Autorevolezza e imparzialità

L’Ansa del XXI secolo raccontata dal direttore, Luigi Contu

Foto Claudio Onorati

01 agosto 2019

 

Scendo dalla piazza del Quirinale, lungo via della Dataria, per raggiungere in pochi passi lo storico palazzo dove ha sede l’Ansa, la prima agenzia di stampa italiana. Percorro insieme a Luigi Contu, che ne è direttore da nove anni, alcune severe stanze e corridoi affrescati dove – complice la prossimità al cuore della Repubblica Italiana – si respira un’aurea quasi sacrale. Quanto lo può essere la capacità di cogliere e raccontare i fatti nella loro oggettività, quale irrinunciabile presidio di libertà e democrazia. Una sacralità laica, mi siano concessi iperbole e ossimoro, che Contu, seduto in una poltrona del suo studio, ci aiuta a comprendere con un ricordo. «Quando sono stato assunto ero proprio qua e lì (indica la poltrona dietro la sua scrivania, ndr) c’era il professor Lepri, era il 1986. Mi disse una frase che non scorderò mai: “Caro Contu, io non le chiederò mai per chi vota, lei non me lo faccia capire da quello che scrive”. Ecco, questa frase è ancora oggi la stella polare del nostro modo di fare informazione: raccontare i grandi fatti con neutralità e imparzialità, perché non sta a noi esprimere opinioni o giudizi, dire chi ha torto o ragione».
Non è facile, perché anche nel modo di raccontare i fatti se ne può orientare l’interpretazione, come nello scegliere la notizia di apertura sul vostro portale ansa.it.
Il nostro sito lavora post agenzia, ossia riceve le notizie con gli stessi tempi di tutti gli abbonati e testate che pagano l’abbonamento. E le notizie escono quando i fatti accadono, mentre la scelta dell’apertura cerchiamo sempre di farla con oggettività. Oltretutto cambia spesso proprio perché siamo, da sempre, abituati a lavorare con un flusso continuo e con una mentalità digitale. Se andiamo a rileggere la prima notizia pubblicata dall’Ansa, il 15 gennaio 1945, ce ne rendiamo conto: cinque righe, più o meno un tweet, per annunciare il bombardamento degli alleati su Berlino. Mancavano solo gli hashtag.
L’Ansa nacque come cooperativa tra i giornali cartacei dell’epoca per aiutare la libera stampa a riprendere il lavoro e contenere i costi. Giusto?
Esattamente, dietro input del comando militare alleato e seguendo l’analogo modello americano dell’agenzia di stampa Associated Press (AP). L’Ansa è ancora una cooperativa e ha come soci tutti i gruppi editoriali. Negli anni è cresciuta fino a diventare la quinta agenzia del mondo e coprire il 90% del mercato di carta e digitale e il 100% dei grandi network televisivi. Tutte le radio e i siti sono abbonati e ricevono le nostre notizie.
Quindi anche ansa.it riceve le notizie dell’agenzia di stampa… ma senza pagarle e le elabora. Facendo delle scelte, come un’altra qualunque testata online.
Certo, le sceglie e le elabora. L’agenzia ha una newsroom che dipende dalla direzione e controlla tutto il traffico delle notizie e lo indirizza verso i vari canali. Il sito, che dipende dall’ufficio centrale, è un portale quasi unico nel panorama internazionale delle agenzie di stampa, scritto con i criteri del giornalismo di agenzia, dove non trovi opinioni ma fatti, cronaca e immagini. È vero, ogni tanto qualche politico si lamenta del titolo di apertura, ma le aperture si avvicendano in continuazione, fino a 20 o 30 al giorno. Poi certo, sul peso delle notizie una valutazione la fai sempre, però…
Però?
Le evidenze ci danno ragione: fonti autorevoli certificano la nostra imparzialità. Per tre anni di seguito il rapporto digitale della Fondazione Reuters, realizzato dall’Università di Oxford con un sondaggio rappresentativo dell’intera audience di notizie in tutti i paesi del mondo (Reuters Institute Digital News Report) ha decretato il portale ansa.it come il media digitale più attendibile del Paese.
Un legittimo motivo di orgoglio, no?
Sì, anche perché viviamo in un mondo di tifosi: nel giornalismo, nell’informazione, nella cultura e nell’economia è tutto uno straparlare. È un derby continuo di dati, su tutto c’è una contesa politica. Noi la riportiamo, ma senza attaccarci al treno delle polemiche. In alcuni casi questo può essere una debolezza visto che il giornalismo di opinione è forte e può essere anche autorevole.
Io la considero una virtù quasi sacrale, perché una debolezza?
Perché se cerchi conferme a una tua tesi non vieni da noi, ti indirizzi su altri media.
E perdi click...
Ma perderesti anche quella neutralità che è il nostro faro.
Quindi, senza essere faziosi né blandire l’internauta, come si guadagnano i click?Con l’autorevolezza, la professionalità, l’approfondimento. L’Ansa è il primo sito di riferimento per le grandi notizie, l’opinione pubblica ha capito che noi siamo la prima fonte per tutti e che, in genere, abbiamo le notizie certificate prima di tutti.
I numeri vi danno ragione, mi pare.
Siamo a 30 milioni di utenti unici al mese, abbiamo più di quattro milioni di follower sui social e questo ci ha consentito di essere competitivi anche nell’era dell’informazione digitale.
Tuttavia per rapidità i social vi hanno fatto perdere la centralità di un tempo...
Ma la recuperi certificando innanzitutto i contenuti, e poi con la capacità di fornire le informazioni necessarie per comprenderli. Ai miei chiedo di arrivare primi, perché siamo l’Ansa, abbiamo una presenza massiccia sul territorio in Italia e una rete importante all’estero: le fonti ci chiamano, si fidano, siamo i primi a scattare, sempre operativi. Ma non per questo abbiamo cambiato i nostri processi di verifica, non ci siamo fatti trascinare dalla gara imposta dai social di scrivere tutto e subito. Preferisco non avere una notizia o darla mezz’ora dopo, ma esatta e precisa. 

