In apertura, la piantagione del tè a Premosello (VB), in Val d’Ossola © Daniele Cavadini
«A maggio abbiamo prodotto il primo tè verde. Una primizia che si ottiene dai germogli cresciuti dopo la pausa invernale. Si parla di un centinaio di chili: tenga presente che per fare un chilo di prodotto finale ne servono cinque di foglie. A settembre, invece, ci siamo dedicati alla raccolta per produrre il tè nero. Queste due tipologie vengono usate per realizzare quattro specialità: Assolo, Aria, Notturno e Sinfonia, un tè verde e uno nero in purezza e due miscele dove aggiungiamo olii essenziali, aromi naturali, scorze di agrumi e fiori». A parlare è Regina Carrai, figlia di Alfredo, l’imprenditore visionario fiorentino che negli anni ‘60 ha introdotto in Italia il tè in foglia intera. L’eccezionalità della notizia è che per la prima volta la raccolta è avvenuta nel nostro Paese, nella piantagione piemontese di Premosello (VB), in Val d’Ossola.
Un luogo magico vicino al Lago Maggiore e a pochi chilometri dalla Svizzera, dove in due ettari di terreno si trovano circa 20mila piante di Camellia sinensis. Qui il sogno di creare e distribuire un prodotto tutto italiano è diventato realtà dopo anni di studi, prove e tentativi. Un successo made in Italy nato dall’incontro tra La Via del tè, azienda fiorentina guidata dalla famiglia Carrai, con oltre mezzo secolo di esperienza in questo settore, e la Compagnia del Lago Maggiore, coltivatori di camelie da fiore che diversi anni fa hanno iniziato a riprodurre anche le camelie da tè. Abbiamo raggiunto telefonicamente Regina che, appena rientrata dalla piantagione di Premosello, ci ha parlato di questo “piccolo miracolo italiano”.
La vostra storia ci insegna che i sogni possono ancora diventare realtà.
Come azienda contribuiamo da ormai 60 anni a diffondere nel Paese il tè di qualità. Abbiamo pensato molto all’idea di realizzare un prodotto nostrano. Ci sembrava una cosa lontana, ma non abbiamo mai smesso di sognare e, soprattutto, di cercare il modo giusto per farlo. Dopo tanto impegno, viaggi e sperimentazioni, lo scorso maggio abbiamo raccolto e messo in commercio il primo tè coltivato in Italia.
Regina Carrai
Come si è realizzato il progetto?
Qualche anno fa abbiamo incontrato la Compagnia del Lago Maggiore, una famiglia di esperti florovivaisti guidata da Paolo Zacchera, che commerciano camelie, azalee, rododendri. Già nel 2008 avevano cominciato a coltivare piante del tè in vaso e successivamente in pieno campo con l’idea di dare vita in futuro ad una produzione. È nata quindi una partnership, in cui loro hanno messo la piantagione e noi la parte tecnica e la nostra esperienza per produrre in modo stabile un tè italiano. Così, abbiamo cominciato un percorso lungo e complesso che si è articolato in vari anni di lavoro. Le foglie, infatti, vanno raccolte solamente quando le piante hanno tra i tre e i cinque anni di età.
Ci racconta di questa piantagione?
Si trova a circa 200 metri di altitudine, protetta e circondata da montagne che arrivano fino a duemila metri. In lontananza si riesce a vedere il Monte Rosa. Questa posizione crea un microclima dove in inverno la temperatura raramente scende sotto lo zero. L’area dell’Ossola e del Lago Maggiore è perfetta per la coltivazione di piante acidofile, come rododendri, azalee e ovviamente anche camelie da fiore e da tè, che necessitano di un terreno acido. Inoltre, il fiume Toce che confina con il vivaio rende il suolo fertile, poroso e drenante e questo permette di non far ristagnare l’acqua nelle radici e di non farle marcire. La pianta del te è molto resistente, cresce in varie parti del mondo, ma teme l’umidità.
Come avviene la raccolta?
Abbiamo optato per quella manuale, che nel mondo del tè si fa sempre meno, essendo molto dispendiosa. A mano possiamo selezionare solo una parte specifica della pianta, cosa che non avviene quando si usano le macchine. Prendiamo solamente le prime due foglie che si trovano sotto la gemma ancora chiusa e questo garantisce un prodotto d’eccellenza.
Pensate di aprire al pubblico la piantagione in futuro?
La prossima primavera vorremmo proporre un’esperienza che coinvolga il visitatore nella raccolta. A Premosello si può arrivare anche in treno. E il luogo circostante offre specialità gastronomiche, borghi da visitare e una pista ciclabile che entra nella Riserva naturale speciale di Fondotoce.
Un tea tasting © Daniele Cavadini
La vostra è una tipica azienda familiare?
La Via del tè è nata nel 1961 da un’intuizione di mio padre Alfredo. Era un commerciante di caffè, ma fu rapito dal fascino di questa pianta. Così iniziò a importare in Italia alcuni tè di qualità che in quegli anni erano quasi sconosciuti, come quelli giapponesi e cinesi. Oggi siamo sei figli e lavoriamo tutti nell’azienda. Paolo è l’amministratore delegato, io seguo la parte creativa, Anna crea le miscele, Leonardo segue i clienti, Valentino si occupa della produzione e Giulia cura i nostri negozi, che al momento sono tre a Firenze, due a Torino e uno a Milano. In totale, l’azienda è composta da un gruppo di circa 50 persone.
Cos’è per lei il tè?
Una bevanda gentile. È difficile rimanere arrabbiati se si condivide una tazza di tè: mi ha aiutato negli incontri più importanti della mia vita. E poi è un prodotto diffuso a livello mondiale, per tutti: bevuto dal popolo ma anche da re, imperatori e regine.
Quanto conta per voi la sostenibilità?
Molto e ci siamo trovati in sintonia su questo con la Compagnia del Lago Maggiore. La piantagione di Premosello è strutturata per rispettare al massimo l’ambiente. Per esempio, il diserbo viene fatto a mano come una volta. Con la tecnica della pacciamatura copriamo le piante creando uno strato di paglia intorno alla base. Non usiamo la chimica per proteggerle dagli insetti e dagli acari. Abbiamo intenzione di avviare le pratiche per avere la certificazione biologica: ci vorrà un po’ di tempo ma è un nostro obiettivo. Questo rispetto per la terra influisce positivamente sul prodotto finale.
È un modo etico di lavorare che applicate anche alla parte commerciale?
Ormai da tempo abbiamo fatto la scelta di eliminare la plastica dai nostri imballaggi. Per le spedizioni utilizziamo solo carta riciclata e certificata FSC. Molti filtri dei nostri tè sono realizzati in muffola di cotone oppure in una fibra trasparente che si ricava dal mais. Sono entrambi biodegradabili, così come il filo in cotone e il talloncino. L’obiettivo è quello di eliminare totalmente l’uso della plastica.
Progetti per il futuro?
Puntiamo ad andare avanti, a migliorarci ancora. E magari a produrre un tè bianco. Questa piantagione deve durare nel tempo, va tramandata alle prossime generazioni, un po’ come avviene nel mondo del vino con una vigna.
Articolo tratto da La Freccia
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