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L’architetto veneziano Tobia Scarpa considera la distanza una grande maestra. Dice che insegna tutto e i suoi effetti sono simili a quelli della luce. Una distanza, dunque, illumina. Forse perché rende più evidente chi siamo, cosa abbiamo e cosa ci manca. Una distanza tra due luoghi è fisica ma soprattutto immaginifica. È fatta da due modi di essere, due modi diversi di vivere, parlare, mangiare, credere, appassionarsi. Il tragitto da un punto all’altro non è solo un viaggio misurabile in chilometri e in un tempo di percorrenza, ma un passaggio tra due stili di vita di cui teniamo traccia attraverso le immagini di un film, il testo e le note di una canzone, le pagine di un libro: tutto quello che contribuisce a creare la nostra idea di un luogo, compresi gli stereotipi e i cliché che lo riguardano.
Cosa ci unisce e cosa ci separa dal nostro vicino? Chora Media, podcast company italiana, ha realizzato per Ferrovie dello Stato una serie chiamata Testa a Testa, incentrata sui contrasti urbani che si consumano e che sfumano a bordo dell’Alta Velocità. Sono alcune delle più grandi rivalità europee, raccontate dalla voce del giornalista Pier Luigi Pardo. Ne abbiamo una in casa nostra, in Italia, tra Milano e Roma, un mucchio di discordanze raccolte lungo 600 km, in uno dei Paesi più verticali d’Europa. Roma è la città più raccontata dal cinema italiano, anzi dove il cinema stesso si sente a casa. È la città della Dolce Vita di Federico Fellini e delle Vacanze di Audrey Hepburn in Vespa con Gregory Peck. Milano, invece, sullo schermo ha visto volare nel proprio cielo le scope del Miracolo di Vittorio De Sica, ispirando Steven Spielberg e il suo E.T. l’extra-terrestre in bicicletta tra le nuvole, con il chiarore della luna sullo sfondo.
Il podcast che le riguarda racconta allora storie di brevetti e di innovazioni, di quartieri e di aree urbane recuperate grazie all’Expo e al Giubileo, racconta di papi e di scudetti, di Olimpiadi negate o attese, di tutto il mondo che separa il Cenacolo di Leonardo dalla Pietà di Michelangelo. La voce di Pardo ci ricorda il treno dei desideri cantato in Azzurro dal milanese Adriano Celentano e quello della Donna cannone di Francesco De Gregori, che «senza passare per la stazione, lo prenderà». Ma forse, dice Pardo, «aveva capito tutto Totò che, alla ricerca della malafemmena, aveva eliminato la distanza e aveva fuso le due città in una sua visione personale e stralunata». Succede quando nel film arriva in hotel e dice: «Adesso che stiamo a Milano, vogliamo andare a vedere finalmente questo famoso Colosseo?».
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Una delle rivalità più politiche che esistano in Europa, invece, vive tra Barcellona e Madrid. La stagione del franchismo ha lasciato segni sulla relazione tra il centralismo della capitale e le ambizioni di autonomia e indipendentismo della Catalogna. I segni di questa contrapposizione sono esposti e diffusi. Nell’arte, nell’architettura, nella lingua parlata. È diventata pop e accessibile alle masse attraverso il calcio, con diffidenze e accuse reciproche. Alba Flores, l’attrice che interpreta il ruolo di Nairobi nella Casa di carta, attribuisce il successo della serie Netflix proprio al fatto che il prodotto più esportato dalla Spagna abbia alla base una rivalità. Come quella tra la banda del professore e la polizia. La voce di Pardo ci offre un’ulteriore sfumatura, raccontando l’aneddoto dell’unica volta in cui si sono incontrati in vita loro i due scrittori simbolo dei due poli, il catalano Manuel Vázquez Montalbán e il madrileno Javier Marías, a bordo di uno stesso taxi, in viaggio verso un festival, uniti e divisi al tempo stesso da una sola cosa, il pallone, e non la letteratura, in un non-dialogo che tennero sul Real Madrid e Barcellona.
Un’altra rivalità, quella tra Parigi e Lione, è costruita invece intorno all’opposizione di luce e buio, giorno e notte. La prima ha costruito tutto il suo immaginario sul fascino delle tenebre, la seconda vive i propri momenti chiave quando esce al chiarore. È il caso dei fratelli Lumière, Auguste e Louis, partiti da Lione per inventare il cinema. Ripresero sotto il sole un gruppo di operaie all’uscita dalla fabbrica di Montplaisir, alla periferia della città. Ma fu al buio di una sala di Parigi che vennero proiettate le loro prime immagini. E fu il parigino Georges Méliès a scrivere la prima storia da sogno, una fantasia, il Viaggio nella luna. Chi dobbiamo ringraziare, allora, per il dono del cinema: Parigi o Lione? La voce di Pardo ci racconterà che in effetti succede spesso: «Lione inventa, Parigi accoglie, rivisita, esalta». E non vale solo per il cinema. È successo anche con i Bateau-Mouche, i battelli fluviali considerati un’icona di Parigi che in realtà sono nati a Lione. Oppure quando immaginiamo il cielo di Parigi pensando al Piccolo principe. Solo che il suo autore, Antoine de Saint-Exupéry, era di Lione. Sono gli scherzi che fa la distanza.
Una distanza si mantiene per sicurezza sulla strada quando siamo alla guida di un’auto. Oppure diventa debita – come si dice – e si tiene se non vogliamo concedere un’eccessiva confidenza. Al plurale, invece, le distanze si prendono, lo fanno specialmente le conduttrici e i conduttori tv, quando una posizione espressa nei loro programmi non gli appartiene. Tutti stiamo uscendo da anni nei quali la distanza è stata poi una forma di difesa della nostra salute e della nostra vita. Nello sport la distanza si accorcia con un gol o con un canestro, oppure si viene fuori alla distanza in una corsa, che sia a piedi o in bicicletta. In Testa a Testa la distanza è anche molto altro. È una scoperta, un’immersione nelle dissonanze tra un noi e un loro. Ricordando, come ha detto una volta Sigmund Freud, che una rivalità non è necessariamente un’ostilità.
Articolo tratto da La Freccia
Un’opera di alta ingegneria a Minturno Scauri
13 settembre 2024