Foto di apertura: © Erica Fava
Serena Rossi è la ragazza della porta accanto. Trasparente, sincera, capace di sorridere sempre. Con un ottimismo che vuole trasmettere anche a Venezia, come madrina della 78esima Mostra internazionale d’arte cinematografica, fino all’11 settembre. Le donne che interpreta sono toste, generose e prendono a cuore le difficoltà dei più deboli. Come Mina Settembre, protagonista della serie tv omonima, rigorosamente ambientata a Napoli, le cui riprese per la seconda serie cominceranno a ottobre.
Nella scorsa stagione televisiva si è cimentata per la prima volta nella conduzione con lo show Canzone segreta, su Rai1, che celebra i sogni, le storie e le passioni delle persone. Mentre il 16 dicembre sarà al cinema con il film Diabolik, dei Manetti Bros. Ora è impegnata sul set della fiction La sposa.
Che personaggio interpreti?
Siamo negli anni ‘60. Io sono Maria, una giovane calabrese che viene data in sposa per procura a un ragazzo veneto. In quei tempi era una prassi frequente, purtroppo, soprattutto nelle famiglie disagiate che organizzavano un matrimonio obbligato per guadagnare qualcosa. Maria vive tante avventure e noi con lei, attraverso i suoi occhi.
Non ha una vita semplice, perché deve affrontare una società razzista e piena di pregiudizi. Arriva in un paesino avvolto nella nebbia, dove porterà il sole. È una donna che rende migliore chi ha intorno e si preoccupa per tutti, è avanti nei tempi. Quando qualcuno le dice «taci femmina», non si scoraggia e non subisce. Ma capisce anche quando è il momento giusto per stare in silenzio.
E affronta anche il lavoro faticoso dell’agricoltura.
Sì, è molto attaccata alla terra. Grazie a questo anche io sono entrata in contatto con la natura. Oggi che siamo proiettati nell’etere digitale, mi sono ritrovata sul set a parlare con le mucche, a prendere in braccio un maialino, a falciare il grano nel silenzio. Mi sono riappropriata di una vita appartenuta ai miei nonni, di un passato verso il quale provo nostalgia, sebbene io non lo abbia vissuto.
È stato emozionante. In una scena ho dovuto mungere una mucca di 700 chili: l’accarezzavo ma ero anche tesa e sudata. La moglie del fattore era pronta a farmi da controfigura con le sue mani, ma ho insistito e ce l’ho fatta da sola.
Serena Rossi sul set della fiction La Sposa © Cristina Di Paolo Antonio
Un altro ruolo tosto è quello dell’assistente sociale Mina Settembre. Come mai questo personaggio è così amato?
È una battagliera, si impiccia dei casi del quartiere per aiutare chi non ha strumenti per difendersi da solo. È come un pappice, il vermetto che insiste e, dai e dai, buca il mallo della noce. Per Mina il fine giustifica i mezzi, fa cose illegali per raggiungere i suoi scopi che hanno sempre un risvolto umanitario. Però trascura la sua vita personale, che è un casino. E poi come non ricordare che una bellissima Napoli fa da sfondo a tutto.
Partecipi anche al progetto Car-t You, un nuovo canale YouTube sulle terapie avanzate nella lotta ai tumori, prestando la voce a Le avventure stellari di Sole e Toni, una storia illustrata con 17 video-letture. Di cosa si tratta?
Ho ricevuto questa proposta quando ero molto concentrata su un lavoro. Ma ho accettato comunque senza esitare. L’ho fatto da mamma e da essere umano. Questo video-libro è rivolto a bimbi in terapia oncologica e alle loro famiglie: come se fosse una favola, spiega loro cosa sta succedendo e come saranno curati. Il linfocita, per esempio, diventa un supereroe. Spero così di donare una carezza e un po’ di conforto ai più piccoli nei momenti di solitudine.
Lungomare di Napoli, Serena Rossi in una scena della fiction Mina Settembre
Il 16 dicembre uscirà al cinema Diabolik, dei Manetti Bros. Con loro avevi già lavorato in Song ’e Napule e Ammore e malavita, con il quale hai vinto un David di Donatello, un Nastro d’Argento e un Ciak d’Oro. Un grande ritorno?
