Foto in apertura © Gianni Alvito per la Fondazione Cammino Minerario di Santa Barbara

Un agosto arcaico a contatto con una terra antichissima e con i suoni viscerali del tango. L’occasione è data dalla XII edizione dell’ARTango&Jazz, festival sardo dedicato a questo genere musicale e in grado di abbracciarne le diverse sfumature, dalla tradizione argentina fino alle contaminazioni di stampo jazzistico. Sullo sfondo della manifestazione, organizzata dall’associazione Anton Stadler dal 24 al 29 agosto nei luoghi di maggior suggestione del Sulcis Iglesiente, nella zona sud-occidentale della Sardegna, si staglia il più lungo e suggestivo percorso a piedi dell’isola: il Cammino minerario di Santa Barbara. A far da scenario alla prestigiosa rassegna di tango ci sono, infatti, non solo il chiostro di San Francesco di Iglesias ma anche il nuraghe Seruci di Gonnesa, la tonnara Su Pranu di Portoscuso e la straordinaria grotta di Santa Barbara presso la miniera di San Giovanni. In questo sito unico al mondo per le caratteristiche geologiche e morfologiche, domenica 29 si esibisce con un omaggio per i 100 anni dalla nascita di Astor Piazzolla lo strepitoso Anna Tifu Tango Quartet: oltre ad Anna Tifu al violino, ci sono Fabio Furia al bandoneon, Romeo Scaccia al pianoforte e Giovanni Chiaramonte al contrabbasso. Vena popolare e atmosfere tanguere s’incontrano anche nella masterclass internazionale di bandoneon con giovani interpreti da tutto il mondo guidati dall’argentino Juan José Mosalini.

ARTango&jazz Festival 2020

ARTango&jazz Festival 2020, concerto finale della Masterclass internazionale di bandoneon al chiostro San Francesco di Iglesias

CAMMINARE SULLA STORIA

Nei giorni prima e dopo il festival, gli appassionati di tango possono approfittare dell’occasione per regalarsi un’avventura a piedi nel Sulcis Iglesiente, percorrendo interamente o in parte questo spettacolare tracciato che celebra «un territorio in transizione, dall’economia del duro lavoro sotto terra all’economia della bellezza», come racconta Giampiero Pinna, creatore del Cammino minerario di Santa Barbara, geologo e ancor prima minatore innamorato dei luoghi millenari dov’è cresciuto. Parole vibranti le sue: «Un popolo che ha vissuto per millenni sotto terra, facendo del buio della miniera il colore della sua sopravvivenza, ora che quella epopea si è conclusa ha scoperto di possedere un altro straordinario e inesauribile giacimento rappresentato da un paesaggio che incanta e stupisce i pellegrini». Qui, infatti, si tratta letteralmente di camminare sulla storia, «sulle rocce più antiche del continente europeo, in memoria del rapporto inscindibile dell’uomo con il sottosuolo e prendendo coscienza, passo dopo passo, di come proprio tali pietre abbiano determinato l’interesse di tanti popoli per questa terra, sin dal Neolitico antico». Risalgono infatti al 6000 a.C. le prime attività estrattive di materie prime documentate, che hanno portato a una crescita straordinaria, da un punto di vista artistico ma anche commerciale, della lavorazione dei metalli a partire dall’Età del rame. L’apice si raggiunge nel periodo nuragico, «espressione massima dell’antica civiltà di Sardegna, durata quasi un millennio», precisa Pinna. Un’epoca in cui si diffonde il commercio dei minerali metalliferi e dei loro prodotti con altri popoli mediterranei: i famosi bronzetti nuragici testimoniano le solide abilità metallurgiche diffuse nella zona. 

