In apertura Il suonatore di fisarmonica (1957), Marc Chagall. Courtesy Collezione Guastalla Livorno
Un’immersione nello spirito fiabesco e onirico di uno degli artisti più significativi del ‘900. È la mostra La magia di Marc Chagall tra realtà e surrealtà, aperta fino al 5 novembre nella cornice del Castello Aragonese di Otranto, in provincia di Lecce. In esposizione 80 tra acqueforti, litografie originali e dipinti del maestro nato nel 1887 a Vitebsk, in Bielorussia, da una famiglia di religione ebraica, poi esule in Francia. Un genio creativo, quello di Chagall, che ha attraversato quasi un secolo di storia, sospeso – come le sue celebri figure umane e animali librate in volo – tra avanguardia francese, tradizione rurale russa e sapienza chassidica. Famoso per lo stile personalissimo, visionario e fantastico, intessuto di segni grafici e cromatismi audaci, melanconico e a un tempo intriso di ironia, alla ricerca di un mondo figurativo che è anche un ritorno sentimentale alla madrepatria lontana.
La mostra, promossa dal Comune di Otranto con Global Art e Guastalla centro arte, ospita le acqueforti realizzate da Chagall a partire dal 1927 per l’edizione illustrata del romanzo di Nikolaj Gogol Le anime morte e il ciclo di incisioni per le Favole di Jean de La Fontaine. E, ancora, le splendide illustrazioni per la Bibbia ideate nel ‘42, quando l’artista si trovava negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni antisemite, le litografie del ciclo Dessins pour la Bible e quelle incise per la monografia del ‘57, in cui sono ricapitolati i temi più cari all’artista: l’amore, il sogno, la memoria dell’infanzia.
La mostra di Marc Chagall al castello aragonese di Otranto (LE)
© Comune di Otranto
Chiude il percorso una sezione dedicata alle opere più tarde, successive agli anni Sessanta: una scelta di acqueforti e litografie originali a colori, come “Il pittore e il suo doppio” del 1981, dove compaiono alcuni dei soggetti divenuti simbolo dell’arte di Chagall, dalla torre Eiffel alle figure di animali librati in volo, fino ai celebri amanti stretti in un aereo abbraccio, un tema ricorrente fin dai tempi del primo soggiorno parigino degli anni Dieci del Novecento.
Il percorso della mostra consente di apprezzare l’evoluzione stilistica e il processo di maturazione vissuto dall’artista attraverso quasi sessanta anni di attività, dalle prime incisioni a puntasecca risalenti agli anni Venti, dal segno graffiante e deciso, alle acqueforti per le Favole di La Fontaine, realizzate tra il 1927 e il 1930, dove si percepisce un approccio più pittorico, quasi a replicare la morbidezza delle tempere utilizzate dall’artista nella fase di studio preliminare all’incisione. Una maturità che ancora di più si può cogliere nei lavori a soggetto biblico, dove la resa pittorica si spinge fino a conferire alla luce che accende le scene una valenza simbolica, carica di riferimenti orientaleggianti e rimandi alla religiosità chassidica.
Articolo tratto da La Freccia
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