Mi hanno chiesto di partecipare a Diabolik quasi scusandosi, perché non sarei potuta essere la protagonista. Ho accettato dicendo: «Figuriamoci se posso interpretare Eva Kant! E poi con voi faccio quello che volete».
Ti sei divertita?
Come una pazza. Con loro sono me stessa, senza filtri e gerarchie. La troupe è napoletana, siamo cresciuti insieme, un vero clan. E loro mi trasformano come vogliono: in questo caso sono Elisabeth, ho gli occhi viola e parlo con un accento nordico. Partire da un fumetto per farne un film è difficile ma è stato divertente.
E poi ora hai un altro impegno…
Ah sì, quale? (ride, ndr).
La madrina della 78esima Mostra del cinema di Venezia.
(Ride di nuovo con molto piacere, ndr).
È una risata che vuoi trasmettere a tutti dopo le difficoltà causate dalla pandemia?
Sì, vorrei infondere un messaggio di speranza e positività, anche se bisogna restare con i piedi per terra.
Come hai saputo di essere stata scelta per Venezia e cosa hai provato in quel momento?
È stata una grande emozione ricevere un’e-mail del direttore Alberto Barbera. Di solito sono i manager e gli agenti che ti propongono, invece una domenica mattina mi è arrivato un messaggio che stavo per cancellare. Per fortuna mi sono incuriosita e l’ho letto. C’era scritto: «Vorresti essere la madrina di Venezia 2021?». Ho pensato: «Cosa?». Ovviamente ho accettato subito. Ho dovuto tenere il segreto anche con i miei genitori, mentre morivo dalla voglia di dirlo a tutti. È stata una proposta meravigliosa e sono orgogliosa che sia avvenuto tutto in trasparenza. Sono fatalista: se una cosa deve succedere, arriverà al momento giusto.
Ci sono anche cinque film italiani che partecipano quest’anno…
Sì, e soprattutto tanta Napoli. Sono attesi i registi Paolo Sorrentino e Mario Martone, per esempio. Io svolgo un ruolo istituzionale, durante il discorso d’apertura, le cerimonie e le premiazioni, ma sono contenta di stare lì anche solo per “respirare cinema” e confrontarmi con attori e registi internazionali. Partecipano 59 Paesi e molte sono le storie al femminile.
E, da viaggiatrice, cosa pensi di Venezia?
Trovo l’arrivo in treno sempre scioccante, ogni volta toglie il fiato. All’improvviso ti trovi in mezzo all’acqua e la stazione è nel centro pulsante della città, un posto unico al mondo. Sembra irreale, come essere in un mega parco giochi. E, poi, consiglio a tutti di guardare fuori dal finestrino durante il viaggio e far correre la fantasia. Lo dico sempre a mio figlio.
Vivi a Roma, cosa ami di questa città?
È un luogo in cui non puoi guardare a terra, devi tenere sempre il naso all’insù. Ogni posto racconta una storia. In particolare, amo il quartiere ebraico, lì è come se il tempo si fosse fermato. Percepisco delle energie, anche di chi vi ha vissuto il dolore. Roma è la città che ho scelto per la mia indipendenza e dove ho fatto nascere mio figlio.
È vero che la trovi silenziosa rispetto a Napoli?
Il capoluogo campano ha un super rumore meraviglioso. A Roma, i primi tempi non dormivo, mi sentivo sola. Certo il mio luogo del cuore è Napoli, me ne accorgo soprattutto quando ci ritorno per molto tempo. Grazie alle riprese di Mina Settembre, girate in parte durante il lockdown, ci sono rimasta per un anno. Le mie radici sono profonde, sono là. Napoli è una mamma per me.
E quale vorresti fosse il pensiero di chi se ne va, dopo averla visitata?
Vorrei che fossero superati i pregiudizi, che si andasse via con l’idea di una città accogliente. La capitale del Regno delle Due Sicilie è stata da sempre dominata, ma proprio per questo è rimasta aperta alle diversità.
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