I pomodori della fattoria sociale Conca d’oro a Bassano del Grappa (VI) © Leonardo Golzato
Per entrare nel cuore di Bassano del Grappa (VI) c’è una sorta di rito da compiere. Bisogna attraversare Ponte vecchio, detto anche degli alpini, cantando: «Sul ponte di Bassano noi ci darem la mano, noi ci darem la mano ed un bacin d’amor, ed un bacin d’amore». Realizzato su progetto di Andrea Palladio, questo gioiello sul Brenta coperto in legno è considerato uno dei ponti più caratteristici d'Italia.
Arrivo lì davanti in bici e, prima di imboccarlo, scendo dal sellino per attraversarlo lentamente e respirare la storia che trasuda da questo luogo. Dal 1928, infatti, il ponte è dedicato alla memoria delle centinaia di migliaia di soldati, alpini nella maggior parte dei casi, che durante la Prima guerra mondiale lo hanno percorso per salire sull'altopiano, teatro di sanguinosi combattimenti.
L’ingresso a Bassano del Grappa è frizzante: giovani che suonano sotto un arco, mercato all’aria aperta, gente sorridente che fa colazione nei bar. Mi fermo anche io a prendere un cappuccino e un trancio di ciambellone bassanese, dolce tipico simile al panettone, ma molto più semplice e veloce da preparare, meno spugnoso e più ricco. Il suo aroma è intenso, in più è molto goloso, insomma la giornata è iniziata proprio bene.
Il Ponte vecchio a Bassano del Grappa (VI) © Freesurf/AdobeStock
Mi faccio strada con la bici tra la gente e arrivo nella parte del mercato più colorata e ghiotta. Tra i tanti banchi gastronomici, me ne incuriosisce uno in particolare. Quello di una fattoria sociale, la sola dell’intero mercato che vende prodotti biologici. Inizio a fare domande e apprendo che si chiama Conca d’oro e, da anni, cerca non solo di produrre con modalità che siano rispettose della terra ma vuole anche coltivare la bellezza.
C’è Filippo alla bilancia, Monica alla cassa che segue i clienti e Marco e Luca che coordinano il lavoro di tutti. Filippo è un ragazzo affetto dalla sindrome di down, molto scrupoloso nel suo lavoro, conosce i codici e i prezzi dei prodotti e tiene tutto sotto controllo. Gli chiedo quanti giorni lavora al mercato e la risposta è secca: «Io lavoro anche in fattoria, dove sto in bottega, al ristorante e nei laboratori». Mi incuriosisco sempre di più, chiedo indicazioni e mi viene indicato Fabio per avere informazioni più dettagliate.
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Mi avvicino e chiedo quale sia la strada da percorrere e se posso raggiungere il posto in bicicletta. La risposta è affermativa e così ci avviamo in direzione Trento. Il paesaggio è in perfetta sintonia con la nostra passeggiata lenta, prima d’imboccare la Valsugana facciamo una breve digressione a sinistra e siamo arrivati. Lungo il tragitto Fabio, che di cognome fa Comunello ed è presidente della fattoria, mi parla di un luogo particolarmente gradevole in cui si producono e si vendono ortaggi coltivati da giovani con disabilità psichica: «Li chiamiamo apprendisti, sono coordinati e sostenuti da noi operatori, che siamo costituiti in cooperativa».
Lasciamo le biciclette e continuiamo la nostra chiacchierata: «In realtà, le attività che si svolgono all’interno della struttura sono molte. Oltre alla gestione dei campi e delle serre, vengono prodotte squisite marmellate e creme di verdura e si panifica utilizzando la pasta madre e la farina prodotta partendo dal nostro frumento. È attivo anche un ristorante segnalato da diverse guide di settore e realizziamo alcuni manufatti molto ricercati soprattutto in occasione delle festività».
Gli apprendisti con un operatore della bio fattoria Conca d’oro © Leonardo Golzato
Insomma questa impresa, che qualcuno ha definito “diversamente agricola”, ha avvicinato alla terra giovani con difficoltà cognitive che hanno potuto e saputo creare una comunità dove si trovano solo prodotti di alta qualità. Ma una buona insalata o un broccolo, offerti alle persone che sempre più numerose frequentano la fattoria, non sono solo fonte di reddito: diventano anche veicolo di relazioni e di riconoscimento del loro operato.
