In apertura una veduta di Venezia con la chiesa di San Zaccaria © Rh2010/Adobestock
Venetian Heritage è un’organizzazione internazionale non profit con sedi a Venezia e a New York. Nacque nel 1999 grazie a un gruppo di mecenati illuminati innamorati della città lagunare che, dopo aver visto i danni dell’alluvione del 1966, iniziarono a contribuire in modi diversi alla sua salvaguardia. Da allora sostiene iniziative culturali tramite restauri, mostre, pubblicazioni, conferenze, studi e ricerche al fine di preservare e far conoscere al mondo l’immenso patrimonio di arte veneta, in Italia e nei territori anticamente parte della Repubblica di Venezia.
Ne parliamo, in esclusiva, con il suo direttore, Toto Bergamo Rossi, già restauratore specializzato nella conservazione dei materiali lapidei.
Toto Bergamo Rossi - © Claudio Conti
Cosa le viene in mente quando pensa a Venezia?
Penso a una signora senza tempo, eterna, una gran dama che è stata bellissima, con un passato favoloso, e ha ancora molto da dire. Venezia è una donna.
In quali condizioni trova, oggi, la città dei dogi?
Come tutte le dame di una certa età, necessita di costanti cure e attenzioni, di essere protetta e non sfruttata.
Come ridurre l’impatto ambientale sulla Laguna pur mantenendone la vocazione turistica e la sua dimensione di museo a cielo aperto?
Venezia deve conservare un’identità urbana residenziale non legata soltanto al turismo di massa. Considerata la difficoltà di questi lunghi mesi d’arresto dovuti alla pandemia, e in prospettiva di un progressivo ritorno alla “normalità”, abbiamo il dovere di cogliere questa opportunità per ripensare la sua gestione. È necessaria una normativa organica di salvaguardia che detti finalmente regole stringenti per riconoscerne l’unicità rispetto a qualsiasi altro contesto urbano. Bisogna puntare a un turismo di qualità, attento, rispettoso della sua fragilità, accompagnato da una dimensione economica equilibrata e sostenibile, valorizzando la natura di centro culturale e di ricerca all’avanguardia e rendendo la città un’eccellenza e un punto di riferimento a livello internazionale. Così può attrarre risorse e recuperare, in definitiva, un ruolo degno della sua particolarità agli occhi del mondo. Spesso la definizione di città museo a cielo aperto o diffuso viene interpretata come qualcosa di negativo. Credo invece che, considerata l’eccezionalità e la peculiarità del centro e della sua laguna, Venezia meriterebbe di essere gestita proprio come una realtà museale, ma con i suoi abitanti.
La Tribuna del museo di Palazzo Grimani a Venezia, riallestita con le sue sculture dopo 430 anni © Matteo De Fina/Courtesy Venetian Heritage
Chi sono i vostri donatori? Quanto raccogliete ogni anno e con quali strategie di fundraising?
Grazie al sostegno dei nostri mecenati, filantropi, amanti dell’arte e grandi gruppi principalmente legati al mondo della moda, ogni anno raccogliamo circa 2,5 milioni di euro. Abbiamo un vero e proprio menù con proposte per diverse tipologie di restauro e intervento, tra le quali i nostri sostenitori possono scegliere e decidere quale progetto adottare. Inoltre, ogni due anni, in concomitanza con le vernici di Biennale Arte, organizziamo un grande evento di raccolta fondi dove, oltre alle donazioni che riceviamo da parte degli ospiti, battiamo all’asta alcune opere di artisti contemporanei, offerte dagli stessi per sostenere la nostra causa. Quest’anno il nostro partner sarà la maison Dior.
Quali sono i più importanti interventi che avete finanziato?
A Venezia abbiamo restaurato le facciate della chiesa dei Gesuiti e quella di San Zaccaria, grandioso esempio del primo Rinascimento, rinnovato l’allestimento permanente delle nuove sale del museo delle Gallerie dell’accademia e della mostra Domus Grimani, riqualificando l’omonimo palazzo. In corso c’è il restauro del pavimento musivo della basilica di San Marco e dello scalone monumentale di Mauro Codussi nella Scuola Grande San Giovanni Evangelista, inaugurato questo mese. All’estero, in Croazia, ci siamo occupati dei restauri della cattedrale di San Lorenzo a Traù (Trogir): la Cappella Orsini, il portale di Radovan e il battistero.
L'Adamo di Antonio Rizzo (1472) a Palazzo Ducale, dopo il restauro © Matteo De Fina/Courtesy Venentian Heritage
E i prossimi interventi sui quali intendete concentrare le forze?
Ci dedicheremo principalmente al restauro e al nuovo allestimento museale della Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro, seguendo l’esempio di quanto abbiamo fatto per Palazzo Grimani, ovvero un’operazione di valorizzazione e promozione di un museo statale esistente ma obsoleto.
Vi occupate anche di mostre e pubblicazioni: quali sono i nuovi progetti in questo ambito?
Il 22 aprile apre al pubblico, alla Ca'd'Oro, Da Donatello a Alessandro Vittoria 1450-1600. 150 anni di scultura nella Repubblica di Venezia, la mostra organizzata dalla Direzione regionale Musei Veneto con Venetian Heritage, e da me co-curata. È la prima esposizione dedicata alla scultura del Rinascimento a Venezia, con l’intento di promuovere quest’arte figurativa troppo spesso sottovalutata.
L’operazione è completamente finanziata dalla nostra organizzazione.
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Articolo tratto da La Freccia.
L’installazione è esposta all’ADI Design Museum, dal 7 al 13 aprile.
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