In foto piazza IV Novembre, Perugia © Marco Rubino/AdobeStock
Si lascia inseguire nell’aria come un profumo che pizzica il naso. Sfiora per un istante le papille e subito scivola via senza lasciarsi afferrare. Poi emerge all’improvviso, avvolgendo il palato come il cioccolato che fonde. Perugia ha un gusto tutto da indovinare, che miscela la giusta dose di bellezza con una gran quantità di storia e qualche ingrediente a sorpresa.
Non basta una vita, forse, per catturarne l’essenza. Ma di sicuro il 2023 è l’anno migliore per provarci. La città umbra è stata infatti selezionata da Lonely Planet tra le mete mondiali imperdibili nella categoria Sapori. Che non sono solo quelli tipici del tartufo o del cioccolato, ma abbracciano anche i piaceri dell’arte, con le celebrazioni per i 500 anni dalla morte del pittore Perugino, e della musica, in vista dei concerti estivi per il mezzo secolo di Umbria jazz.
La degustazione al buio di Perugia comincia dal sottosuolo, prendendo le scale mobili che da piazza Partigiani salgono verso il centro storico. Un passaggio in cui la luce si guadagna dal basso, piano piano, attraverso un labirinto sotterraneo di muri in pietra squarciati da volte a sesto acuto e tenuti insieme da pilastri fortificati.
Sono i resti di un quartiere medievale, sepolto alla metà del XVI secolo sotto la Rocca Paolina, fortezza simbolo del potere papale che fu a sua volta demolita pezzo a pezzo dai cittadini dopo l'annessione di Perugia al Regno d'Italia. Sulle sue macerie, nell’800 furono costruiti gli edifici che ora si affacciano sulla piazza e sui Giardini Carducci: dal neoclassico Palazzo Cesaroni, sede del Consiglio regionale, al Brufani, hotel di lusso e quartier generale del Festival del giornalismo, dal Palazzo della Provincia, con il suo porticato di transito, alla Banca d’Italia, che spicca sul lato occidentale.
Lo spazio urbano seminterrato, che sorregge ancora il mondo dei vivi con i suoi pilastri e il bastione inferiore, è una zona di transito ma anche un centro espositivo. Che dal 1984, tra mostre temporanee e negozi di souvenir, ospita anche il Grande nero di Alberto Burri, una scultura cinetica di oltre sette metri che ben si inserisce nell’angolo acuto di una volta.
Il Grande nero di Alberto Burri nella Rocca Paolina ©Rita Paltracca - Comune di Perugia, assessorato alla Cultura
Uscendo da questo luogo senza tempo, le lancette ricominciano a correre lungo le vetrine di corso Vannucci – il vero cognome del Perugino – che da piazza Italia porta al cuore antico della città. Tra boutique, hotel aperti di recente e osterie locali che propongono torta al testo e parmigiana di gobbi, spiccano il negozio della Perugina e lo store di Luisa Spagnoli. L’imprenditrice di moda è stata anche l’ideatrice del Bacio, il fondente simbolo degli innamorati che ha un posto d’onore a Eurochocolate, festival cittadino di richiamo internazionale ormai dagli anni ‘90.
Dopo una sosta nella pasticceria Sandri – è d’obbligo provare il torciglione, dolce secco a base di pasta di mandorle – si arriva in piazza IV Novembre, dominata dalla duecentesca Fontana maggiore, monumento simbolo della città. Sullo sfondo, la Cattedrale di San Lorenzo mostra la sua fiancata austera, ingentilita nella fascia bassa da una trama geometrica in marmo rosa e bianco mai portata a termine. Mentre la facciata, assai meno maestosa tranne che per il portale barocco, si apre lateralmente su piazza Danti. All’interno del Duomo sono conservati la Deposizione della croce di Federico Barocci e un anello in pietra dura che, secondo la tradizione, fu usato nelle nozze di Maria e Giuseppe. All’esterno, l’imponente scalinata con la statua bronzea di Giulio III è la meta preferita di studenti e studentesse che, soprattutto il giovedì sera, fanno la spola tra i locali lì accanto scambiandosi confidenze e calici di Sagrantino.
