Quando ha lasciato l’emittente radiofonica dove ha lavorato per 24 anni, è stato sommerso, e non soltanto sui social che ama frequentare con un suo personalissimo e sobrio approccio, dallo sconcerto e dall’affetto dei suoi fedelissimi ascoltatori. Non poteva essere altrimenti, perché quella di Fulvio Giuliani è stata sempre una voce empatica e lucida, non soltanto per il suo caratteristico e inconfondibile timbro vocale. Una voce e una conduzione dei programmi acute, asciutte e soprattutto estranee ai cori delle faziose partigianerie alla ricerca di consensi facili quanto effimeri. Lo incontriamo sulla Freccia, il magazine al quale ha anche collaborato, anni fa, firmando un servizio dedicato alla sua amatissima Napoli, nella nuova veste di direttore responsabile di un giornale freschissimo di stampa, La Ragione. Ad accompagnarlo in questa nuova avventura un altro giornalista che in radio ha interloquito spesso con lui, Davide Giacalone, direttore editoriale. Il primo numero de La Ragione, che esce cinque giorni su sette (non è in edicola il sabato e la domenica), è stato pubblicato lo scorso 2 giugno, il giorno della Festa della Repubblica. E data di nascita non poteva essere più significativa, soprattutto per gli obiettivi che questa impresa, impresa – occorre dirlo – nell’accezione più ampia del termine, dichiaratamente si prefigge. Quali siano ce lo racconta lo stesso Fulvio. «L’obiettivo principale è creare una piccola voce, libera e imprevedibile, con un’identità ben precisa, liberaldemocratica, europeista e atlantista, che si propone come una sorta di terrazza per ospitare anche chi ha idee lontane dalle nostre, aprendosi quindi al confronto, purché sia contrassegnato da grande onestà intellettuale».
Concordi che intraprendere oggi, nell’anno 2021, un’iniziativa editoriale che ruota anche su un giornale di carta appare un’impresa a dir poco coraggiosa?
Certo, ne siamo consapevoli, ma siamo anche convinti che l’oggettiva crisi dell’editoria, e della carta in modo particolare, non sia dovuta soltanto al completo cambiamento avvenuto nel rapporto tra lettore e prodotto editoriale. È così se ci si ferma a un’analisi superficiale. Noi crediamo ci sia un’ulteriore motivazione, molto più legata ai contenuti.
E quale?
L’esigenza non appagata del lettore italiano di trovare una voce che non sia scontata e sia capace di estraniarsi da quella divisione per bande e tifoserie che è diventata una costante, sempre e comunque, sia che si parli di calcio, di politica o di economia. Ci siamo talmente abituati a questa realtà che ormai sono addirittura i partiti a inseguire le divisioni, nate spesso sui social, senza avere più nemmeno la forza di proporre una contrapposizione su base ideologica. Il risultato è che abbiamo un’informazione assolutamente prevedibile.
Insomma, l’obiettivo è rispondere a una domanda dei lettori, anche potenziali, che non troverebbe un’adeguata offerta sul mercato editoriale, con voci troppo spesso dichiaratamente schierate. Fattore che molti invece ritengono vincente per ricavarsi un proprio mercato…
Certo, perché si rivolgono a una loro tifoseria. Ma non voglio essere frainteso. È una scelta che rispetto, ma non condivido. Il compito del giornalismo e dell’editoria non può ridursi a parlare a un proprio mercato di riferimento, e in quel mercato accapigliarsi per le stesse teste che certo non si moltiplicano magicamente. La nostra pretesa, chiamiamola pure così, è parlare a quell’Italia che si è stancata della lamentela fine a se stessa. Perché non ce la facciamo più a vedere un Paese ripiegato su se stesso, che ha i suoi innegabili problemi, ma invece di risolverli, tirandosi su le maniche, cerca un colpevole per sollevarsi dalla responsabilità morale di fare qualcosa.
Avete deciso di nascere il 2 giugno, il giorno in cui ha vinto la res publica. Da quel che mi dici il messaggio appare chiaro e ambizioso: risvegliare le energie e le potenzialità comuni di un Paese che su quelle deve far leva per ripartire. È così?
Ma sì, perché crediamo che il nostro Paese abbia potenzialità mostruose, e lo m dimostriamo ogni santissimo giorno, lo dimostrano tante aziende italiane, come la stessa Ferrovie dello Stato. Ma non dobbiamo continuare a raccontarci che non siamo capaci, oppure che se le cose non vanno è sempre colpa di qualcun altro. Ci siamo annoiati di un giornalismo che accarezza il pelo, che non dà fastidio perché sta parlando solo agli amici. E non si pone il problema di fare venire dei dubbi.
Uno dei presupposti fondativi della Repubblica è la coesione. Il presidente Sergio Mattarella la richiama spesso. La coesione, sociale ma non solo, passa attraverso il confronto. Hai appena detto che ospitate anche posizioni lontane dalle vostre…
Certo, ma tenendo sempre ben ferma la nostra identità, che non significa escludere il confronto. Cerchiamo di far riscoprire il valore della responsabilità, rispetto a quello che ognuno dice e fa. Perché negli ultimi anni abbiamo visto tante Italie, attraversate da contrapposizioni laceranti, a iniziare da quella tra antiberlusconiani e iperberlusconiani per finire a quella dei vaffa. Però è la stessa gente che prima ti porta agli altari poi, come si dice a Napoli, finge che “la cosa non era sua”. Se creiamo dei miti, poi non possiamo voltargli le spalle e pensare che eventuali problemi successivi non siano anche nostra responsabilità. E vale così per tante affermazioni lanciate negli anni sul merito, la selezione e il posizionamento internazionale dell’Italia che hanno condizionato l’opinione pubblica.
