In cover, André Kertész, Fork (1928) © Estate of André Kertész Digital Image © 2021 Museum of Modern Art, New York

All’inizio degli anni ‘20 si manteneva a Parigi vendendo stampe a 25 franchi l’una. Qualche anno dopo acquista una Leica e le fotografie diventano le sue parole. André Kertész, uno dei grandi maestri del ‘900, ha lasciato immagini legate ai lati più semplici della vita quotidiana, trasformando oggetti di uso comune, come una forchetta appoggiata su un piatto, in una composizione intima e lirica.

 

Con la sua iconica Fork, del 1928, l’artista ungherese è tra i protagonisti presenti alla mostra Capolavori della fotografia moderna 1900-1940. La collezione Thomas Walther del Museum of Modern Art, New York, organizzata negli spazi di Camera, a Torino, dal 3 marzo al 26 giugno.

Intervista a Walter Guadagnini, direttore di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, a cura di Aldo Massimi

Con lui Edward Weston, Brassaï, Henri Cartier-Bresson, Max Busolo August Sander, Cami e Sasha Stone, solo per citarne alcuni. Le oltre 200 opere provenienti dal MoMa sono un pezzo di storia della fotografia che, da scoperta scientifica, dopo le prime sperimentazioni si è trasformata in un linguaggio espressivo capace di rivoluzionare il modo di narrare l’umanità.

Max Burchartz, Lotte (Eye) (1928) © Max Burchartz, by Siae 2021 © 2021 Max Burchartz / Artists Rights Society (ARS), New York / VG Bild-Kunst, Germany Digital Image © 2021 Museum of Modern Art, New York

L’ottava arte ha fermato uno scampolo del reale, su carta e chimicamente, rendendo la visione del mondo più oggettiva rispetto alla rappresentazione pittorica. E grazie alla sua poetica capacità di fissare il tempo, da fine ‘800 foraggia il grande archivio della memoria pubblica e privata. In mostra volti resi immortali, come Woman smoking dell’Atelier StoneLotte (Eye) di Max Burchartz, metropoli in bianco e nero, ombre trasformate in personaggi, esperimenti dadaisti.

 

La storia del mondo, le sue declinazioni estetiche, o i più svariati atteggiamenti antropologici sono stati strappati al tempo e nel tempo da scatti memorabili, grazie all’uso sempre più sapiente di contrasti di luce, allo studio delle prospettive ma anche a una molteplicità di sperimentazioni tecniche: collage, doppie esposizioni, fotomontaggi.

L’esibizione ospita anche opere di Berenice Abbott, Florence Henri, Irene Hoffmann, Lee Miller, Tina Modotti, Lucia Moholy, a sottolineare il ruolo centrale delle donne nella prima fotografia moderna. Quella torinese è l’ultima tappa europea per ammirare questi capolavori, dopo le mostre che si sono svolte in Francia e Svizzera grazie alla collaborazione fra Camera, la Galleria nazionale del Jeu de Paume di Parigi e il Masi di Lugano.

Articolo tratto da La Freccia

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