In apertura il parco eolico marino Beleolico © Renexia
Da un lato ci sono le coscienze che guardano con sempre più attenzione alla sostenibilità ambientale, dall’altro una situazione internazionale che impone l’inderogabile cambiamento delle politiche di approvvigionamento energetico. In mezzo, un progetto che punta a rappresentare una risposta, simbolica e concreta, a questi due enormi e complessi interrogativi.
Inaugurato il 21 aprile nelle acque di fronte a Taranto, Beleolico è il primo parco eolico marino non solo d’Italia ma di tutto il Mediterraneo. «Ci sentiamo un po’ dei pionieri», dice Riccardo Toto, direttore generale di Renexia, società del Gruppo Toto attiva nelle rinnovabili che è riuscita, prima tra tutti, a trasformare in realtà un progetto di tale portata.
Ascolta il podcast a cura di Aldo Massimi
Che cos’ha di speciale un impianto eolico sul mare?
Sfrutta la maggiore potenza del vento, è meno impattante visivamente e ha a disposizione spazi enormi per poter essere sviluppato. Noi crediamo che sull’eolico offshore si possa costruire una filiera industriale di primo livello. Le nostre esperienze negli Stati Uniti ce lo insegnano. E poi si tratta di una tecnologia che rappresenta una concreta alternativa alle centrali che impattano sull’ambiente, contribuendo così alla riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera, nel rispetto delle direttive europee.
Il parco eolico marino Beleolico © Renexia
Come è strutturato Beleolico?
L’impianto comprende dieci pale per una capacità complessiva di 30 MW e assicurerà una produzione di oltre 58 mila MWh, pari al fabbisogno annuo di 60mila famiglie. In termini ambientali vuol dire che, nell’arco dei 25 anni di vita prevista, consentirà di risparmiare circa 730mila tonnellate di anidride carbonica. Voglio aggiungere che si tratta di un progetto “verde” anche perché, completato il ciclo, l’impianto può essere totalmente smontato e tutti i materiali, acciaio compreso, sono riciclabili. E mi piace sottolineare che il progetto ha avuto il favore delle principali associazioni ambientaliste italiane.
Quanto è costato e con quali fondi è stato finanziato?
In totale, sono stati investiti circa 80 milioni di euro, tutti di provenienza privata. Da questo punto di vista è stato molto importante l’apporto della banca d’affari francese Natixis e dell’advisor tedesco Fichtner. Ci abbiamo davvero tutti creduto.
È stato difficile realizzarlo?
Per raggiungere il traguardo ci abbiamo messo 14 anni, che non sono pochi. Ma parliamo di una prima assoluta per l’Italia anche per ciò che riguarda i percorsi amministrativi e tecnici, oltre che per la burocrazia. È stato davvero difficile mettere assieme i pezzi. Sfide complicate e inedite, che abbiamo superato perché abbiamo continuato a crederci. Oggi, quando guardiamo le pale entrare in funzione, ci sentiamo orgogliosi. E ci auguriamo che per altri progetti simili sulle rinnovabili, in tutta Italia, ci voglia meno tempo e ci siano meno difficoltà. Ne gioverebbe tutto il Paese.
Che tipo di vantaggi può portare all’Italia?
L’opera è il nostro contributo per muovere i primi passi significativi nel cammino verso la transizione energetica e calibrare così un energy mix che ponga al centro le fonti rinnovabili. Puntare a una crescente autonomia energetica che sia sostenibile, nel rispetto delle norme europee sulla decarbonizzazione, è un obiettivo prioritario che l’attuale situazione internazionale ha portato alla ribalta. E siamo orgogliosi di esserne parte.
Perché avete scelto Taranto?
Innanzitutto, per le caratteristiche del territorio, a cominciare dalla forza del vento, che qui può garantire una costanza non indifferente. Simbolicamente, poi, è bello che l’energia pulita nasca proprio di fronte al polo industriale di Taranto, un segno dell’inversione di tendenza, in senso sostenibile, del sistema produttivo italiano. Inoltre, nell’arco dei 25 anni della concessione del parco, contiamo di avviare una filiera industriale specializzata, con Taranto che potrebbe diventare un punto di riferimento per un settore in forte crescita come quello dell’eolico offshore.
In questa città bisogna sempre tenere in considerazione il porto…
L’Autorità di sistema portuale del Mar Jonio ci ha molto aiutati in questi mesi, anche se si è trovata alle prese con un lavoro inedito che ha coinvolto mezzi e operazioni speciali. Abbiamo firmato un accordo che prevede la cessione di almeno il 10% dell’energia da noi prodotta, pari a 220 MWh annui, per consentire l’elettrificazione del porto. Questo comporterà lo spegnimento dei motori delle navi all’ancoraggio, con riduzione elevata dell’inquinamento e delle emissioni. In prospettiva, elettrificare completamente i porti è fondamentale per un Paese come l’Italia, con una tradizione marittima e una posizione strategica nel Mediterraneo, soprattutto in un momento in cui si stanno ristrutturando i traffici commerciali internazionali.
Articolo tratto da La Freccia
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07 aprile 2025