Pomelli color cipria, sguardi diretti e bellezze spavalde mostrate con naturalezza e avvolte in vesti vaporose. Sono le donne floreali e dalle labbra lucide di Alphonse Mucha, maestro dell’Art Nouveau e creatore di icone entrate nell’immaginario collettivo. Proprio le esplosive fanciulle circondate di boccioli e petali, capelli voluminosi e vesti ricche, che appaiono a Parigi sul finire dell’800 e seducono immediatamente un vasto pubblico, sono al centro della mostra dedicata al più importante artista ceco e accolta negli spazi del Museo degli Innocenti di Firenze fino al 7 aprile.
Alphonse Mucha. La seduzione dell’Art Nouveau è un’esposizione ricca di luci e suggestioni parigine, corredata di manifesti, disegni, acquarelli e oli, oltre a fotografie, gioielli, piccole sculture e ceramiche che introducono alla creatività eclettica del maestro, oltre che al contesto storico in cui ha lavorato. Oltre 170 opere raccontano l’evoluzione dell’atteggiamento di Mucha, secondo il quale l’arte non deve limitarsi a essere piacevole allo sguardo ma comunicare un messaggio – che sia profano o sacro, pubblicitario o spirituale – capace di emozionare gli spettatori e risultare leggibile da tutti i ceti sociali.
In foto Mucha seduto davanti a Gismonda.
«Sono stato felice di essere coinvolto in un’arte per il popolo e non per salotti privati», scriveva. «È stata poco costosa, accessibile al pubblico e ha trovato casa in famiglie povere, così come nei circoli più ricchi».
Mucha si riferiva soprattutto ai famosi manifesti che tra la fine dell‘800 e l’inizio del ‘900 tappezzavano la Parigi della Belle Époque, quando lui era il grafico più richiesto per la cartellonistica urbana ma ancora poco noto al pubblico. Fu la locandina commissionata nel 1894 da Sarah Bernhardt per promuovere lo spettacolo teatrale Gismonda a farne emergere lo stile e a decretarne la forza espressiva.
Da quel momento, l’idillio con l’attrice francese gli consentì di rappresentare la bellezza eterna dei suoi famosi personaggi e realizzare manifesti con voluttuose eroine del palcoscenico come Medea, Tosca o la Signora delle camelie. L’attività pubblicitaria rappresentò per l’artista ceco il mezzo ideale con cui sperimentare nuovi approcci creativi di divulgazione efficace.
E il suo segno, tante volte replicato anche nelle réclame degli anni successivi, è rimasto indelebile.
Che siano bevande alcoliche, detersivi, profumi, biciclette o sigarette, l’oggetto pubblicizzato diventa accessorio: al centro, e sempre interprete, una fanciulla elegante e diafana.
Alphonse Mucha, Sarah Bernhardt: La Plume (1896)
Le sue maestose figure femminili, dotate di un sorriso ammaliante a cui è impossibile non rivolgere lo sguardo, appaiono contornate da intarsi grafici, immerse in atmosfere seducenti e colori pastello. È lo stile riconoscibile e unico di Mucha, che esprime una poetica frutto di commistioni e frequentazioni, a partire da quella con il pittore francese Paul Gauguin fino alle assimilazioni del Simbolismo e dell’estetica giapponese, rielaborate tra i vicoli della Ville Lumière di inizio secolo scorso, quando la città incubava le più grandi sperimentazioni. Completa il percorso della mostra anche una sezione dedicata al monumentale ciclo pittorico Epopea slava, concepito dal 1910, al rientro in patria dopo il lungo periodo parigino, e dedicato alla libertà del popolo slavo. Perché l’arte, secondo Mucha, simboleggia il bene e può contribuire alla progressione e al miglioramento della società.
Articolo tratto da La Freccia dicembre 2023
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