La redazione romana dell’Ansa © Ansa/Claudio Peri

Comunque il rapido tweet ante litteram del bombardamento di Berlino non basta più, offrite anche l’approfondimento…

Infatti il nostro lavoro è diventato molto più complesso. Oggi non ci limitiamo più a dare le top news, ma offriamo ai nostri abbonati una serie di elementi di conoscenza la cui ricerca richiede abilità e professionalità. Il video della nave da crociera che va a sbattere sulla banchina di Venezia è una testimonianza importante, diventata virale in poco tempo, un video emozionale, ma è più intrattenimento che informazione. Noi in due ore intorno alla vicenda abbiamo creato dieci contenuti di approfondimento, perché si comprendessero gli antefatti, le disposizioni sulla navigazione, i confronti in corso tra amministratori locali e Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. E non dimentichiamo la ricerca della notizia, l’inchiesta: grazie alla bravura dei nostri colleghi abbiamo svelato l’identità del terzo uomo presente alla cena del Metropol di Mosca (il riferimento è alla vicenda dei presunti finanziamenti russi alla Lega, esplosa a luglio, ndr). Uno scoop finito su tutti i siti, le tv e i giornali. Ogni giorno abbiamo notizie in esclusiva perché non ci accontentiamo dell’informazione ufficiale o da comunicato: andiamo nei posti, leggiamo i documenti, cerchiamo indiscrezioni.
È un lavoro che richiede giornalisti in gamba, quantunque la categoria sia bistrattata...
Eppure l’attendibilità e il valore dell’informazione passano proprio da qui, dalla nostra professionalità, e non soltanto dall’imparzialità, che pure è nel nostro Dna e nel nostro Statuto insieme a completezza e pluralismo, come dimostriamo cercando di dare sempre voce a tutti, ai piccoli partiti, alle associazioni. Per noi resta fondamentale la possibilità di formare i colleghi, di farli crescere e specializzare. Se siamo riusciti a dare in esclusiva una delle notizie più importanti da quando sono direttore, le dimissioni di papa Benedetto XVI, è perché una delle colleghe del pool di giornalisti vaticanisti che segue costantemente il Papa, conoscitrice del latino, è stata la prima e unica a tradurre l’intervento del Pontefice nel concistoro, e a comunicare la sua clamorosa decisione. Questo per dire che dietro le notizie ci sono investimenti, tempo, cultura, fatica e responsabilità. E aggiungo anche un’etica: rispetto delle persone, preparazione, consapevolezza delle regole deontologiche. Non ci sarà mai un algoritmo in grado di tenere insieme tutte queste qualità.
 Con questo patrimonio professionale e gli strumenti di cui dispone, l’Ansa può diventare una media company.
