In cover, Giampaolo Morelli © Riccardo Ghilardi

«Mi piace molto andare in treno. Mi sembra una magia ed è davvero rilassante. Ricordo che lo presi per il mio primo provino A Roma. Dopo aver letto un articolo sul Mattino di Napoli, corsi in stazione per andare al casting. All’epoca, ci volevano due ore e 40 minuti. Oggi, invece, in un’ora si arriva. Il solo pensiero mi fa sentire più vicino alla mia città, a quelle persone, a quei luoghi. E, magari, fra 20 anni ci vorrà ancora meno tempo».

 

Grazie a quel treno Giampaolo Morelli ottenne la sua prima parte e da lì iniziò una carriera, è proprio il caso di dirlo, ad alta velocità. Tra i suoi tanti ruoli basta ricordare quello dell’ispettore Coliandro, nell’omonima serie Rai che l’ha portato alla consacrazione. La prossima stazione lavorativa è C’era una volta il crimine, terzo capitolo della saga comedy firmata da Massimiliano Bruno, in cui interpreta Claudio Ranieri, new entry della banda capitanata da Marco Giallini e Gianmarco Tognazzi. Nel film, in sala da oggi, il gruppo si ritrova addirittura ai tempi della Seconda guerra mondiale.

Che personaggio interpreti?

Sono il colto e l’irascibile della gang: battibecco in continuazione con Moreno, che ha il volto di Giallini. È stato un ruolo molto divertente, grazie alla bella sintonia nel cast.

 

Avevi visto i film precedenti?

Sono sempre stato fan della saga. Questa volta ci troviamo al tempo del secondo conflitto mondiale, in un’Italia devastata dagli scontri e dai nazisti, incontriamo addirittura il Duce. Sono cose che possono accadere solo al cinema: tornare indietro nel tempo e sognare. Un plot magari già sfruttato, ma sempre interessante.

 

Quindi ti prenoti per l’eventuale quarto capitolo?

Se dovessimo andare avanti in qualche modo, mi auguro di sì. Con il gruppo e il regista ci siamo davvero trovati bene. Di solito non amo dire che il set è divertente, perché è un impegno. Ma stavolta è stato realmente goliardico, abbiamo riso tantissimo. Spero che questo divertimento arrivi anche in sala.

 

Hai fatto anche alcune incursioni in tv. Prevedi un futuro da presentatore?

Ho coronato un sogno conducendo Le iene con Frank Matano. Il programma di Davide Parenti mi ha molto soddisfatto, è stata un’occasione di crescita professionale.

Marco Giallini e Giampaolo Morelli in una scena del film C'era una volta il crimine © Maria Marin

Che cosa ti piacerebbe portare sul piccolo schermo?

Una serie crime tipo Ray Donovan. Non sarebbe male pensarla all’italiana.

 

Si avvicina molto al mondo di Coliandro.

Sì, ma dal punto di vista opposto. Legittima l’uso di armi e un certo tipo di linguaggio. In Coliandro c’è un’ironia di fondo che in Ray Donovan non è presente, ha proprio un altro tipo di scrittura.

 

Sei di Napoli, vivi a Roma e il successo nazionalpopolare te l’ha regalato Bologna, dove è ambientata la fiction L’ispettore Coliandro. Che mi dici di questi tre luoghi?

Napoli è la mia città, la mia cultura, ce l’ho nel cuore, nella pancia, nella testa. Nonostante me ne sia andato per fare l’attore, sono profondamente partenopeo. E sono contento che abbia iniziato a ospitare tanti set, anche grazie al film Song’e Napule dei Manetti Bros, nel quale recito anche io. Roma è la mia nuova casa. È più grande, dispersiva, ma mi ha permesso di fare il lavoro dei sogni. Bologna è una Napoli del nord: vivace, molto forte culturalmente, piena di vita, locali, turisti.

 

Quale luogo racchiude di più l’anima della città in cui sei nato?

Il bello di Napoli sono le tante anime che permettono di respirarne le diverse declinazioni. A Mergellina non si può non sentire un tuffo al cuore per il mare. Nel centro ci sono meraviglie come la Cappella di Sansevero, con il Cristo velato, e poi la Napoli di una volta, quella dei vicoli. È veramente difficile racchiudere la città in un unico luogo. Per esempio Via dei Mille, la strada cittadina più ricca e borghese, ha come traversine i quartieri spagnoli: qui il popolo si fonde alla nobiltà. E solo a Napoli si vive questa atmosfera.

Articolo tratto da La Freccia