In apertura Here, The Doors Don't Know Me di Mohamed Mahdy © Mohamed Mahdy
Un abbraccio che sorride, adatta le altezze, offre spalle su cui poggiarsi. L’incontro delicato tra una donna e un cucciolo di elefante che la cinge con la proboscide è uno degli scatti presenti alla 14esima edizione del Festival della fotografia etica di Lodi. Oltre 700 immagini, 20 mostre diffuse in città, quasi 100 nomi provenienti da 40 Paesi che comprendono tutti i cinque continenti. Sono i numeri di questo appuntamento immaginifico capace di offrire, attraverso la fotografia d’autore e giornalistica, un sunto di storie che narrano il mondo intero, «uniche, emozionanti ma necessarie», come dichiara il direttore della manifestazione Alberto Prina.
Reteti di Ami Vitale © Ami Vitale
Fino al 29 ottobre la città lombarda, con immagini poetiche e dirompenti, punta il faro su volti mai visti, tragedie attuali che mangiano il Pianeta, guerre e disastri ambientali, ma anche paesi lontani che resistono per salvaguardare tradizioni e identità secolari. Tra le tante esposizioni allestite in vari spazi della città spicca quella che raccoglie gli scatti vincitori del World Report Award - Documenting Humanity, il concorso internazionale organizzato dal festival per condividere una nuova forma di impegno sociale attraverso la fotografia.
Tra i reportage premiati colpisce L’assedio di Mariupol di Evgeniy Maloletka, con le macerie della città ucraina devastata dalla guerra, primo classificato della sezione Master Award. Mentre la mostra ufficiale del World Press Photo, composta da oltre 140 scatti, porta a Lodi il meglio del fotogiornalismo dell’ultimo anno. Infine, lo spazio Uno sguardo nel mondo ospita il lavoro degli autori di Agence France Presse in cui è protagonista la Terra sofferente, mostrata senza filtri.
The Siege of Mariupol di Evgeniy Maloletka © Evgeniy Maloletka
Gli scatti su siccità, incendi, alluvioni, surriscaldamento, scioglimento dei ghiacciai e ondate di temperature roventi raccontano di un costante e irrefrenabile cambiamento climatico che provoca disastri naturali e migrazioni di massa. Le immagini sono chiare: le scelte dell’uomo stanno minacciando non solo la flora e la fauna selvatica, ma anche e soprattutto le sue generazioni
prossime. Eppure, gli occhi attenti degli autori sembrano esprimere, ogni volta, anche la capacità di stupirsi del mondo: bruttezza e poesia, devastazione e cura, rovina e premura.
Quasi a far capire che l’essenza dell’abitare questo unico e minuscolo Pianeta possa essere semplice e potente come tre leonesse che si stringono, una famiglia allargata e appassionata di musica o un bambino africano che gioca e si diverte in un fiume di povertà.
Articolo tratto da La Freccia
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