In apertura, Vincent Van Gogh, Autoritratto (1887) © Kröller-Müller Museum, Otterlo

Mostre come questa, dedicate a un artista tra i più amati e conosciuti in assoluto, sono atti di coraggio. Perché le aspettative dei visitatori possono essere molto alte. A rischiare, in senso buono, è Palazzo Bonaparte con la retrospettiva Van Gogh. Capolavori dal Kröller-Müller Museum. Il Frecciarossa è treno ufficiale dell'esposizione, dedicata al pittore alla vigilia dei 170 anni dalla sua nascita, aperta ai visitatori dall'8 ottobre al 26 marzo 2023.

L’edificio storico nel centro di Roma accoglie 50 opere del genio tormentato e incompreso dai suoi contemporanei, prestito eccezionale del museo olandese, che ha collaborato con Arthemisia alla realizzazione della mostra nella Capitale. Trenitalia, società capogruppo del Polo Passeggeri del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, è in prima linea nella promozione di attività culturali e di intrattenimento. A fianco di prestigiose istituzioni, il Gruppo FS - guidato dall’Ad Luigi Ferraris - conferma ancora una volta il proprio impegno a favore del mondo dell’arte e della cultura.

È previsto infatti uno sconto del 50% sul biglietto di ingresso alla retrospettiva per chi raggiungerà Roma a bordo delle Frecce (Frecciarossa o Frecciargento). Per usufruire della promozione è necessario che la data del viaggio sia antecedente al massimo di due giorni dalla visita all'esposizione.

Vincent Van Gogh, Pini al tramonto (1889)

Vincent Van Gogh, Pini al tramonto (1889) © Kröller-Müller Museum, Otterlo

La raccolta del Kröller-Müller, merito della cognata di Vincent, moglie del tanto amato fratello Theo, cominciò nel 1896. Un atto di lungimiranza che ha consentito di far arrivare fino ai nostri giorni opere che probabilmente sarebbero andate perse, considerato che l’artista aveva riscosso per le sue tele tutt’altro che successi.

Il percorso dell’esposizione è lineare, guidato dalla cronologia. A illustrarlo è Maria Teresa Benedetti, curatrice della mostra insieme a Francesca Villanti, che da moltissimi anni studia il pittore olandese con coinvolgimento. «Sono dipinti realizzati in un solo decennio, dal 1880 al 1890, perché negli anni precedenti Vincent si dedicava ad altre attività, come per esempio il catechista volontario tra i minatori. Iniziò a dipingere nell’80 e, fino all’85, rimase in Olanda. I soggetti scelti erano campi o luoghi all’aperto, resi con colori scuri ma pieni di segreta bellezza».

Vincent Van Gogh, Campo di grano sotto cielo nuvolo (1889)

Vincent Van Gogh, Campo di grano sotto cielo nuvolo (1889) © Kröller-Müller Museum, Otterlo

Dopo quel periodo si trasferì a Parigi, dove conobbe l’Impressionismo ormai maturo e i suoi autori. Della città francese, non proprio in sintonia con la sua personalità riservata e non mondana, amò le zone meno note, che preferì ai quartieri di spettacolo e vita notturna. Nel 1887 si spostò a sud: «Anche se sarebbe voluto andare in Giappone», continua la curatrice, «si accontentò di raggiungere il meridione francese, una zona più soleggiata e piena di luce. È il momento in cui si stabilì ad Arles».

Un ambiente più vicino alla sua sensibilità e ai suoi tormenti, dovuti a un disagio mentale sempre più crescente, che a volte culminò in attacchi di follia e lunghi ricoveri in case di cura psichiatriche. Ecco, quindi, che nel 1888 dipinse Il seminatore e, l’anno dopo, Il giardino dell’ospedale a Saint-Rémy. Trasmettono ancora i suoi tormenti capolavori come Burrone (1889) e Vecchio disperato (1890).

Vincent Van Gogh, Il seminatore (1888)

Vincent Van Gogh, Il seminatore (1888) © Kröller-Müller Museum, Otterlo

È di questo periodo anche Autoritratto, a fondo azzurro con tocchi verdi del 1887, da poter ammirare in mostra. L’immagine dell’artista si staglia di tre quarti, gli occhi mostrano un’insolita fierezza e si rivolgono a chi guarda. I rapidi colpi di pennello e i tratti di colore consegnano un’idea di sé tumultuosa, di una sgomentante complessità.

«Van Gogh era un visionario spiritualista», sottolinea Benedetti, «amava la terra sopra ogni cosa e guardava la natura con stupefatto amore. Scelse di vivere con le persone umili, gli agricoltori, le donne dei campi, i ben noti mangiatori di patate che amò ritrarre.  Per lui la quotidianità aveva un senso sacrale. La sua era una religione che valorizzava i poveri. Apprezzava di più il corpino rattoppato di una ragazza dei campi che l'abito di una signora, oppure di un contadino preferiva il vestito di fustagno alla bella giacca indossata solo per andare in chiesa».

Vincent Van Gogh, Donne che trasportano sacchi di carbone nella neve (1882)

Vincent Van Gogh, Donne che trasportano sacchi di carbone nella neve (1882) © Kröller-Müller Museum, Otterlo

Ma queste sue scelte – lui ne era anche consapevole – non lo portarono a essere molto amato e compreso in vita. Il fratello Theo, infatti, cercava invano di vendere i suoi quadri e lo manteneva con denaro che però lui spendeva per acquistare i colori o per ubriacarsi. Anche se non lo abbandonò mai, come testimoniano le famose lettere tra i due, un epistolario che agì da balsamo letterario in una vita difficile.

È tormentato, infatti, anche il periodo vissuto ad Arles, Saint-Rémy-de-Provence e Auvers-sur-Oise, dove la vita di Vincent si concluse il 29 luglio 1890, quando si sparò a soli 37 anni. La tragedia si poteva presagire già da un famoso episodio, legato al suo rapporto con Paul Gauguin, ospitato ad Arles. Van Gogh stabilì con il pittore un legame così stretto e morboso che lui decise di scappare via. Un gesto che Vincent non seppe accettare, a tal punto da tagliarsi un orecchio per disperazione.

Da quel momento la malattia mentale peggiorò, lui ne fu consapevole e decise per questo di isolarsi. Da qui, l’alternanza tra periodi di tristezza e momenti caratterizzati da una produzione artistica piena di colori, dai toni alti. Ignorata nel presente, compresa nel futuro.

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