In cover, il monte della Verna con il santuario © szymanskim/AdobeStock
Non troppo lontano da Assisi, e molto vicino ad Arezzo, l'Appennino toscano protegge uno dei più importanti santuari francescani, La Verna, situato sul monte omonimo. Un territorio che Orlando Catani, conte di Chiusi in Casentino, donò al Santo e ai suoi fratelli: «È molto solitario e selvatico ed è troppo bene atto a chi volesse fare penitenza, in luogo rimosso dalla gente, o a chi desidera fare vita solitaria», si legge nell’edizione ottocentesca dei Fioretti di San Francesco.
Santuario della Verna (AR) © adistock/AdobeStock
Una descrizione che si sovrappone, in maniera quasi perfetta, a quella con cui il cardinale Gianfranco Ravasi racconta il luogo in cui Cristo fu messo in croce: «Un modesto picco roccioso fuori dalle mura di Gerusalemme, in aramaico Golgota, in latino Calvario, in italiano Cranio, forse per la sua forma o perché sede della condanna a morte per crocifissione».
Fa accapponare la pelle questa analogia di luoghi fra il monte della crocifissione di Cristo e quello dove Francesco riceve i segni della Passione. Lassù il Santo diventa l’alter Christus, ovvero l’uomo nuovo in cui si realizzala perfetta armonia e relazione tra la coscienza dell’essere creatura, del sentirsi finito, e la rivelazione dell’essere con il creatore.
San Francesco riceve le stimmate, una scena del ciclo di affreschi delle Storie di San Francesco, nella Basilica superiore di Assisi (PG) © Archivio fotografico Sacro Convento
I testi delle Fonti Francescane raccontano, nel dettaglio, il momento in cui il Santo di Assisi riceve le stimmate, senza tralasciare gli aspetti più brutali e cruenti dell’atto di inchiodare una persona viva a una croce. Nello stesso tempo, esaltano la poesia e la spiritualità di come Francesco sarebbe stato «trasformato tutto nel ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso».
Sembra di vedere la scena. «La figura di un serafino, con sei ali tanto luminose quanto infocate, discese dalle sublimità dei cieli: esso, con rapidissimo volo, giunse, tenendosi librato nella aria, vicino all'uomo di Dio, e allora apparve non soltanto alato, ma anche crocifisso. Aveva le mani e i piedi stesi e confitti sulla croce e le ali disposte, da una parte e dall'altra, in così meravigliosa maniera, che due ne drizzava sopra il capo, due le stendeva per volare e con le due rimanenti avvolgeva e velava tutto il corpo», come citano le trecentesche Fonti.
Vista dal basso del Santuario della Verna/Wikipedia
I religiosi che vi risiedono descrivono La Verna come «abitata, amata e custodita dai figli di frate Francesco, che nasce e affonda le sue radici in questo evento storico e misterioso». Da sempre il santuario tra i monti del Casentino è meta di francescani, pellegrini, semplici camminatori o escursionistiche, passando da questi posti, lasciano il proprio ricordo di devozione.
Oggi La Verna si articola in una serie di edifici che ricordano i singoli avvenimenti accaduti. Passeggiando nel verde in cui è immerso il convento ci si può imbattere in differenti luoghi di preghiera: la cappella degli uccelli, quella delle stimmate, la cappella del letto di San Francesco, la prima cella del Santo, e il masso di frate Lupo dove Francesco convertì un terribile bandito.
Il turismo che raggiunge questo «crudo sasso intra Tevero e Arno», per descriverlo con le parole di Dante Alighieri, non arriva sicuramente alle quantità di persone che affollano altri luoghi di culto ma sicuramente contribuisce a fare de La Verna un punto di riferimento per il Casentino, nel cui Parco nazionale è possibile compiere differenti tipi di escursioni. Mettendo i piedi sulle orme che ci ha lasciato Francesco, di cura e custodia del creato. Qualsiasi angolazione di veduta si voglia scegliere, il panorama è mozzafiato.
Estremamente suggestiva e affascinante è la vista dal basso della scogliera, detta delle stimmate, sulla cui cima sorge il santuario. Ogni giorno alle 15, una processione di frati esce dalla basilica e attraversa il corridoio delle stimmate, decorato da affreschi, fino alla cappella, memoriale dell’evento miracoloso. Il canto della liturgia zittisce il clamore dei pellegrini e dei turisti che ogni giorno salgono fino a questo luogo per goderne la bellezza. Probabilmente, questo è il momento più alto e solenne della giornata: la memoria del Santo più amato d’Italia.
Articolo tratto da La Freccia