In apertura: Gustav Klimt, Giuditta I (1901) © Belvedere, Vienna/Photo Johannes Stoll
La mostra Klimt. La Secessione e l’Italia, al Museo di Roma - Palazzo Braschi fino al 27 marzo 2022 - è un trionfo di sfumature. Quelle che si avvicinano all’oro, grandi protagoniste nelle creazioni dell’artista viennese. E, in senso lato, quelle del giallo, poiché il dipinto più atteso dell’appuntamento nella Città eterna, Ritratto di signora, è stato al centro di vicende misteriose degne di un bestseller di narrativa gialla.
Gustav Klimt torna in Italia dopo sette anni, da quando nel 2014 Palazzo Reale di Milano gli dedicò l’ultima grande monografia tricolore. E torna a Roma a distanza di oltre un secolo dalla sua partecipazione all’Esposizione internazionale d’arte del 1911: il padiglione austriaco progettato dall’architetto Josef Hoffmann, in cui furono presentati otto suoi dipinti, fu una delle grandi attrazioni dell’evento, al termine del quale l’artista vinse il primo premio con il dipinto Le tre età della donna, oggi conservato alla Galleria Nazionale, sempre nell’Urbe.
L'esposizione a Palazzo Braschi è costruita intorno a due focus principali, molto ben descritti anche nel catalogo omonimo, edito da Skira. Il primo è la Secessione viennese, movimento di cui Klimt è stato uno dei più illustri esponenti, nato verso la fine del XIX secolo per opposizione ai dettami dell’Accademia di Belle Arti di Vienna. Il secondo, punto di vista davvero inedito e innovativo, è il rapporto tra il pittore austriaco e l’Italia.
La copertina del catalogo edito da Skira "Klimt. La Secessione e l'Italia"
Il Paese fu per lui una terra di successi professionali: oltre all’Esposizione romana del 1911, lo testimoniano le partecipazioni alla Biennale d’arte di Venezia (nel 1899 e, con una straordinaria mostra personale, nel 1910), le recensioni positive sui giornali dell’epoca e l’acquisto di importanti opere da parte di enti culturali pubblici italiani (la già citata Le tre età della donna e Giuditta II, comprata dalla Galleria internazionale d’arte moderna di Venezia). Ma l’Italia fu soprattutto una fonte d’ispirazione che accese in lui scelte stilistiche già acquisite. La sua predilezione per l’oro, uno degli elementi più iconici della produzione klimtiana, nacque nel contesto familiare e culturale in cui crebbe, ma è nel nostro Paese che trovò la consacrazione. Nonostante la tradizione artistica dell’area germanica avesse tra i suoi pilastri l’oreficeria fin dal XII secolo, il giovane Gustav – tra l’altro figlio di un orafo – si formò in un periodo, l’800, in cui i diktat accademici avevano posto una sostanziale censura dell’oro in pittura alla quale gli artisti simbolisti contemporanei di Klimt si opponevano. Quando l’autore viennese giunse in Italia, nel 1903, si convinse grazie ai mosaici di San Marco a Venezia e soprattutto a quelli bizantini di Ravenna: comprese quanto l’oro potesse rendere astratta la visione dell’opera e, in particolare, diventare la base stessa dell’immagine, con luci e colori splendenti che trasportano ogni componente del manufatto in una dimensione diversa da quella naturale.
Gustav Klimt, La sposa (1917-18) © Klimt Foundation, Vienna
L’apporto di Klimt alla cultura si fa largo nell’esposizione capitolina attraverso oltre 200 capolavori, tra dipinti, disegni, manifesti d’epoca e sculture. Si possono ammirare Giuditta I, Signora in bianco, Amiche I (Le sorelle), Amalie Zuckerkandl e La sposa, ma l’ospite d’eccezione è Ritratto di signora. Quest’olio su tela venne realizzato tra il 1916 e il 1917 e acquistato otto anni dopo dal mecenate Giuseppe Ricci Oddi, che donò la propria collezione alla città natia, Piacenza. La Galleria che porta ancora oggi il suo nome, fondata nel 1931, custodì il quadro per oltre sei decenni senza mai dare troppo nell’occhio, finché negli anni ‘90 l’opera cominciò a riempire gli spazi di giornali e tv.
Gustav Klimt, Amiche I (Le sorelle) (1907) © Klimt Foundation, Vienna
Primavera 1996: la diciannovenne Claudia Maga, all’epoca studentessa al Liceo artistico sperimentale di Piacenza, ebbe un’intuizione felice. Durante una ricerca sui ritratti femminili conservati nella Galleria d’arte moderna Ricci Oddi confrontò Ritratto di signora con l’immagine di un’altra opera di Klimt, Ritratto di ragazza, dipinto raffigurante una giovane con un cappello, esposto nel 1912 a Dresda e improvvisamente sparito nel 1917. La somiglianza tra i soggetti immortalati, in particolare nei tratti somatici, le sembrò evidente e l’alunna si rivolse alla preside della scuola e all’ex direttore della Ricci Oddi, che si confrontò con il nuovo responsabile della Galleria. Il Comune di Piacenza affidò una serie di indagini scientifiche alla migliore compagnia del settore, la romana Il Cenacolo. Raggi X, infrarossi, ultravioletti e riflettografie non lasciarono scampo a dubbi: i due ritratti convivevano sulla stessa tela. La Ragazza, non più scomparsa ma evidentemente ripresa da Klimt per un ripensamento, era divenuta la Signora, come se il tempo fosse passato anche per lei, in una storia che avrebbe rallegrato Oscar Wilde.
Gustav Klimt, Ritratto di signora (1916-17) Galleria d’arte moderna Ricci Oddi
Inverno 1997: la Galleria era alle prese con lavori di ristrutturazione per l’inizio di una mostra quando, a febbraio, il quadro venne rubato: restò solo la cornice, trovata sui tetti dello stabile. Da allora seguirono 22 anni di ricerche incessanti, intervallati anche da due episodi emblematici: la polizia scoprì a Ventimiglia una tela indirizzata a Bettino Craxi che si rivelò poi falsa e persino il programma Chi l’ha visto dedicò una speciale puntata all’opera d’arte. Risultati? Zero.
Nel frattempo, tutto cadde nel silenzio, finché un giardiniere, nel dicembre 2019, trovò in un’intercapedine chiusa da uno sportello una borsa contenente quello che sembrava il dipinto mancante. Un mese dopo giunse la conferma di Procura e critici d’arte: il quadro era quello originale. L’identità dei presunti Arsenio Lupin resta ancora ignota, ma almeno il Ritratto di signora ha lasciato la cronaca per ritrovare il proprio posto nell’arte e, dopo l’esposizione al Museo di Roma, tornerà a casa: la Galleria Ricci Oddi ospiterà infatti, dal 5 aprile 2022, la mostra Klimt intimo per offrire ai visitatori un pittore “ritrovato” nella sua dimensione più personale, con opere e documenti che restituiscono lo spessore della vicenda umana e culturale di un genio che, come dimostra la storia recente, ha saputo portare l’arte fuori dal tempo.
Articolo tratto da La Freccia
L’installazione è esposta all’ADI Design Museum, dal 7 al 13 aprile.
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