La Fava cottòra dell’Amerino e il Cicotto di Grutti (PG), ma anche la Roveja di Civita di Cascia (PG), la Fagiolina del Lago Trasimeno, il Mazzafegato e il Vin santo affumicato dell’alta valle del Tevere, il Sedano nero di Trevi (PG), il Fagiolo secondo del Piano di Orvieto (TR), la Ricotta salata e il Grano saraceno della Valnerina. Sono tutti presidi Slow Food dell’Umbria, terra verde di olivi secolari, vigneti e cucina genuina. Uno dei modi migliori per conoscerla è muoversi in bicicletta lungo un nuovo itinerario che abbina la scoperta del territorio alla degustazione delle sue specialità enogastronomiche. Il percorso a forma di otto, lungo un centinaio di chilometri, si chiama Transameria, ed è nato per valorizzare il tracciato della Via Amerina, antica strada ricca di storia tra il Tevere e i Monti Amerini, lungo l’asse che tocca Todi (PG), Avigliano Umbro, Montecastrilli, Amelia (TR). In epoca romana e medievale, questa via fu un’importante arteria di collegamento con Roma e prende nome da Ameria – oggi Amelia – la prima città umbra che si incontrava venendo dalla Città Eterna. La Transameria nasce dall’incontro tra Walter Ciucci, presidente dell’associazione di biker Uncover Umbria, e Federico Varazi di Slow Food Italia, con l’obiettivo di promuovere un turismo lento alla scoperta della tradizione storica, artistica e culinaria della regione. 

Amelia (TR)

Amelia (TR) © Pasquale Comegna, Archivio Slow Food

È il primo itinerario umbro targato Slow Food, un percorso ricco di natura e cultura con cui l’associazione propone un nuovo modo di viaggiare, fatto di incontri e scambi con agricoltori e ristoratori, per un’esperienza turistica di qualità. Il tracciato segue per circa la metà l’antica via ma insiste anche nella campagna circostante, per questo si consiglia di percorrerlo con bici da viaggio, gravel o mountain bike. Il cicloviaggio dei sapori si snoda pedalando da Amelia verso nord, tra borghi e castelli, attraverso la più estesa lecceta dell’Umbria. La leggenda narra che proprio tra queste colline un’aquila indicò alla popolazione il punto dove costruire Todi. Oltre al centro storico, la cittadina va visitata per il tempio di Santa Maria della Consolazione, attribuito al Bramante, e la Chiesa di San Fortunato, dove sono conservate le spoglie di Jacopone, uno dei più importanti poeti italiani del Medioevo.
 

L’itinerario si interseca con altri percorsi esistenti alla scoperta di prodotti tipici come le Fave cottòre, considerate più facili da cucinare e digerire rispetto alle altre: si tratta, infatti, di un ecotipo che si può cuocere senza essere decorticato. Vengono chiamate anche mezze fave, per le piccole dimensioni, e si seminano nei primi giorni di novembre in piccole buche scavate a intervalli regolari. La raccolta è a luglio, quando la pianta è completamente secca: i semi vengono selezionati a mano e poi conservati in vasi di vetro con l’aggiunta di spicchi d’aglio. Le Fave cottòre si possono mangiare condite con olio extravergine d’oliva, sale, pepe e cipolla fresca, ma anche ripassate in padella con pomodoro e cipolla o sulle bruschette, dove si stende la purea con un filo d’olio e un pizzico di sale. Ma il piatto più tradizionale è la striscia con le fave, in cui vengono lessate e condite con il grasso del maiale. 

Cartelli stradali per Collicello

Dopo aver gustato questa specialità, vale la pena visitare Amelia: il centro medievale, con la sua cinta muraria di epoca romana, la torre civica dodecagonale risalente all’anno Mille, il duomo del IX secolo e la cattedrale di Santa Fermina, patrona della città. Prima di rimettersi in sella, si può fare il pieno di energia con i fichi girotti, in cui i frutti vengono lasciati essiccare, tagliati, riempiti di cioccolato e canditi, oppure di mandorle o noci, e poi passati sotto una pressa artigianale fino a formare una sorta di mattonella dalla forma rotonda.

 

Si continua pedalando verso il Castello di Sismano ad Avigliano Umbro (TR), con le sue torri semicircolari risalenti all’XI secolo, per poi raggiungere la foresta Fossile di Dunarobba (TR), dove ammirare circa 50 tronchi di gigantesche conifere datate tra i tre e i due milioni di anni fa. Si passa per i borghi di Toscolano e Santa Restituta, l’insediamento preistorico della Grotta Bella – cavità sulle pendici calcaree del Monte L’Aiola – e Macchie, il paese delle carbonaie. Tutti questi territori lontani dal mare hanno una forte identità sociale e gastronomica. Qui la tavola è semplice e genuina, imbandita con ciò che la natura offre, come la palomba alla ghiotta, passata nella casseruola con vino, olive, salvia e un’alice, o il piccionaccio alla leccarda, cucinato in un mezzo cilindro di terracotta posizionato sotto lo spiedo per raccogliere il grasso che cola dalla cottura. Chi ama i gusti forti deve provare il Cicotto di Grutti, composto da orecchie, zampetti, stinco, lingua, trippa e altre interiora del maiale, cucinate nel forno a legna con un mix di rosmarino fresco, aglio rosso, pepe nero e finocchio. 

Fava cottòra dell’Amerino

Fava cottòra dell’Amerino

Nel percorso si incontrano anche cantine e luoghi di degustazione: le coltivazioni di viti si estendono infatti dalle pendici dei Monti Amerini fino alle colline di Todi, dove sono di casa due vitigni, il grechetto e il ciliegiolo. La traccia della Transameria passa di fronte al Relais Todini, a Collevalenza, dove si può fare una sosta nell’area dedicata o seguire le visite guidate con degustazione in cantina per assaggiare vini di elevata qualità. Si tratta di una residenza d’epoca in un castello del 1300, che affonda le sue radici architettoniche su antiche vestigia di epoca etrusco-romana. All’interno della riserva Todini si trova anche il Leo Wild Park, un’occasione per ammirare giraffe, zebre, fenicotteri e cammelli.