Dall’Olanda al Belgio passando per la Germania e la Spagna. Ritorna Little Big Italy, il format del gruppo Banijay che vede al timone, ancora una volta, Francesco Panella, ristoratore romano dell’Antica Pesa, pronto a mostrare la tradizione culinaria italiana tenuta viva all’estero. A settembre il programma ritorna sul Nove e, contemporaneamente, su Discovery+. Tra una registrazione e l’altra delle puntate inedite, ne parliamo con il conduttore, un professionista gentile, sorridente e pratico.
Contento di ricominciare?
Sì, c’era una gran voglia di ripartire e, da parte mia, di raccontare storie italiane. Abbiamo trovato un nuovo modo di farlo, vista la pandemia, siamo andati alla scoperta dei ristoranti italiani in Europa. Una bella sfida, anche se complicata.
Come hanno reagito alla pandemia i Paesi che hai visitato?
Ognuno in maniera diversa e con un approccio differente. Ma alcuni governanti hanno avuto una visione più propensa al futuro, da ogni punto di vista.
Per esempio?
Ad Amsterdam ci sono colonnine per ricaricare le auto elettriche ogni 50 metri, si rispettano i parchi, il verde. E la mobilità è focalizzata sulle biciclette, che sono tantissime. Sono convinto che, tra qualche tempo, sarà da esempio per altre città. Questo modo di pensare facilita un approccio positivo nei confronti di disastri come il Covid-19, si è più propensi a capire il futuro. Anche perché è chiaro che dobbiamo cambiare.
Ti riferisci all’emergenza climatica?
Sono stato in Germania e in Belgio e ho preso pioggia per 24 giorni. Non è normale. È chiaro che dobbiamo mettere in campo alcune azioni per modificare i nostri atteggiamenti, altrimenti diventa un problema enorme. Partecipo a diverse iniziative con questo obiettivo: collaboro con la John Cabot University per un progetto di business e sostenibilità nella ristorazione, ho creato la foresta Antica Pesa – con mille alberi piantati in sei Paesi – per ridurre il mio impatto ambientale, visti tutti i voli che prendo per andare in America.
Beh, complimenti.
Chi ha la possibilità deve agire, anche per gli altri. Altrimenti lasciamo alle generazioni future una grana che non si può risolvere, un pianeta malato e un sacco di debiti.
Soluzioni?
Chiedere scusa e fare tutto il possibile per farci perdonare. È dovuto. Non vedo altre vie d’uscita.
Quest’anno hai aperto l’Antica Pesa Mare all’interno dell’Hôtel & Spa des Pêcheurs sull’Isola di Cavallo, in Corsica. Anche questo locale ha un approccio green?
È avvolto da un paradiso terrestre, per questo bisogna lavorare rispettando al massimo il territorio. Il menù deve essere intelligente perché sia meno impattante possibile per l’ambiente, con più piatti vegetariani. Frutta e verdura sono la chiave, se ci abituiamo a questo percorso ne beneficiamo tutti.
Vivi tra l’Italia e gli Usa. Che differenze hai riscontrato tra i due Paesi durante la pandemia?
Gli Stati Uniti sono un Paese abituato alle migrazioni, un concentrato multiculturale. Chi si sposta da un continente all’altro mette al centro un valore di vita, attraversa un oceano per migliorare anche il proprio futuro lavorativo. L’approccio governativo punta sul rispetto e la dignità umana, e questo aspetto è stato percepito perfettamente. L’amministrazione americana elargisce soldi a chiunque abbia aperto un’attività nel Paese per non perdere il valore economico portato anche da chi ha deciso di trasferirsi lì. Per lo stesso motivo, chi evade le tasse o truffa va in galera e non esce più. L’approccio degli States è stato fondamentale per le attività commerciali: ogni Stato ha vaccinato, oltre alle persone fragili, quelle coinvolte nelle attività cardine per il proprio business. A New York è successo con i ristoratori.
Differenze con l’Italia?
I nostri valori sono diversi nel Dna. Noi qui abbiamo il “quality family valium”: una casa di proprietà e l’aiuto dei genitori. Se non hai una lira vai da un amico e un piatto di pasta lo trovi.
Che futuro ci aspetta secondo te?
I valori di mercato si devono ristabilire, viviamo un effetto rimbalzo, la vera crescita ci sarà tra un po’. Quando tutto si sistemerà coglieremo ogni opportunità, con l’obiettivo di non perdere la quota umanitaria: l’azienda solidale deve essere la forma mentis d’ora in poi.
Articolo tratto da La Freccia
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