In apertura, vista sul golfo di Amalfi (SA) © Aleh Varanishcha/AdobeStock
Giallo come il sole, prezioso come tutti i superfood, versatile in cucina. Profumato, sempre fresco e internazionale. È questo l’identikit dell’agrume che nel ‘700, durante il Grand tour del giovane Johann Wolfgang Goethe, ha fatto guadagnare all’Italia l’epiteto di Paese dei limoni. La bellezza delle piante sempreverdi e spesso in fiore, sia in estate sia in inverno, impressionò lo scrittore tedesco che decise di celebrarla con il breve canto Conosci tu il Paese dove fioriscono i limoni?, contenuto nel romanzo di formazione scritto proprio di ritorno da quel viaggio.
Da qui prende spunto il titolo del libro Il Paese dei limoni. Storie, profumi e sapori del re degli agrumi italiani, scritto dalla giornalista Manuela Soressi e accompagnato dalle ricette della food blogger campana Ramona Pizzano. Una ricognizione nella tradizione, nella cultura e nella gastronomia legati a un prodotto tipico dei paesaggi italiani, specie quelli del sud. Nonostante ciò «ne compriamo pochissimi: poco più del 5% della frutta acquistata», spiega Soressi, e su 100 limoni venduti in Italia, 27 provengono da Spagna e Sud America. «Un dato quasi inspiegabile, considerato che questo frutto si trova fresco tutto l’anno a prezzi abbordabili, ha mille virtù salutistiche ed è molto versatile».
Trenta editore, pp. 140 € 18
Nel libro, vengono raccontate le sette varietà Igp italiane: il limone Costa d’Amalfi, l’Interdonato di Messina, quello di Siracusa, il Femminello del Gargano, il limone di Sorrento, quello di Rocca Imperiale e dell’Etna. Sette gioielli con caratteristiche distinte, distribuiti tra Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, dove l’agrume è simbolo di italianità e mediterraneità.
Un frutto arrivato nel X secolo proprio in Sicilia dall’Oriente, grazie agli arabi, e che con i crociati si è diffuso via via lungo la costa adriatica, per poi diventare oggetto di scambio ad Amalfi. Il Rinascimento ne suggella l’età d’oro, con l’aumento delle consumazioni. Piace persino al pittore Andrea Mantegna, che lo immortala come soggetto artistico nell’oculo della Camera degli sposi, al Palazzo Ducale di Mantova. Anche se, già molti secoli prima, erano stati riprodotti nei mosaici di Pompei. Nel 1493, con il secondo viaggio di Cristoforo Colombo, arrivano anche nel Nuovo mondo.
Il libro della Soressi disegna anche la mappa di un ideale itinerario storico-turistico che segue il profumo e il sapore di questi antichi agrumi. Da non perdere il sentiero lungo la costiera amalfitana che parte da Maiori (SA) e, attraverso un intricato percorso tra terrazzamenti di limoni a picco sul mare, si conclude alla Villa Marittima di Minori di epoca romana. Anche a Sorrento (NA) c’è un bellissimo Lemon tour che può concludersi con una visita ai celebri laboratori di limoncello o un picnic all’ombra degli agrumeti, protetti da tipici pergolati.
Alcune varietà di agrumi © This is Gargnano e Terre&Sapori
In Puglia, per conoscere il profumato Femminello, si può fare tappa nell’oasi Agrumaria compresa tra Vico del Gargano, Ischitella e Rodi Garganico, in provincia di Foggia. Qui gli agrumeti si fondono con gli ulivi secolari modellando un paesaggio rimasto immutato nel tempo. Vale di sicuro una visita Rocca Imperiale, vicino Cosenza, uno dei borghi più belli d’Italia e patria dell’Igp con maggior quantità di limonene, che lo chef Luigi Lepore di Lamezia Terme (CZ) impiega per la sua interpretazione di Struncatura, un piatto poverissimo della tradizione regionale realizzato con i residui di farina e crusca della molitura del grano. Lepore trasforma questa materia prima in un raviolo condito con aglio, prezzemolo, acciughe e mollica di pane e, per recuperare il retrogusto acidulo caratteristico dell’antica pasta fermentata, interviene proprio con il limone di Rocca Imperiale.
Dalla Calabria, si supera lo Stretto per arrivare a Messina, dove l’Interdonato porta il nome di un colonnello che nell’800 diede vita a una nuova varietà, dolce e gentile, perfetta per il tè e quindi molto amata dagli inglesi. Le terre dell’Etna e di Siracusa, invece, offrono limoni con caratteristiche diverse, tra cui il Verdello dell’Etna. In entrambe le zone, pur distanti tra loro, è possibile percorrere Le Vie della Zagara, un circuito di itinerari turistici che si snodano tra coltivazioni di arance e limoni siciliani, per favorire la conoscenza di questi agrumi, dalla coltura fino al loro uso in cucina.
In ogni caso, per dirla tutta, i limoni italici sono molti di più dei sette catalogati Igp. Impossibile non tener conto di quelli del Garda, arrivati in questa zona dalla Liguria a fine ‘200 grazie ai frati francescani che si stabilirono a Gargnano (BS). Non esiste al mondo una coltivazione di limoni più a nord di quella che si è sviluppata in questa zona. Le piante, che si sono adattate al clima della sponda bresciana, hanno dato vita ad architetture particolari come quelle della limonaia del Castèl, nella cittadina di Limone sul Garda.
Giardino all'italiana, con piante di limoni, della Villa Reale di Castello, Firenze © sansa55/AdobeStock
Il giro tra i frutti gialli continua poco fuori Firenze nella Villa Medicea di Castello, dove l’immenso giardino ospita piante in vasi di terracotta, protette d’inverno nell’antica serra. Giunte nel capoluogo toscano da Napoli con la dote della nobildonna spagnola Eleonora di Toledo, prima moglie di Cosimo I de’ Medici, suscitarono l’interesse del duca, che iniziò a collezionarle. Non a caso, sulla loro tavola non mancavano mai i limoni a fette, serviti cosparsi di zucchero.
Da segnalare anche il limone di Procida, annoverato tra i prodotti tipici della Campania, caratterizzato dall’abbondante presenza di albedo, la parte bianca e spugnosa, detta anche pane, che ammorbidisce l’acidità degli spicchi. Ciro Scamardella, originario flegreo e chef stellato del ristorante Pipero di Roma, per esaltare la sua terra ha messo a punto, in collaborazione con il compaesano Federico Guardascione, una pizza alternativa composta da scarola vellutata e cruda, burrata, carpaccio di baccalà e albedo dei limoni di Procida a smorzare il succulento boccone. Il piatto viene servito nel locale di Guardascione a Napoli, Il colmo del pizzaiolo.
Importante per le proprietà nutrizionali, versatile in cucina e base indispensabile in pasticceria, questo frutto prezioso è ben piazzato anche nell’industria cosmetica. Come nel caso dell’Acqua idratante limone Costa di Amalfi, della linea Profumi di Napoli, attenta alla promozione delle tipicità regionali. In Sicilia, invece, la startup Le Lumie realizza prodotti di bellezza con ingredienti naturali e procedimenti sostenibili da economia circolare. Infine, gli scarti di agrumi possono essere utilizzati per creare tessuti simili alla seta, come fanno la catena svedese H&M e la casa di moda Salvatore Ferragamo, prestigioso brand del made in Italy. Un frutto unico, insomma, di cui non si butta via nulla e su cui c’è tanto da imparare perché, spiega Soressi, «dietro i limoni italiani c’è un mondo di storie avvincenti».
Articolo tratto da La Freccia
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