Volti di scugnizzi, sguardi d’amore catturati in un attimo, gesti di vita quotidiana di un piccolo pescatore o il ritratto intenso di un filosofo. Vincenzo Gemito e la sua opera sono questo. Un repertorio di un artista tanto conosciuto e amato dai suoi concittadini napoletani, quanto sconosciuto agli altri. Perché Gemito sembra dover ancora riscattare la sua fama di artista poco valorizzato.
Anche la mostra al Museo e Real Bosco di Capodimonte vuole contribuire a farlo conoscere e apprezzare, dopo il successo dell’esposizione parigina che ha chiuso a fine gennaio. La capitale francese dove per Vincenzo iniziò la gloria, durante l’Esposizione universale del 1878, e dove strinse amicizia con i grandi artisti del tempo, come Ernest Jean-Louis-Ernest Meissonnier e Auguste Rodin.
La mostra partenopea (aperta fino al 15 novembre) Gemito, dalla scultura al disegno, a cura di Jean-Loup Champion, Maria Tamajo Contarini e Carmine Romano, offre quindi un’altra occasione per cogliere l’abilità dell’artista di catturare le anime e commuovere chi osserva le sue opere, portatrici di valori universali, modelli di espressioni e sentimenti comuni.
Pescatore Napoletano
La sua scelta di soggetti ricadde infatti sulla gente del popolo, con cui si trovò a vivere fin da piccolo. Quando, appena nato, venne abbandonato dalla madre nella ruota dell'Annunziata il 17 luglio 1852. Dopo essere stato adottato da una coppia povera, anche se affettuosa, diventò un artista autodidatta, nelle strade e nei vicoli, grazie all’osservazione dei presepi di San Gregorio Armeno e all’ispirazione dei classici dell’ellenismo che poteva osservare, intrufolandosi di nascosto nel Museo Nazionale di Napoli, oggi Museo Archeologico.
Autoritratto
La sua formazione proseguì lontano dalle accademie, grazie a legami con altri ribelli come Antonio Mancini ed Ettore Ximenes. A soli 16 anni il suo Giocatore era già un capolavoro e a 23 la produzione di una serie di busti, tra cui il Ritratto di Verdi, lo fece arrivare a Parigi, dove nel 1877 il suo realistico Pescatore destò addirittura scandalo. Creazioni esposte in questa mostra, a fianco di altre provenienti da musei e collezioni italiane e da tutto il mondo, dal Museo d’Orsay di Parigi al Getty Museum di Los Angeles.
Il giocatore
La sua lunga vita - morì nel 1929 - fu anche segnata da molte crisi di follia, con conseguente ricovero in una clinica psichiatrica e un lungo periodo, oltre 20 anni, di autoisolamento in casa. A queste fasi veramente buie, da artista maledetto, alternate a fasi di successo e serenità, contribuirono i suoi due grandi amori.
Le due muse che lui ritrasse senza sosta, anche quando sofferenti: la francese Mathilde Duffaud e la napoletana Anna Cutolo, da cui non si può fare a meno di essere rapiti, nella versione candida scolpita con eccezionale maestria nel marmo. Un materiale nobile che si affianca ad altri materiali usati, come la semplice terracotta, il classico bronzo e il prezioso argento, che mise Gemito alla prova con tecniche di cesello degne di Benvenuto Cellini, Esempio superbo in mostra è il Medaglione con la testa di Medusa in argento dorato. Un artista antenato che Gemito volle raggiungere in grandezza, come gli anonimi, quanto straordinari scultori greci e romani, che plasmarono la sua genialità.
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