In apertura, Andy Warhol, 12 Marilyn Monroe (1985) - 90 Collezione Sonnabend

Al Museo storico della fanteria di Roma, fino al 17 marzo, una retrospettiva ripercorre i momenti salienti della vita e della carriera di Andy Warhol. Per i clienti Trenitalia sono previste agevolazioni sull'acquisto del biglietto. La mostra, intitolata Andy Warhol – Universo Warhol, curata dal critico d’arte Achille Bonito Oliva, si articola tra 170 opere organizzate in aree tematiche che coprono quasi 40 anni di carriera, dall’arrivo a New York nel 1949 fino alla sua morte nel 1987.

Nato a Pittsburg, a 21 anni Warhol trovò nella Grande Mela il fermento e l’impazienza di un mondo in divenire, pronto a scardinare tutte le regole sociali e artistiche che si erano affermate fino a quel momento. Frequentò artisti come il fotografo Robert Mapplethorpe e la cantautrice Patti Smith, il pittore Jean-Michel Basquiat e il writer Keith Haring, l’attore Michael Douglas e la musicista Yoko Ono. Instillando in ognuno una parte del suo spirito creativo e ricevendo in cambio ispirazione da tutti loro. Nella mostra di Roma, il percorso si snoda dai lavori nella grafica pubblicitaria alle prime commistioni con l’industria musicale, passando per le serigrafie e le polaroid che ritraggono le star dell’epoca fino alle porcellane decorate, per poi muoversi tra le produzioni più recenti, come le foto comparse sulla sua rivista Interview o i manifesti commerciali e le immagini del discusso docufilm Trash - I rifiuti di New York

Andy Warhol, Mao (1974) - Collezione privata

Andy Warhol, Mao (1974) - Collezione privata

Così, dalla ripetitività euforizzante delle serigrafie seriali Campbell’s Soup Cans e 12 Marilyn Monroe, ormai icone tra le più amate dal pubblico che rovesciano il concetto di unicità dell’opera d’arte, si arriva alle riproduzioni dedicate alle favole di Hans Christian Andersen e al libro sui gatti Cats, cats, cats, due delle grandi passioni dell’artista.

 

Un universo di colori, immagini ripetute, stili e tecniche diverse miscelate tra loro per creare un’impronta nuova e inconfondibile nell’arte internazionale. Immediatamente riconoscibile a chiunque, il lavoro di Andy Warhol ha raggiunto l’obiettivo a cui molti artisti ambiscono: essere unico e indimenticabile. Uscendo dal caleidoscopio colorato delle oltre 70 serigrafie in mostra, si arriva in punta di piedi alle 24 ceramiche Rosenthal bianche dipinte in color oro, sofisticate e ironiche, tutte firmate da Warhol. Un ampio spazio, curato dal critico musicale Red Ronnie, è dedicato al rapporto tra il padre della Pop Art e il mondo della musica. Warhol fu infatti tra i primi a realizzare copertine artistiche per gli LP che nascevano in quegli anni. Tra le più conosciute, in mostra a Roma, ci sono la cover realizzata per Sticky Fingers dei Rolling Stones, e la banana “sbucciabile” dell’album The Velvet Underground & Nico del 1967, di cui fu anche produttore e che segnò un punto di svolta nella sua amicizia con il cantante Lou Reed

Michael Douglas, Yoko Ono, Andy Warhol, Jann Wenner and Unidentified Woman (1980 circa) Collezione privata

Michael Douglas, Yoko Ono, Andy Warhol, Jann Wenner and Unidentified Woman (1980 circa) - Collezione privata © 2019 Heritage Auctions

Due anni più tardi, Warhol fondò la rivista Interview, destinata a diventare una delle più richieste del settore, realizzando diverse copertine dedicate ai personaggi dello star system. Oggi i volti di Jack Nicholson, Salvador Dalí, Annie Lennox, Jacqueline Bisset e Anjelica Huston, tutti ritratti dall’artista, campeggiano nella sala del Museo della fanteria, per un totale di circa 20 copertine. Il maestro, tuttavia, non si è mai fermato alla superficie luccicante di New York. Ne amava anche i margini e le ombre, che trovano spazio in una serie di fotografie scattate nelle zone underground della città. Chiudono la rassegna i suoi lavori cinematografici: un video del film sperimentale Empire, muto e in bianco e nero, realizzato nel 1965, e il manifesto e le immagini promozionali del docufilm Trash - I rifiuti di New York del 1970, prodotto da Warhol e diretto da Paul Morrissey, che racconta senza censure le peripezie, le sfortune e gli espedienti di una coppia di tossicodipendenti nella Grande Mela.

Celebrità e senzatetto avevano lo stesso appeal per Warhol, che sapeva far diventare un’opera pop tutto ciò che toccava. Era in grado di calamitare gli sguardi e risvegliare la curiosità su qualsiasi soggetto o argomento, trasformando l’intera società contemporanea in un gioco. Sconcertante e beffardo, proprio come lui.

Andy Warhol, Cow (1971) - Collezione privata

Andy Warhol, Cow (1971) - Collezione privata

Articolo tratto da La Freccia di gennaio 2024