La Venere di Jago all’interno dell’ex chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi
Napoli è mille colori e qualcuno se n’importa. Il verso della famosa canzone di Pino Daniele si potrebbe parafrasare così, visto che in questo periodo il capoluogo campano pullula da qualche anno di nuove iniziative e progetti promossi da cittadini, artisti e istituzioni culturali.
Tra questi l’apertura dello Jago Museum, dove espone e lavora lo scultore omonimo. L’artista scoprì Napoli da bambino ammirando durante una gita scolastica il Cristo velato, esposto nella Cappella di San Severo. Riportando alla memoria questo ricordo, nel 2019, quando viveva a New York, l’artista decise di realizzare lì il Figlio velato, per poi trasferirlo nel capoluogo partenopeo, nella basilica di San Severo fuori le mura nel rione Sanità. In marmo candido, come molte delle sue opere, raffigura un bimbo coperto da un lenzuolo aderente, che mostra una pancia gonfia.
La sua storia di amore per Napoli prosegue quindi con la nascita dello Jago museum, sempre nello storico quartiere, pieno di contrasti, ai piedi della collina di Capodimonte. L’artista ha scelto infatti l’ex chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi, abbandonata da più di 40 anni, come laboratorio d’eccezione, in cui invita i ragazzi della zona a conoscere la sua attività e a seguirlo mentre lavora, trovando una forte intesa con la fondazione di Comunità San Gennaro e la cooperativa La paranza.
Queste due realtà del quartiere, infatti, sono impegnate da anni nella riqualificazione di siti culturali e beni artistici come chiese, catacombe e palazzi antichi, grazie a un’idea di padre Antonio Loffredo. Dalla loro esperienza se ne è generata un’altra, molto simile, con i giovanissimi di Sant’Aspreno, che a breve costituiranno la cooperativa La sorte.
«Sono orgoglioso di aver contribuito alla loro formazione. Abbiamo moltiplicato un modello di organizzazione capace di offrire un lavoro dignitoso, gratificante e senza gerarchie», spiega Jago. Una quindicina di ragazzi, artisti e attori accompagnano i visitatori ogni mezz’ora, raccontando il lavoro di Jago, ma anche le loro emozioni e riflessioni.
Lo Jago Museum all’interno dell’ex chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi con la Pietà in primo piano
Lo scultore, infatti, non ama molto commentare il suo operato, ma anzi preferisce cogliere le reazioni altrui. Come quella di una donna dello Sri Lanka che di fronte alla sua statua della Pietà, qui esposta, ha scelto di raccogliersi in preghiera.
«Nella vita ho fatto esercizio d’ascolto e rubato con gli occhi. E ancora posso imparare molte cose dalle storie incredibili dei ragazzi e della gente comune», aggiunge l’artista, che non ha seguito studi specifici, ma che si ispira spesso ai grandi maestri del passato, in modo personalizzato senza condizionamenti.
Oltre che davanti alla Pietà, che rovescia i ruoli di quella michelangiolesca rappresentando un uomo che sorregge un corpo femminile, non si può che provare stupore e stordimento nel vedere una Venere in versione anziana o la scultura Aiace e Cassandra, che si può assimilare al Ratto di Proserpina di Gian Lorenzo Bernini.
«A me interessa proporre da un’altra prospettiva quello che abbiamo ereditato culturalmente e ampliare le categorie di riflessione. Per esempio, la pietà è un sentimento, non solo la Madonna che regge Gesù. Una donna è Venere sempre, non solo quando è giovane. Aiace e Cassandra illustra uno stupro ai danni di una donna che, contrariamente a quanto ci si aspetta, non si sottomette ma lotta alla pari».
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