Il dovere della memoria. A 31 anni dalla scomparsa del magistrato Giovanni Falcone rinasce la stazione ferroviaria di Capaci, il paese tristemente noto per la strage che proprio il 23 maggio del 1992 uccise l’uomo simbolo della lotta alla mafia, insieme con la moglie, Francesca Morvillo, magistrato, e gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Nell’area dell’ex scalo merci sul passante ferroviario, concessa in comodato d’uso gratuito da Rete Ferroviaria Italiana, sorgerà infatti MuST23 - Museo Stazione 23 maggio, un luogo interattivo e multimediale promosso dall’associazione Capaci no mafia e dalla cooperativa sociale Addiopizzo travel.
Oltre quattromila metri quadrati di terreno, tra la stazione, il fabbricato viaggiatori e una villetta con area esterna, che la società capofila del Polo Infrastrutture del Gruppo FS mette a disposizione per coltivare il sentimento della memoria con un'immersione nelle storie vissute dai testimoni di quel periodo storico, con un racconto vivido e colorato di speranza grazie alla rivalsa della bellezza dei luoghi, della determinazione e della forza della popolazione.
“Questo è solo il punto di partenza del percorso museale – ha spiegato il responsabile del progetto Dario Riccobono - . Partire da quell’evento drammatico diventa lo strumento narrativo per raccontare come quel 23 maggio segnò anche un prima e un dopo nella cosiddetta “generazione del ‘92”. Si tratta di quei giovani, siciliani e non solo, segnati da quell’esperienza, che diedero nuova linfa alla resistenza alla mafia e alla valorizzazione del territorio. MuST23 guiderà il visitatore attraverso l’importante lavoro di Falcone, l’impegno della società civile, gli arresti dei più importanti boss e le eccellenze siciliane.”
MuST23 nasce con il contributo di numerosi soggetti. Oltre a RFI, che ha concesso l’area per i prossimi 15 anni, l’avvio dell’iniziativa è stata finanziato da Invitalia e ha goduto del sostegno istituzionale del Comune di Capaci. Importanti contributi sono giunti anche da Rai, Google.org (la divisione filantropica di Google), Associazione Economia Sociale Digitale, Legacoop, Fondazione Pico e Ferpi.
Sul sito del museo, infine, sarà presto attiva una campagna di crowdfunding per chi volesse dare il proprio contributo al progetto.
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