In apertura Palazzo d’Orléans, sede della presidenza della Regione Siciliana, Palermo

«Dobbiamo ripartire lentamente, in sicurezza, ma presto». Guarda al futuro il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, e prova a segnare i primi passi verso una possibile normalità. Per fare fronte all’emergenza sanitaria da Covid-19 ha dovuto adottare provvedimenti drastici, ammette, «seguendo la linea della fermezza e del rigore». Ma alla fine, aggiunge, «i numeri mi hanno dato ragione. I siciliani sono un popolo tollerante e aduso al sacrificio». Di questa esperienza «resta l’insegnamento di organizzare ogni cosa per essere sempre puntuali e pronti all’evenienza, anche la meno immaginabile», precisa il governatore.

 

Qual è l’immagine o l’episodio che le è rimasto più impresso in questo periodo particolare?

Tutto quello che è accaduto in queste settimane è stato diverso e inedito. In particolare, mi è rimasta nella mente l’immagine dei pazienti ricoverati nei reparti di terapia intensiva, durante i miei sopralluoghi in alcuni ospedali dell’Isola, e la visione triste e malinconica delle città deserte. Sembrava di essere in un set cinematografico.

Che cosa resterà a tutti noi di questa esperienza? E come cambierà, magari in meglio, il futuro della Regione?

Nulla sarà più come prima. Questa epidemia, la più insidiosa e drammatica degli ultimi cento anni, ci ha posto di fronte alla fragilità della modernità e del progresso e ci ha fatto capire che non tutto è sempre e comunque dovuto. Spetta al mio governo, insieme al Governo nazionale, avviare un Piano di ricostruzione economica e sociale che faccia ripartire l’Isola e ridoni speranza ai rassegnati.

 

Com’è stato il suo rapporto con i cittadini in queste settimane?

Ho dovuto adottare provvedimenti drastici, seguendo la linea della fermezza e del rigore. La gente si è divisa in due partiti: quello che ha condiviso la mia condotta e quello, assai minoritario, che la riteneva superflua. Alla fine i numeri mi hanno dato ragione.

 

Cosa le resta di questa difficile esperienza, come uomo e come governatore?

È stata veramente complessa. Non avevo messo in conto di dover gestire una fase così drammatica. Resta l’insegnamento di organizzare ogni cosa per essere sempre pronti e puntuali all’evenienza, anche la meno immaginabile. Serve un Piano di previsione e prevenzione capace di neutralizzare anche quello che solitamente non rientra nei normali programmi di governo. I sondaggi dicono che la stragrande maggioranza dei siciliani ha creduto nella nostra azione e questo mi ripaga di notti insonni e di giornate vissute nella tensione sotto il peso di una grande responsabilità.

 

Quali iniziative in suo potere intende attuare per agevolare la ripartenza nei vari settori della Regione?

Abbiamo già varato una Legge di Stabilità emergenziale che prevede circa un miliardo di euro e stiamo lavorando a un Piano per la ricostruzione economica e sociale e per l’efficientamento burocratico, che presenteremo al Parlamento a metà maggio. Dobbiamo ripartire lentamente, in sicurezza, ma presto. I siciliani sono un popolo tollerante e aduso al sacrificio. 

Quali strategie, idee, proposte state studiando per favorire il turismo nei mesi a venire?

Nonostante le previsioni rosee dei primi dell’anno, per il 2020 dovremo accontentarci di un turismo autoctono, che può comunque consentire alle imprese di tornare a respirare. Abbiamo acquistato alcuni pacchetti, che consegneremo ai tour operator, con incentivi che puntano a valorizzare anche le località turistiche finora estranee agli itinerari ufficiali.

 

Dove vorrebbe andare e cosa non vede l’ora di fare non appena potremo considerarci fuori dall’emergenza?

Mi pare giusto riprendere il mio ruolo a Bruxelles, all’interno del Comitato delle Regioni, e far valere le legittime richieste delle comunità meridionali. Mi mancano le rare, ma intense, uscite serali con i miei collaboratori, davanti a una pizza o a un piatto di pesce. Lo faremo presto, in rigorosa sicurezza, ovviamente.