Cresce il mio interesse e chiedo a Fabio quanti sono: «Più di 40», mi risponde orgoglioso. E continua: «I nostri giovani apprendisti con i loro operatori non coltivano solo ortaggi e non offrono solo buon cibo ma, fra mille contraddizioni e difficoltà, cercano di coltivare la cooperazione che esclude la competizione esasperata ma include l’emulazione. Alla base c’è la solidarietà, grazie alla quale anche il meno abile può trovare una buona ragione per vivere con gioia e soddisfazione».
Sono molto affascinato dalla cura con cui si cercano di conoscere le abilità e le propensioni dei ragazzi e dico a Fabio che tutto questo genera tanta bellezza. Il presidente si illumina: «Siamo convinti che, almeno nel nostro micromondo, sia possibile contrapporre la bellezza, cioè la raffinatezza, la gradevolezza, l’armonia, la dolcezza, l’eccellenza, la socialità, la generosità, alla bruttezza, che comprende la grossolanità, la spiacevolezza, la discordanza, la cattiveria, l’indifferenza la tristezza, lo squallore, l’indifferenza l’egoismo, l’individualismo».
Mostro il mio assenso e, a sorpresa, mi dice: «Ho capito che anche tu la cerchi sempre e allora ti propongo un’alleanza per operare una piccola rivoluzione culturale facendo in modo che la bellezza diventi il minimo comune denominatore per ogni progetto dedicato alle persone fragili». A queste parole gli stringo la mano perché sono convinto che questa parola comprenda anche una sorta di attenzione trasversale capace di favorire la collaborazione tra contesti diversi: guida il pensiero, le parole, le intenzioni e le azioni così da suggestionare il comportamento di tutti gli attori che co-costruiscono e realizzano segmenti di progetti di vita basati sul benessere e sul fare condiviso.
Inizia a farsi sentire la fame ma prima vorrei che mi sintetizzasse tutto l’operato della bio fattoria: «Se chiedi agli operatori che cos’è Conca d’oro», precisa Fabio, «ti rispondono che è un’impresa capace di stare sul mercato ma anche di saper fare sintesi apparentemente impossibili fra la sobrietà e lo sviluppo sostenibile. Perché i beni a disposizione, la terra che ci dà da mangiare e l’aria che respiriamo sembrano non tollerare altri insulti».
È in grado di fare una sintesi, continua, «fra la scienza che spinge il progresso e la conservazione dell’ambiente naturale, perché la prima può dirci quali metodi di coltivazione non danneggiano l’uomo e la terra. Ma anche fra la cultura della solidarietà e quella del mercato, fra il profitto e l’etica, fra il senso del limite e lo sviluppo, fra la qualità, la quantità e la bellezza che, se ben gestita, produce anch’essa reddito. Insomma, fra il benessere del singolo e quello della collettività».
Fabio diventa molto serio, mi guarda, è felice ed emozionato, fa un secondo di pausa e aggiunge: «Pensiamo, con un certo orgoglio, di riuscire a dare una risposta al mondo complesso delle persone con disabilità. Una realtà che sta cambiando perché è sempre più consapevole di poter avere un ruolo del processo produttivo e dare sostegno alle imprese condividendone obiettivi e interessi. Il tutto ha un effetto collaterale benefico, contribuisce ad abbattere i costi della gestione dei servizi e offre serenità a molte famiglie che affidano alla fattoria i loro figli più deboli perché diventino un po’ più forti e si sentano parte attiva della comunità».
Lo abbraccio con affetto, consapevole di aver condiviso un bel momento con una persona perbene che ha una visione da nuovo umanesimo. È il momento di andare nel ristorante della cooperativa e tutta la bellezza che ho attraversato l’ho ritrovata nel piatto. Buonissimo tutto.
Articolo tratto da La Freccia
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07 aprile 2025