In apertura Bice Lazzari, L/30 (1945), courtesy Archivio Bice Lazzari
Silenziosa, tenace, informale e ricercatrice. Capace di andare oltre gli schemi accademici, le convenzioni sociali e le lusinghe delle nuove avanguardie che all’inizio del ‘900 si fecero spazio nel mondo dell’arte italiana.
Beatrice, detta Bice, Lazzari è stata la pittrice che ha voluto essere: autonoma, poetica, astratta e materica. Una donna e artista «nata libera», come lei stessa si definisce, in grado di percorrere quasi l’intero ‘900 con i propri ritmi. Spesso in solitaria, dribblando quegli asfittici contesti in cui per una donna era difficile esprimersi in piena ed emancipata creatività.
UN ESTRATTO DELL'AUTOBIOGRAFIA DI BICE LAZZARI NEL PODCAST DI FEDERICA GHENO
Agli esordi della carriera, durante il periodo fascista, deve impegnare il suo talento nelle arti applicate e nel design, pur dipingendo paesaggi e figure, perché per «una signorina di buona famiglia» non era ancora il tempo di andare per il mondo con una tela sottobraccio.
Disegna borse, cinture, stoffe e arredi con cui si mantiene economicamente, senza mai smettere di indagare stili e studiare gli orientamenti espressivi delle arti moderne, prediligendo tendenze geometriche estratte e collaborando coi maggiori architetti degli anni ‘30.
Bice Lazzari, ritratto nello studio, anni ‘20, courtesy Archivio Bice Lazzari
Nel dopoguerra, poco prima degli anni ’50, riprende in mano i pennelli, ma questa volta lo fa da artista, in maniera totalizzante, slegata da ogni vincolo di committenza. Ostinatamente dipinge, con tratti corposi e consistenti, grazie all’uso sperimentale di materiali come colle, sabbie e tempere miste.
La pittura di questa fase è materica, strabordante di colore come una necessità da urlare al mondo. Vent’anni dopo, i tratti delle sue pennellate si sciolgono e fluidificano in acrilici con cui esplora l’astratto composto da segni ripetuti, tele monocrome, partiture di linee rette e curve, cerchi e quadrati. In queste opere della maturità raggiunge proporzioni formali e scandisce lo spazio della tela al ritmo di una partitura.
In una stretta relazione fra spazio, tempo e misura. Ovvero nell’armonia dell’equilibrio che si raggiunge solo quando si fa caparbiamente ciò che si è.
«L'arte è un segno d'amore, un impegno morale che richiede una dedizione totale alla scoperta di nuove strade e nuovi modi di esprimersi», scrive Bice.
A Ca’ Pesaro, nella sua Venezia, fino al 23 ottobre è allestita una mostra per conoscerla meglio: Bice Lazzari. Fra spazio e misura, a cura di Paola Ugolini. Una piccola ma rara perlustrazione della sua opera nel periodo di passaggio dall’informale al minimalismo astratto, fra la metà degli anni ‘60 e la fine degli anni ’70, con tele e disegni usciti dall’archivio a lei intestato. I suoi quadri ostinati.
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