foto apertura: Gianmarco Chieregato
Gianluca, Ignazio e Piero. Tre caratteri diversi, tre differenti profondità di pensiero, tre voci personali che, grazie a una chimica davvero speciale, fatta di sguardi e cenni di assenso, si completano in modo perfetto fondendosi in una voce sola, quella del gruppo Il Volo. A meno di 30 anni hanno vissuto esperienze uniche, portando la loro passione sviscerata per la musica in tutto il mondo.
La semplicità è la vera eleganza e Gianluca Ginoble, Ignazio Boschetto e
Piero Barone ne sono piena testimonianza. Per sei giorni, il 2, 3, 4 e poi il 6, l’8 e 9 settembre, saranno al Teatro Arcimboldi Milano con Tutti per uno, uno show dove le loro voci si uniranno per raccontare la loro storia e i loro valori, a diretto contatto con il pubblico. Chi viene da lontano e non vuole perdere l’evento potrà prendere il Frecciarossa, treno ufficiale dei concerti.
Cosa rappresenta per voi Tutti per uno?
[I] È il desiderio di mostrare le nostre tre personalità. L’abbiamo presentato all’Arena di Verona con due puntate su Canale 5 ed è stato un grande successo televisivo. A settembre lo portiamo in teatro, un luogo più intimo, che ci consente di avere vicino gli spettatori.
[G] Amiamo il nostro pubblico, che ci segue da quasi 15 anni. La grande fortuna è quella di poter salire sul palcoscenico ed esprimere ciò che si è realmente. Siamo nati come bambini prodigio, nel tempo ci siamo evoluti, dimostrando di non essere meteore. Adesso è arrivato il momento della maturità artistica, di far vedere anche ciò che siamo individualmente. Siamo tre leader, ognuno con una propria identità. Per noi è importante che il pubblico lo percepisca.
Cosa è rimasto di quei tre bambini?
[P] Fortunatamente, il bimbo che c’è in ciascuno di noi è ancora lì, capace di sorprendersi per ogni concerto, per ogni risultato ottenuto. Senza di lui finirebbe anche la passione per questa professione. Abbiamo una grande fortuna in comune, quella di cercare sempre di pensare in grande, impegnandoci tutti e tre allo stesso modo. Tutti per uno è stato un grande impegno, perché volevamo evidenziare le nostre singole caratteristiche vocali senza snaturare il senso del gruppo.
Non si percepisce “routine” nei vostri show. Ogni volta è diverso.
[P] Deve essere così, la cosa più triste è abituarsi. Ogni volta che dal palco
guardi negli occhi il tuo pubblico, sai che è lì per condividere la tua arte.
[G] Siamo in costante evoluzione, ogni giorno vediamo le cose con occhi diversi e cerchiamo di trasmettere emozioni nuove.
Quali sono le vostre migliore doti?
[I] Sicuramente la caparbietà, la testardaggine e la disciplina nel raggiungere un obiettivo. Questo caratterizza tutti noi. Siamo tre artisti indipendenti che vogliono sempre il bene del gruppo. A volte è normale che si esca un poco dalle righe, ma la bellezza è trasmettere, con la nostra musica, autenticità.
[G] È stato difficile consolidare il successo. La grande necessità, in questa fase della nostra carriera, è dimostrare che non siamo solo tre tenori, anche perché la mia vocalità è da baritono, ma tre cantanti. Questo è l’obiettivo per i prossimi anni, soprattutto in Italia. Avete iniziato e proseguito con un repertorio popolare, è stata una scelta?
[P] Onestamente, a 14 anni è molto difficile scegliere che cosa cantare. Ci siamo incontrati casualmente in un programma televisivo, nulla era pianificato e qualcuno ha deciso di metterci insieme. Non ci conoscevamo nemmeno, figuriamoci se potevamo decidere il repertorio. Abbiamo ottenuto i primi successi proprio grazie alla popolarità e alla forza dei brani che cantavamo, trasmessi dai nostri nonni e parte della cultura italiana. Crescendo, abbiamo sentito l’esigenza di avere dei nostri singoli e qualche inedito, come Grande amore, del 2015. Oggi il repertorio dipende anche dal Paese in cui ci esibiamo: in Giappone amano più la musica classica, mentre in Sud America preferiscono i nostri inediti.
[G] La scaletta dei concerti a Varsavia è totalmente differente da quella di Città del Messico. A Tokyo cantiamo solo con l’orchestra sinfonica, mentre in Sud America siamo accompagnati da band e orchestra. Negli Stati Uniti spaziamo dalle arie d’opera a Elvis Presley. E una cosa incredibile è che nel 2011 abbiamo avuto la nomination ai Latin Grammy Awards con un repertorio in spagnolo. Al pubblico piace questa dinamicità.
[I] Tra l’altro ci divertiamo molto perché è quello che ci piace fare. È la fortuna
di chi ha trasformato la passione in un lavoro.
Come dividete i compiti tra voi?