Sull’altro lato della piazza, il Palazzo dei Priori sovrasta la fontana con la sua pietra squadrata, decorata con due ordini di trifore gotiche che si ripetono in fuga sul lato più lungo. Qui ha sede fin dal Medioevo il governo cittadino e – unico caso di museo italiano in un palazzo pubblico – la Galleria nazionale dell'Umbria, scrigno di una collezione d’arte prevalentemente sacra che va dal XIII al XIX secolo. Riaperta a luglio 2022, dopo un anno di lavori che ne hanno rivoluzionato l’allestimento, stupisce già dall’ingresso con il Crocifisso del Maestro di San Francesco. Oltre agli affreschi di Benedetto Bonfigli nella cappella dei Priori e le Madonne di Duccio di Buoninsegna e Gentile da Fabriano, si possono ammirare i capolavori rinascimentali di Beato Angelico, Benozzo Gozzoli e Piero della Francesca (imperdibile il suo Polittico di Sant’Antonio).
Ma il museo conserva soprattutto la più vasta raccolta al mondo di opere del Perugino, radunate in due sale: una per i lavori della giovinezza e della prima maturità, l’altra con le prove più significative degli ultimi 20 anni di attività. Nella prima stanza colpisce l’Adorazione dei Magi dove, sul margine in alto a sinistra, si scorge l’autoritratto del pittore, all’epoca 25enne, con lo sguardo fiero, i capelli folti e una chiazza rossa sotto l’occhio. Un selfie ante litteram straordinariamente senza filtri che Perugino ripete un quarto di secolo dopo: su una tela nel Collegio del cambio, sempre a Palazzo dei priori, si ritrae con le occhiaie, il doppio mento e la stessa macchia sul volto, ormai estesa anche alla fronte.
Lasciando la Galleria – dove, dal 7 al 16 luglio, risuoneranno anche le note di Umbria jazz – si può sgranocchiare quel che manca della città perdendosi tra i vicoli che si diramano dal centro. Tra strade etrusche, volte medievali e ringhiere in ferro battuto si arriva alla scalinata dell'Acquedotto, una passerella di circa quattro chilometri che pare scavata tra le case.
Nella seconda metà del ‘200 qui l’acqua scorreva in salita, grazie a un condotto a pressione che riusciva a imprimerle un moto inverso. Ora gli studenti la percorrono in discesa per raggiungere più velocemente Palazzo Murena, sede storica dell'ateneo di Perugia dal 1810.
L’edificio, che in origine era un monastero dell'ordine olivetano, conserva un piccolo tesoro: un’antica libreria con le pareti coperte da una boiserie dipinta a tempera che accoglie migliaia di volumi rari. Uno dei tanti ingredienti segreti dentro al sapore di Perugia. Che rimane ancora lì, in punta di labbra.
Via dell’Acquedotto - Art Media Factory/AdobeStock
L’ANNO DEL PERUGINO
Nel quinto centenario della sua morte, il “meglio maestro d’Italia” – come lo definì il banchiere Agostino Chigi nel 1500 – viene celebrato con una grande mostra in programma dal 4 marzo alla Galleria nazionale dell’Umbria, a cura di Marco Pierini e Veruska Picchiarelli. In esposizione oltre 70 opere, tutte antecedenti al 1504, anno in cui il pittore raggiunse il punto più alto della sua carriera.
Tra i prestiti d’eccezione le tre tavole già in San Giusto alle Mura, oggi agli Uffizi di Firenze, lo Sposalizio della Vergine dipinta per la cappella del Santo Anello del Duomo a Perugia, confiscato durante le spoliazioni napoleoniche e oggi nel Musée des Beaux-Arts di Caen, in Francia, il Trittico Galitzin, ora alla National Gallery di Washington e il Polittico della Certosa di Pavia, per gran parte alla National Gallery di Londra ed eccezionalmente ricomposto per l’occasione.
Articolo tratto da La Freccia di gennaio 2023