Sul confine tra legittimità di cambiare idea e trasformismi di convenienza potremmo parlare a lungo, certo è che ognuno dovrebbe prendersi fino in fondo la responsabilità delle proprie posizioni e richiamarne il valore è un gran punto di merito. Ma torniamo a La Ragione. Il giornale costa 50 centesimi e chi si registra al sito lo legge gratis. Come sta in piedi?
Intanto è così oggi e resterà così anche in futuro, tutto confermato, compreso il sito gratis. Dei 50 centesimi per il giornale di carta, 40 li lasciamo agli edicolanti, 9 vanno alla distribuzione locale e nazionale e un centesimo a noi, soltanto per poter fatturare le copie.
Ma la qualità dell’informazione costa, come fate a sostenervi?
Allora, innanzitutto la nostra è una cooperativa non di giornalisti, ma a capitale aperto. Abbiamo un socio sottoscrittore che ci fornisce le finanze necessarie allo sviluppo di un progetto che, per statuto, ha finalità sociali, culturali e di informazione. Per esempio, sempre per statuto, dobbiamo avviare nei prossimi mesi un programma di borse di studio in collaborazione con i principali atenei italiani dedicato agli studenti più meritevoli. Quindi le nostre finalità sono prettamente culturali e sociali, la cooperativa è aperta a soggetti giuridici, a persone fisiche e a tutti coloro che, abbracciando la nostra stessa idea, vorranno unirsi a noi. Ecco la spiegazione della gratuità.
La Ragione è anche un progetto multimediale...
Certo, il sito è attivo dal 2 giugno ed è la nostra piattaforma per la lettura del giornale digitale. Basta iscriversi, senza abbonamento, e la lettura del quotidiano e una serie di contenuti premium saranno sempre gratuiti, come il podcast degli articoli letti dai giornalisti stessi o da altre voci. Avremo poi anche i vodcast, che altro non sono che podcast video. E, a breve, anche l’app, che ovviamente riprodurrà per gli smartphone e i tablet gli stessi contenuti disponibili attraverso il sito.
Profili social?
Tutti, quindi Twitter, Facebook, Instagram, Linkedin per cominciare, ma abbiamo in programma di sbarcare anche su Twitch, una piattaforma originariamente dedicata alla condivisione di videogame e oggi usata come strumento di comunicazione dai teenager fino ai trentenni. Una piattaforma molto potente, estremamente interessante, dove andremo a battagliare cercando il confronto anche con queste fasce d’età. Ovviamente a farlo saranno i nostri colleghi più giovani, e siamo pronti ad accettare anche il rischio del rifiuto o della diffidenza di chi ci chiederà: «Che vuoi da me?». O, ancora: «Perché dovrei interessarmi a te che mi parli di politica estera piuttosto che di economia o di cinema?». Insomma, siamo pronti a confrontarci anche in ambienti che appaiono lontanissimi da quelli da cui siamo partiti.
Per fare tutto questo quanti siete oggi e quanti sarete?
Il giornale viene costruito da una redazione snella, un core composto da sette giornalisti ai quali si aggiunge un numero molto nutrito di collaboratori. Avremo una scrittura leggera con una foliazione altrettanto leggera. Siamo partiti con otto pagine ma ti posso già anticipare che stiamo studiando un ampliamento della foliazione, per realizzare il quale dovremo però crescere come corpo redazionale e giornalistico. Alla squadra che cura il giornale si aggiunge poi un gruppo di giovani colleghi che lavora ai social e al sito, ma che abbiamo già cominciato a integrare con la redazione del cartaceo.
Redazioni integrate e contaminazioni anche generazionali…
Sì, abbiamo già pubblicato pezzi di diciottenni e diciannovenni a fianco di testi firmati da Luca Ricolfi, Raffaele Morelli, Davide Giacalone, Giancarlo Padovan e il rettore del Politecnico Ferruccio Resta. Collaborerà con noi anche il rettore dello Iulm Gianni Canova. Insomma, firme di prestigio e di grande esperienza, e ne avremo sempre di più, ma facciamo scrivere a fianco a loro, e li paghiamo, anche ragazzi di 18 e 19 anni.
Insomma, volete arrivare a un pubblico per quanto possibile variegato, spronandolo a una riflessione o a un approfondimento che non sia condotto da animosità o faziosità.
Esatto, grande chiarezza di posizione ma anche la capacità di farci una risata e, se avremo sbagliato, saremo i primi ad ammetterlo in maniera molto onesta.
Siamo alle primissime settimane di vita della testata, troppo presto per fare bilanci. Ma intanto puoi raccontarci le tue sensazioni dopo questo radicale cambiamento di vita professionale.
Sono andato via da Rtl dopo 24 anni di lavoro bellissimo in radio, un’esperienza che avrò sempre nel cuore. Ci sarei potuto restare, forse anche vita natural durante, ma il concetto di sfida e di competizione sono per me il sale della vita. Così, non condividendo più la linea editoriale, ho preferito salutare la compagnia e abbracciare questa impresa che è parte di una mia evoluzione professionale. Quindi, che dire? Sono estremamente contento dell’accoglienza che il progetto ha avuto pur nella piena consapevolezza delle enormi difficoltà affrontate e da affrontare. Però, il fatto che nei soli primi dieci giorni abbiamo raggiunto diecimila iscritti al sito, registrati e certificati, è stato per noi una grandissima testimonianza di fiducia, di cui non posso che essere estremamente contento.
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