Faraglione del Pan di Zucchero , Iglesias

Faraglione del Pan di Zucchero , Iglesias

Un’attività proseguita a vicende alterne fino all’età moderna, con l’avvento dell’industria estrattiva che ha portato all’apertura delle grandi miniere di Monteponi, San Giovanni, Nebida, Masua, Ingurtosu, Montevecchio e dei loro imponenti impianti. Alla fine dell’800, la Sardegna arrivava a fornire all’Italia la maggior parte del fabbisogno di metalli e la quasi totalità dei minerali di piombo (98,7%) e di zinco (85%). Inoltre, la forte propulsione dell’attività estrattiva del carbone creò le condizioni per l’apertura della grande miniera di Serbariu e, alla fine degli anni ‘30, per la fondazione della città di Carbonia. La produzione registra una costante crescita fino a quando, verso la metà degli anni ‘50, comincia a farsi sentire la perdita di competitività dell’industria mineraria sarda nei confronti del mercato internazionale. La chiusura degli ultimi giacimenti sull’isola risale alla metà degli anni ‘90, dopodiché questo grande patrimonio di archeologia industriale progressivamente dismesso è stato abbandonato a se stesso. Compiere il Cammino minerario di Santa Barbara, dunque, significa ricucire ottomila anni di storia: «Ed è per questo che abbiamo fatto in modo di valorizzare il paesaggio naturale e al contempo quello industriale delle miniere con le tradizionali ferrovie su cui scorrevano i vagoncini spinti prima dai minatori e poi da muli o cavalli e, verso la fine dell’800, trainati da locomotori».

TRA CHIESE E MINIERE

Quest’avventura a piedi intreccia la visione di una natura arcaica segnata sia dalle recenti opere di ingegneria mineraria sia dalla presenza di antiche chiese consacrate al culto di Santa Barbara, la patrona universale dei minatori, come dichiarato da papa San Giovanni Paolo II nel 1985, durante la sua visita alla miniera di Monteponi. Il Cammino si sviluppa lungo un anello che parte e termina a Iglesias: 500 chilometri nel Sulcis Iglesiente-Guspinese costituiti da carrarecce e mulattiere costruite fin dal periodo fenicio- punico e romano per il trasporto dei minerali, da strade lastricate e ponti in pietra che permettevano ai Romani di raggiungere questi siti, da sentieri utilizzati dai minatori per raggiungere i cantieri, da piste armate con binari per il traino dei vagoni e da tracciati di ottocentesche ferrovie per il trasporto dei minerali dai luoghi di estrazione ai porti di imbarco. Strutture viarie che sono state individuate e mappate, recuperate dall’incuria del tempo anche grazie al supporto della vecchia cartografia e alle testimonianze dirette dei minatori, con la loro preziosa memoria storica. L’altitudine massima, nel sistema montuoso del Marganai, non supera i 900 metri e l’itinerario si compone di 30 tappe della lunghezza media di circa 16 chilometri ciascuna.

Cala Domestica, Buggerru-Iglesias

Cala Domestica, Buggerru-Iglesias

UN PERCORSO NATO DAL BASSO

L’idea di costruire un grande itinerario nell’area più estesa e rappresentativa del Parco Geominerario storico e ambientale della Sardegna, riscoprendo antichi cammini minerari in gran parte abbandonati, è nata dal basso in seguito all’appassionata partecipazione dei cittadini alle escursioni organizzate dall’associazione Pozzo Sella per il Parco Geominerario, impegnata a rendere fruibili i percorsi. Con questo itinerario si vuole tramandare la memoria degli uomini che nei secoli passati hanno realizzato gli antichi tracciati, con il piacere di riscoprire a passo lento la bellezza di un territorio tanto peculiare.

A seguito del successo del progetto, abbracciato coralmente dalla Regione Sardegna e dai 25 Comuni toccati dal percorso, in un autentico esempio di coesione istituzionale è nata la Fondazione Cammino minerario di Santa Barbara, presieduta da Pinna, che nel frattempo ha anche firmato la guida del Cammino, giunta alla seconda edizione per Terre di Mezzo Editore. E così queste antichissime vie, messe a sistema soltanto una decina di anni fa, hanno destato in breve l’interesse di migliaia di appassionati italiani e stranieri: basti pensare che, dopo il primo lockdown, in soli quattro mesi lo hanno percorso 700 persone documentate, per circa settemila pernottamenti, senza contare le tantissime altre che lo hanno attraversato a tratti, sprovvisti di credenziale (il documento ufficiale che attesta il passaggio dei camminatori). Interessante il fatto che il 60% dei pellegrini qui sia costituito da donne, forse perché è tra i pochi cammini dedicati a una grande figura spirituale femminile. E per quanti decideranno di intraprenderlo alla fine di agosto, ad accoglierli ci saranno anche le note dell’ARTango&Jazz Festival. Una buona occasione per coltivare l’antico adagio mens sana in corpore sano. Viscerale è la musica, così come l’emozione generata da questa terra di Sardegna.

Articolo tratto da La Freccia di agosto 2021