[G] C’è chi si occupa più della gestione, chi ha una visione più creativa e artistica, chi si dedica al suono. Ci sono dei ruoli, ma ciascuno può intervenire su tutto. Abbiamo rispetto e stima l’uno dell’altro: d’altronde, solo così si può andare avanti.
Come si fa ad andare d’accordo?
[I] Bisogna essere intelligenti, avere la capacità di accogliere le idee degli altri e cercare un punto di incontro quando si è in contrasto. Volere il bene del gruppo è sempre stata la nostra forza.
Il prossimo obiettivo?
[P] Vorremmo ampliare il nostro repertorio di inediti. Grande amore è stata una svolta che ci ha consentito di fare molto, portandoci a duettare con grandi ospiti in Tutti per uno per creare insieme qualcosa di bello, sempre con l’obiettivo di sorprendere il nostro pubblico.
Cos’è per voi il bello della vita?
[G] Avere accanto persone speciali, che ti consentono di crescere rendendoti migliore ogni giorno e sono in grado di ascoltarti.
[I] Riuscire a sentirsi vivi ogni giorno, con entusiasmo ed energia. Alla nostra età dovrebbe essere tutto bello. Ma noi siamo cresciuti in fretta. Siamo consapevoli delle grandi occasioni che abbiamo avuto e, proprio per questo, cerchiamo di puntare sempre più in alto.
[P] La cosa bella della vita è godersela. Corriamo troppo, a volte dobbiamo avere la forza di frenarci e riflettere per individuare le vere priorità.
Non avete atteggiamenti da star.
[P] Spesso ci definiscono tre ragazzi umili, in realtà penso che il termine giusto sia educati. Siamo il riflesso di come siamo cresciuti, dei valori che le nostre famiglie ci hanno trasmesso. E siamo molto simili in questo.
[G] Per le persone della nostra età è importante capire che un segreto per vivere più sereni è quello di mettersi realmente nei panni dell’altro: saper rispondere al messaggio di un genitore che ti chiede come va o a quello di un collega che potrebbe rimanerci male. Aprirsi alla sensibilità e all’empatia.
Le vostre famiglie vi hanno supportato?
[I] Sono state sempre parte della nostra crescita e della nostra carriera. E tutt’oggi è così. Ci hanno aiutati a essere coerenti, a fare sforzi e sacrifici senza cullarci negli allori.
Dove siete cresciuti?
[I] In viaggio (ride, ndr). Io sono nato a Bologna, poi mi sono trasferito in Sicilia per tornare nella città emiliana dopo la vittoria di Sanremo nel 2015. Da qui muoversi è più pratico.
[G] Io vicino al mare, in un paesino di 600 anime che si chiama Montepagano, una frazione di Roseto degli Abruzzi, in provincia di Teramo. Ogni mattina prendevo il caffè con mio nonno e i suoi amici che giocavano a carte. Ho un ricordo bellissimo delle estati in bicicletta e delle passeggiate sulla spiaggia. Abbiamo avuto un’infanzia normale, poi scombussolata dal cambio repentino avvenuto nelle nostre vite. Siamo maturati velocemente.
[P] Sono nato, cresciuto e continuo a vivere a Naro, un comune che fa parte del consorzio di Agrigento. Sapere di avere un luogo dove è possibile rigenerarsi dopo lunghe tournée per me è importantissimo. Qui le persone sono sincere, non sanno cosa sia l’ambiguità e mi vedono come uno di loro.
Qual è il profumo della vostra infanzia?
[I] Per me è quello della terra dietro casa, in Sicilia, dove giocavo con i miei
cugini costruendo capanne, porte da calcio e piste da motocross da percorrere
rigorosamente in bicicletta.
[G] Ricordo perfettamente l’odore del ciambellone che mia nonna preparava quando andavo a casa sua. È mancata dieci anni fa. Oggi lo fa mia mamma e il profumo mi riporta sempre alla mente l’euforia che provavo andando a casa dei nonni, un po’ come le madeleine per Proust. È la mia personale ricerca del tempo perduto, di quella parte infantile che mai potrà morire.
[P] Per me sono gli odori che sprigiona il terreno dopo il temporale, è il profumo delle estati in campagna con i miei nonni. Un misto di terra e pioggia unito all’aroma di agrumi che proveniva dagli alberi di limone e arance. Indescrivibile e mai più trovato altrove. Forse sono proprio questi i motivi per cui non riesco ad adattarmi a una grande città.
[I] Conosco quella magia. Quando ero piccolo e pioveva, la mattina con i miei amici andavamo a raccogliere lumache.
[G] E se le mangiava crude (ride, ndr).
Con i vostri concerti avete avuto un successo enorme in grandi città del mondo. Cosa si prova?
Poter esprimere a livelli esponenziali la propria passione e sapere che da New York a Tokyo c’è qualcuno che ti aspetta è la cosa più bella che possa accadere a un artista. Speriamo, grazie al nostro pubblico, di poter viaggiare e aprire la mente a nuovi orizzonti ancora per molto tempo.
