Non fa sconti a nessuno e nel suo programma, Belve, riesce a “domare” gli intervistati con le domande che tutti vorrebbero porre. Francesca Fagnani, a dispetto del viso angelico e rassicurante, picchia duro e mette alla berlina anche l’ospite più ostico. Il risultato? La trasmissione è diventata un cult e torna su Rai2 dal 1° novembre passando da una a tre sere alla settimana: martedì, mercoledì e giovedì. Ne parliamo con la conduttrice e ideatrice.
Quest’anno ti devi fare in tre, quindi.
È uno sforzo produttivo enorme. Me lo ha chiesto la rete e io ho risposto favorevolmente.
La nuova collocazione ha richiesto cambiamenti?
Pochi, è solo tutto concentrato in un mese. Il criterio di scelta degli intervistati è stato lo stesso, identitario rispetto al titolo: persone determinate, agguerrite, coraggiose, originali, divisive e controcorrente. Il format funziona nella sua essenzialità, con interviste secche.
Giochiamo con la fantasia: le belve che vorresti?
La premier finlandese Sanna Marin, l’ex cancelliera tedesca Angela Merkel e, usando l’immaginazione, mi piacerebbe intervistare la cattivissima Crudelia De Mon.
Chi metterai sulla graticola in questa edizione?
Non posso anticipare nulla, ma colgo l’occasione per invitare ufficialmente Francesca Pascale.
Che emozioni ti suscita il viaggio in treno?
L’ho usato molto per anni quando facevo l’inviata per Michele Santoro. Era il mezzo di spostamento principale perché il più immediato. Mi ha consentito di raccontare situazioni drammatiche e di rinascita. Ecco, il viaggio per me è racconto.
I tuoi luoghi del cuore?
La California. Ci sono stata un mese dopo la maturità e me la ricordo con grande tenerezza. I 18 anni sono un momento magico, ricco di aspettative, certezze e paure. E poi New York: ho vissuto lì durante l’11 settembre. Viaggiare non era più così rilassante, perché negli occhi mi tornavano quelle immagini fortissime. È una città che mi ha aperto la mente, dove ho frequentato persone diversissime da me, che mi hanno fatta crescere parecchio.
Il tuo buen retiro da raggiungere in treno?
San Vito di Cadore, sulle Dolomiti. Il contatto con quel tipo di natura mi rilassa, rigenera e ridimensiona. Cammino e faccio trekking, combattendo contro le vertigini. È molto sfidante.
Dopo Belve che farai?
Sto scrivendo un libro per Rai Eri sulla criminalità organizzata, argomento a me caro. E poi mi piacerebbe raccontare una periferia dall’interno, per lungo tempo, con il linguaggio del reportage.
Articolo tratto da La Freccia
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