In effetti lo è già. Da un anno ogni sera abbiamo un gruppo di giornalisti che entrano direttamente nei sistemi editoriali di dieci testate locali, dall’Eco di Bergamo alla Provincia di Como, dall’Adige all’Arena di Verona, dal Centro alla Nuova Sardegna, fornendo chiavi in mano le pagine dedicate ai temi nazionali. Sul versante video possiamo crescere ancora, ma stiamo già facendo numeri importantissimi di streaming. Abbiamo avuto tutti i leader politici in diretta, a partire dal Presidente del Consiglio, con centinaia di migliaia di persone che ci hanno seguito. E poi, libri, mostre, eventi. Si deve innovare per resistere ai tempi della crisi.
Da raccogliere notizie e diffonderle siete passati a produrle. Una trasformazione genetica...
Comunque resta immutata la centralità dell’agenzia, perché per raccoglierle, le notizie, bisogna esserci, sul territorio nazionale e all’estero. Noi siamo gli unici in Italia ad avere redazioni in tutte le regioni e collaboratori nelle provincie. La Rai ha una rete simile, anche più grande, ma lavora per se stessa. Noi da Trento a Lampedusa abbiamo sempre persone che possono portare la notizia locale al circuito nazionale e internazionale, perché tradotta e letta dai corrispondenti della stampa estera in Italia. Così una news come quella del dipinto del 1100 ritrovato a Roma, diffusa da noi, finisce poi sui giornali di tutto il mondo.
All’estero quanti corrispondenti avete?
Tra redattori e collaboratori sono più di 50, e ci danno informazioni catturate con occhi italiani.
Che vuol dire?
Ci sono grandi agenzie internazionali con cui potersi abbonare, mettere tre persone in una stanza a leggere i lanci, tradurli e fare un notiziario. Ma oggi i marò ancora reclusi in India chi li seguirebbe? Nessuno. Chi potrebbe porre la necessaria sensibilità, se non un occhio italiano, alle vicen- 4 de che coinvolgono l’Eni, l’Alitalia o altre nostre aziende all’estero? Su queste non avremmo una riga, sono fatti che per AP o Reuters neanche esistono. Quando un’impresa italiana, un esponente del governo o magari un’artista vanno all’estero, l’Ansa è presente.
Insomma l’Ansa fa da sé.
Ma no, abbiamo accordi di collaborazione e scambio di contenuti con tantissime agenzie del mondo, dalle più grandi a quelle di Paesi più piccoli che ci consentono una copertura globale, continua. Insomma, qui a Roma gestiamo un immenso flusso di informazioni, provenienti dalle sedi regionali e dall’estero, le confezioniamo e veicoliamo, corredate da foto e video, nei mille rivoli di una domanda di informazione crescente, anche settoriale e specializzata. Le notizie che riguardano l’Italia nel mondo arrivano da noi, e arrivano anche in Cina dove grazie a una intesa con Xinhua i nostri contenuti sono letti da milioni di cinesi nella loro lingua.
Ad ascoltarti, il giornalismo non sembra affatto essere in crisi.
Non lo è: anzi, nell’epoca delle fake news e nella confusione di fonti in rete il giornalismo di qualità, attendibile e professionale avrà sempre più spazio per la tenuta della democrazia. L’opinione pubblica lo sta capendo. In crisi è il modello di business, messo in ginocchio dai grandi operatori del web che non pagano i contenuti. Ma questa è un’altra storia...