A proposito di viaggi, quale emozione vi suscita prendere il treno?
[I] Sono sempre stato appassionato di aerei ma devo ammettere che oggi, per viaggiare in Italia, il mezzo migliore è il treno. È anche uno dei motivi per cui mi sono trasferito a Bologna: con l’Alta Velocità sei a Firenze in poco più di mezz’ora e a Milano in circa un’ora. In meno di quattro si raggiungono Roma e Napoli. Una volta, durante un viaggio in Frecciarossa, ho potuto visitare la cabina di guida, una sorta di navicella spaziale. Fighissimo. Ricordo come particolarmente emozionante anche un viaggio in treno da New York a Washington.
[P] In Giappone siamo saliti anche sugli Shinkansen, i treni dell’Alta Velocità nipponica. Ma le nostre Frecce non sono da meno, un vero e proprio orgoglio italiano. Dobbiamo smetterla di lamentarci per le cose che non vanno bene e apprezzare quelle che funzionano. Il servizio ferroviario italiano è di altissimo livello e se posso scegliere con quale mezzo spostarmi per me è sempre il treno.
[G] Aggiungerei poi che non c’è treno senza libro e non c’è libro senza treno.
Salire a bordo significa anche dedicare un po’ di tempo a se stessi per pensare
e riflettere, leggere e perdersi. In treno ci si può innamorare, è una vera metafora
della vita (i colleghi sorridono, ndr).
Che impressione vi ha fatto sapere che Silvio Berlusconi era un vostro grande fan?
[P] Quando, nel 2015, abbiamo partecipato all’Eurovision Song Contest, lui ci ha sostenuti e supportati. Molte idee e progetti, poi, sono nati dalle sue idee, tanto da portare il nostro manager Michele Torpedine a definirlo il quarto membro de Il Volo, sempre presente dietro le quinte. Recentemente, abbiamo chiuso un accordo con Mediaset per il prossimo anno. Con l’azienda si è creata una perfetta armonia e sapere che chi l’ha sempre guidata ci apprezzava è motivo di grande felicità. Siamo vicini alla famiglia per la perdita che ha subito. Puoi avere tutto il talento del mondo ma se non hai chi crede in te diventa tutto molto difficile.
Quale Paese straniero vi ha rubato il cuore?
[G] Nel mio caso il Giappone. La cultura orientale ti consente di vivere qualcosa
di molto diverso da ciò a cui siamo abituati.
[I] Ogni Paese ci lascia qualcosa. In Sud America, per esempio, le fan hanno rincorso
le nostre auto per una foto con noi.
[P] Secondo me si può rubare qualcosa da ogni cultura. Ha a che fare con quell’attitudine che spinge a cercare il meglio in ciascun Paese e portarlo via con sé: la mentalità imprenditoriale degli Stati Uniti, il grande rispetto verso il prossimo che si vive in Giappone, la capacità del Sud America di affrontare la vita con il sorriso. Dell’Italia uno straniero apprezzerebbe senza dubbio la qualità della vita.
Riuscite a trovare sempre il tempo per i selfie e gli autografi?
[G] Un artista si deve preoccupare quando non gli chiedono più una foto insieme.
[I] Siamo prima di tutto persone e poi personaggi. Capita di avere giorni in cui sei stralunato, come diciamo in Sicilia, momenti in cui hai poche energie e appari meno disponibile, ma non è così. Siamo sempre felici di incontrare il nostro pubblico.
Cosa amate nelle persone e cosa non sopportate?
[G] Prendo in prestito le parole di Erich Fromm, grande psicanalista tedesco. Diceva di non sopportare le persone amorfe, senz’anima, incapaci di dialogare in modo costruttivo o di condividere idee. Ecco quelle sono, anche secondo me, le persone negative. Amo invece circondarmi di coloro che mi consentono di avere una crescita artistica e personale.
[I] Di persone come quelle descritte da Fromm ce ne sono tante. Se Amedeo Modigliani fosse ancora vivo, oggi avrebbe dipinto migliaia di volti senza occhi.
[P] Io invece apprezzo più di ogni altra cosa l’educazione, che premia e premierà sempre.
Concludiamo pensando a una delle gioie della vita: il cibo. Siete più da tavola o da cucina?
[I] Io preferisco tutta la vita stare in cucina.
[G] Io invece sono più un tipo da tavola. Mi piacciono i ristoranti stellati, le degustazioni di due o tre ore accompagnate da un buon calice di vino. Abbiamo pranzato nel locale di Massimo Bottura, un’esperienza indimenticabile.
[P] Con il cibo ho un rapporto magnifico. Ho bisogno di mangiare, pratico molto sport e a tavola non rinuncio a niente. Corro spesso, mi sto anche preparando per la maratona di New York.
[I] È vero, non si sa da chi scappa ma corre sempre.
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