In apertura, Assisi (PG) © zm_photo/AdobeStock
Il 4 ottobre si celebra San Francesco, patrono d’Italia. Proprio nella notte tra il 3 e il 4 del mese, nel 1226, il Poverello di Assisi abbandonò la vita terrena. È questo il periodo giusto, quindi, per scoprire la città in provincia di Perugia che fu il luogo fondamentale della sua esistenza.
Francesco, nato con il nome di Giovanni di Pietro Bernardone, ricevette il battesimo nella chiesa di Santa Maria Maggiore. Ma è nel santuario di San Damiano, fuori delle mura cittadine, che provò una forte esperienza interiore, inizio significativo della sua conversione, del tutto opposta alle aspirazioni di successo precedenti. È nota, infatti, la vita spensierata che conduceva da giovane, tra gli agi e il desiderio di diventare Cavaliere.
A San Damiano, Francesco si fermò a pregare davanti al Crocifisso e udì una voce che gli chiese di riparare la casa del Signore. Con questo richiamo si sentì pronto per nuove battaglie. E qui, tra sofferenze, notti insonni e grande rapimento mistico, compose anche il Cantico di Frate Sole. Sulla piazza del Vescovado, alla presenza del vescovo Guido I, rinunciò all’eredità restituendo al padre anche gli abiti che indossava. Visse allora in solitudine per due anni, rafforzandosi nella sequela di Cristo, fino a quando si unirono a lui alcuni uomini di Assisi.
Basilica superiore di San Francesco © mwalter32/AdobeStock
La loro prima dimora fu il Sacro tugurio a Rivotorto, ai piedi del monte Subasio, «dove a fatica potevano stare seduti o stesi per terra». Da lì, però, furono cacciati da un uomo che, giunto con il suo asino, reclamava il possesso del posto. In questo viaggio simbolico, poi, si arriva in alto per raggiungere l’Eremo delle carceri, immerso nella natura incontaminata: un luogo adatto alla contemplazione e al silenzio, perfetto per immergersi completamente nei misteri di Dio.
La basilica di Santa Maria degli Angeli, invece, è fissata nella memoria collettiva come il luogo dove avvenne il Perdono. Intorno al 1000, la zona era nota con il nome di Cerreto di Porziuncle, per via della presenza di una vasta zona boschiva. Nel XII secolo la cappella venne restaurata dal santo, che vi morì nel 1226: da allora, è identificata con la Porziuncola. Nel 1216, Francesco ricevette una visione nella quale Gesù gli comunicava che chiunque avesse visitato la chiesetta, debitamente confessato e comunicato, avrebbe ricevuto il perdono dei peccati. Papa Onorio III approvò tale indulgenza e fissò, per l’1 e il 2 agosto, la Festa del Perdono, che anche ai giorni nostri continua a richiamare un gran numero di fedeli.
Durante la Quaresima del 1211 Francesco fu colpito dalla febbre quartana, una varietà clinica della malaria, e per far fronte alla malattia mangiò carne. Quando si ristabilì di salute andò nella piazza di San Rufino, convocò tutta la cittadinanza e tenne una predica. Alla fine entrò in chiesa, si tolse la tonaca e si fece trascinare nudo con una corda al collo davanti alla gente, confessando di aver mangiato carne durante la sua malattia. Tutti scoppiarono in pianto e avvertirono anche loro l’urgenza di una conversione.
Chiostro della chiesa di San Damiano © serfeo/AdobeStock
Intanto, Francesco intuì l’aggravarsi del male e si fece riportare alla Porziuncola, dove dal grembo «l’anima preclara / mover si volle, tornando al suo regno, / e al suo corpo non volle altra bara» (Dante Alighieri, Divina Commedia, XI canto del Paradiso). E proprio nel momento della sua morte terrena vennero a far festa le allodole, che aveva tanto amato.
Fu sepolto provvisoriamente nella chiesa di San Giorgio e poi, nel 1230, le sue spoglie furono traslate nella nuova basilica di San Francesco, costruita in suo onore. Simbolo ancora oggi della città, ha il cuore pulsante nella cripta dove è posta la tomba del santo. In questo grandioso edificio, suddiviso in Superiore e Inferiore, tra le pietre e gli affreschi giotteschi, lo sguardo si perde e la mente inebriata dalla bellezza trova una dimensione più alta.
Chiara, seguace appassionata di Francesco, gli sopravvisse per 27 anni: per 42 dimorò a San Damiano, ma alla sua morte, nel 1253, le spoglie furono traslate nella chiesa di San Giorgio, fino a che non fu edificata la basilica intitolata al suo nome. Un’esistenza straordinaria, quella del Poverello di Assisi. Ripercorrere i luoghi nei quali per gran tempo egli ha vissuto vuol dire entrare in dialogo con lui. E comprendere che esiste una vera e propria geografia dello Spirito.
Articolo tratto da La Freccia
Un’opera di alta ingegneria a Minturno Scauri
13 settembre 2024