«Questo brano per me è una lettera in movimento in cui, grazie al videoclip, i gesti raccontano quello che né le parole né la musica sono in grado di dire». Ecco come il cantautore Marco Guazzone descrive Con il senno di poi, brano sulla possibilità di rincontrarsi, dopo la fine di una storia importante, scoprendo che ci si può amare ancora. Il testo è ispirato alla poesia Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale, scritta da Eugenio Montale nel 1967, che racconta la quotidianità di un amore con immagini semplici ed emotive.

 

Il singolo, però, fa parte di un progetto più ampio: «Dopo tanti anni con una band, gli Stag, mi trovo a ballare da solo. È l’inizio di un nuovo viaggio, un percorso che mi espone in maniera diversa, un modo per mettermi in gioco. È la prima tappa di un cammino che mi piacerebbe convogliare in un disco, un tempo l’album era un mondo da cui estrarre vari capitoli, adesso è un punto d’arrivo. Il lavoro completo sarà pronto dopo aver fatto uscire tutte le canzoni, unite da un filo rosso».

La produzione della prima tessera del puzzle è di Elisa. L’incontro tra lei e Guazzone è stato sui generis: «Quando mi ha scritto una mail nel 2014 mi sono domandato chi fosse, visto che non conoscevo nessuna Elisa. Poi ho capito che mi aveva scoperto online, vedendo le mie esibizioni. E mi ha invitato ad aprire il suo concerto al Lucca Summer Festival, dove ha duettato con me sulle note di Guasto, un pezzo che avevo portato a Sanremo nel 2012. È un’artista dalla sensibilità unica con cui è nato uno scambio musicale molto bello».

 

La carriera di Marco, però, è passata anche attraverso due candidature importanti: ai David di Donatello 2018 per il soundtrack del film di Paolo Genovese The Place e ai Grammy Awards 2020 per il disco  di Andrea Bocelli, di cui ha scritto diversi brani. «Due viaggi incredibili. Mi sono fatto guidare dalla musica, che mi ha portato nel mondo delle colonne sonore per il cinema e a diventare autore per altri artisti. Mi sono ritrovato fianco a fianco con colleghi di fama mondiale. Ho anche scritto la versione italiana di Perfect di Ed Sheeran. L’approccio è stato molto bello: lui ha ascoltato il mio materiale senza andare a vedere il curriculum. Quando si parla la stessa lingua, è facile fare un discorso». 

Articolo tratto da La Freccia