taismary Agüero, schiacciatrice italo-cubana, ambassador della Coppa Italia, è incaricata di premiare la squadra vincitrice della Final Four, l’evento conclusivo della competizione che da gennaio vede sfidarsi le prime otto squadre classificate al termine del girone di andata della Regular Season.
Come ci si sente a essere ambassador di un torneo così importante?
Sicuramente è una grande emozione. Non partecipavo a una manifestazione di questa portata da molto tempo e ho assistito poche volte dagli spalti alle partite della Serie A, quindi per me, da ex giocatrice, è un momento molto importante.
Taismary Agüero nella stazione di Milano Centrale con la Coppa Italia
© Filippo Rubin
Quali sono oggi le tue passioni?
La prima, e quella più grande, sono i miei figli: cerco di passare più tempo possibile con loro. Inoltre, mi occupo di insegnare ai bambini del minivolley. Mi piace stare insieme ai più piccoli e spero possano imparare tanto di quello che cerco di trasmettere loro, in particolare la tecnica e i giusti movimenti. Sarebbe bello vedere qualcuno di loro intraprendere la strada della pallavolo e ottenere i primi risultati. Adesso, però, mi piacerebbe iniziare un nuovo percorso con una squadra di Serie A nel ruolo di seconda allenatrice o come dirigente. Ci terrei tanto a rimanere nel settore, è quello che ho sempre fatto e spero che questa possibilità mi si presenti presto.
Perché non prima allenatrice?
Per fare questo mestiere ci vuole davvero tanto impegno, ma anche un certo tipo di carattere. Essendo stata una giocatrice tendo a pretendere sempre il massimo da tutti, ma il rischio è di essere troppo dura e creare discussioni. Però ho sicuramente l’esperienza e le competenze per affiancare il primo allenatore, questo sì.
Quali sono i ricordi più belli di quando giocavi?
Penso a tutte le partite con tanta emozione e tanto affetto, ma in particolare ricordo con piacere il periodo nella Nazionale cubana con cui ho vinto le Olimpiadi di Sidney del 2000. Quella partita mi è rimasta nel cuore, anche perché io e le mie compagne formavamo una delle squadre migliori al mondo. Ne ricordo un’altra con molta emozione: era il 2007, il primo anno in cui partecipavo agli Europei con la Nazionale italiana. Ero scappata da Cuba e non mi consentivano di tornare a giocare con la loro squadra, ma mi sentivo ancora molto motivata a praticare il volley. Quindi ho accettato la proposta dell’Italia. Mettere la maglia azzurra, in quel momento di difficoltà, è stata veramente un’emozione. Poi abbiamo anche vinto gli Europei. Lo rifarei altre mille volte.
Avevi qualche rito scaramantico prima delle partite?
Come molte giocatrici indossavo un reggiseno fortunato, ma il mio gesto propiziatorio era mettere qualcosa di rosso. Di solito portavo sul braccio come portafortuna un elastico di quel colore. E poi pregavo sempre: facevo il segno della croce prima di entrare in campo per me e le mie compagne di squadra, affinché fosse una buona partita e andasse sempre tutto bene. Un modo per augurare a tutte di noi di riuscire a vedere oltre la rete.
Ascolti musica?
Prima l’ascoltavo di più, soprattutto quando giocavo, perché grazie alle canzoni riuscivo a rilassarmi e a non pensare. Ma era anche un momento intimo che mi dava la carica prima delle partite: ascoltavo musica rap e grintosa per restare sul pezzo. Ultimamente ho meno tempo da dedicare a questo svago, però mi piacciono i Måneskin.
E il Festival di Sanremo?
Sanremo mi piace, in passato difficilmente riuscivo a guardarlo tutte le sere perché spesso mi allenavo o avevo le partite. Però l’ho sempre seguito e quindi credo che lo guarderò anche quest’anno. Della scorsa edizione ho apprezzato molto il brano Supereroi di Mr. Rain, che piace molto anche ai miei figli. E Due vite di Marco Mengoni è altrettanto bella.
Come vivono i tuoi figli il fatto di avere una mamma campionessa?
Li ho sempre portati dappertutto, soprattutto Pietro, il più grande, perché io giocavo spesso fuori e mio marito, che è medico, lavorava. Così lui rimaneva sempre con me, anche nei momenti più difficili e quando stava male. È nato nella pallavolo. Adesso che alleno i bambini, a volte mi mettono in imbarazzo perché dicono a tutti che sono una campionessa, ma io sono una persona molto semplice e mi viene da ridere.
Hai altri progetti?
Stare bene, soprattutto fisicamente, e continuare ad avere un ruolo nello sport. Per adesso il mio programma è continuare a seguire la mia squadra dei piccoli e magari, quando avrò più tempo, andare a vedere più spesso le partite delle ragazze della Serie A. Quando ho smesso di giocare nel 2017 con la Serie A1 ho proseguito nella A2, ma a quel punto riuscivo a veder giocare le squadre della A1 solo in televisione. Ora vorrei tornare a vedere di persona le partite. Come dicevo prima, continuare a vivere in quello che è stato sempre il mio mondo.
Articolo tratto da La Freccia febbraio 2024
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