In apertura la sala IX del Museo archeologico nazionale di Taranto courtesy Museo archeologico nazionale di Taranto - MarTA
«È una vera chicca! Pezzi unici e spiegati benissimo. Si spazia attraverso la cultura artistica della Magna Grecia. Merita assolutamente una visita». Ecco una recensione pescata in mezzo a quella valanga di apprezzamenti entusiastici dei visitatori lasciati sul web a proposito del MArTA, il Museo archeologico nazionale di Taranto. «Tornata dopo anni, molto bello il nuovo allestimento, ho percepito anche nel personale l’orgoglio di lavorare in un simile contesto», aggiunge un’altra utente su una nota piattaforma.
Perché, giustamente, non si danno i voti solo a hotel, b&b e ristoranti, ma anche ai musei. Ed è indubbio che il MArTA piaccia, fino al punto di essersi aggiudicato il premio Travellers’ Choice Best of the Best 2021 di TripAdvisor per le esperienze maggiormente richieste e apprezzate dai viaggiatori nei cinque continenti. Provare per credere. Tra i musei archeologici più importanti del mondo, quello tarantino è uno scrigno con decine di migliaia di tesori e testimonianze del passato che lasciano a bocca aperta: solo una piccola percentuale di questi sono esposti ed esplodono in tutta la loro bellezza perché le sale sono ben allestite e raccontate.
Orecchino a navicella in oro della seconda metà del IV secolo a.C. courtesy Museo archeologico nazionale di Taranto - MarTA
Al secondo piano, dove inizia il percorso espositivo, si viene già accolti da un peso massimo, la statua in bronzo di Zeus che scaglia la folgore (530 a.C. circa). Leggendo la didascalia e la puntuale descrizione sull’origine geografica del reperto, “Ugento (LE), via G. Mazzini angolo via Fabio Pittore”, risulta subito evidente una delle caratteristiche più preziose del MArTA: ci troviamo in un museo non di collezione ma di sito, nel quale le raccolte tessono la storia del territorio dal quale provengono, la città di Taranto e il suo hinterland, con alcuni dei più famosi capolavori della Magna Grecia.
E se il Cratere a volute protoitaliota a figure rosse (ultimi decenni del V secolo a.C.), attribuito al Pittore delle Carnee, raggiunge vertici di espressività e raffinatezza assoluti che ricordano le tele di Raffaello, il celebre Orecchino a navicella in oro (metà del IV secolo a.C.), invece, con la sua sfarzosa decorazione a filigrana, non avrebbe sfigurato né sarebbe apparso meno d’avanguardia a fianco delle creazioni del più grande orafo del Rinascimento, Benvenuto Cellini. Oltre un millennio dopo.
Il Nucifrangibulum (fine del IV secolo a.C.), sorprendente schiaccianoci in bronzo e oro a forma di avambracci femminili con le mani accostate, invece, ha una forma che sembra uscita direttamente dal catalogo dei capolavori realizzati nella prima metà del XX secolo da Gio Ponti per Richard Ginori; la terracotta policroma (II secolo a.C.) raffigurante la Menade distesa immersa nel sonno, dal canto suo, se la batte con le più pregevoli porcellane settecentesche di Sèvres, la celebre manifattura francese. Per non parlare del balsamario in vetro soffiato con le fattezze di una colomba (I secolo d.C.), un delicatissimo contenitore precursore delle attuali confezioni usa e getta, con la sua lunga coda da spezzare all’estremità per consentire la fuoriuscita di unguenti e oli profumati.
Balsamario in vetro a forma di colomba della prima metà del I secolo d.C. courtesy Museo archeologico nazionale di Taranto - MarTA
Se quel che ho visto al MArTA di Taranto fosse a Londra o a Parigi, sarebbero state scritte già pagine su pagine non solo sulle testate culturali. Anche perché il valore dell’istituzione museale pugliese va ben oltre i suoi meravigliosi reperti in sé per sé, in quanto contribuisce concretamente a costruire il presente e il futuro del suo territorio di riferimento.
A farne non solo un attrattore ma anche, e soprattutto, un potente attivatore di processi formativi e di cittadinanza attiva e consapevole della propria storia straordinaria, ci ha pensato Eva Degl’Innocenti, direttrice del museo dal 2015, che ha ben sintetizzato il tutto nel payoff Past for future. Dimostrando come sia possibile, anche nel pubblico, fare presto e bene.
Così, gli oltre 20mila anni di storia conservati nel museo tarantino condividono oggi lo spazio con un modernissimo laboratorio di artigianato digitale attrezzato con stampanti e scanner 3D, macchine a taglio laser, kit di robotica e aula didattica, che si occupa di archeologia, conservazione dei beni archeologici, merchandising museale e formazione in tecnologie a beneficio del territorio. Ma la lista dei progetti di dialogo e interazione con la contemporaneità è ancora molto lunga.
Eva Degl'Innocenti
A partire dalle mappe di comunità realizzate dagli studenti della città con il censimento del patrimonio naturalistico, culturale e antropologico locale grazie anche al coinvolgimento dei più anziani, fondamentali fonti orali pre-Ilva da cui partire per progettare un futuro più desiderabile da parte delle nuove generazioni. Fino al recupero delle memorie di comunità che hanno portato, letteralmente, i pescatori nel museo, coinvolgendoli nello studio e nella valorizzazione della cultura marinara e marittima, della sua biodiversità e dei suoi saperi, che dalla Magna Grecia approdano direttamente alla blue economy odierna (da non perdere, in questo ambito, la mostra Taras e i doni del mare in corso fino al 31 dicembre).
Per Eva Degl’Innocenti l’obiettivo e l’auspicio sono chiari, che il mare torni a essere un elemento identitario, affinché Taranto sia di nuovo una città di mare, non più solo sul mare. E le premesse fanno decisamente ben sperare. Perché nel lavoro quotidiano di co-progettazione del MArTA con università, enti di ricerca, associazioni, reti e distretti industriali urbani e del territorio, emerge la silenziosa rivoluzione di aziende e startup green, sostenibili e innovative. Tra imprese agricole d’eccellenza 4.0 e nuovi agricoltori, fino all’artigianato (a partire dall’oreficeria nella patria dei celebri ori), all’industria della moda, alle factory culturali e creative (come quella cinematografica) e a quelle dedite a una nuova idea di turismo, dove il viaggio diventa esperienza di cittadinanza e di vita.
«Sarebbe interessante pensare a un treno con un itinerario dedicato alla Magna Grecia, così come ad alcune rotte lungo questi luoghi, percorsi turistici-culturali da compiere a vela tra storia e archeologia, tra natura e paesaggi», aggiunge Degl’Innocenti, ennesima testimonianza di una strategica visione di “archeologia al futuro” che mi auguro di incontrare sempre più spesso nei musei italiani.
Articolo tratto da La Freccia
Un’opera di alta ingegneria a Minturno Scauri
13 settembre 2024