Sono più di 40 anni che vivo in tutto il mondo: New York, Washington, Mosca, Gerusalemme e Londra, le mie sedi come corrispondente estero di un grande giornale, a cui aggiungere i viaggi di lavoro che mi hanno portato dalle isole Fiji a Pechino, dal canale di Panama a Tokyo, dall’Islanda a Kabul. Ma in tutto questo tempo c’è stata per me una costante: le vacanze in Romagna. Ci ho trascorso le prime 20 estati della mia vita, perché da giovane la via Emilia, in quanto bolognese, era un piano inclinato che al termine dell’anno scolastico conduceva dolcemente verso la riviera adriatica. In seguito, ci ho portato mio figlio per le 20 venti estati della sua vita, per dare un baricentro italiano all’identità di un bambino e adolescente globale.
Ci torno ancora regolarmente ogni mese di agosto per presentare i miei libri lungo i 100 chilometri di costa che vanno da Marina di Ravenna a Cattolica, in provincia di Rimini, inglobando anche il monte di Gabicce, che geograficamente appartiene alle Marche ma ha un’anima romagnola (non per nulla i suoi abitanti sono ribattezzati “marca-gnoli”), sottolineata dalla presenza della piadina in tavola. La piada diminuisce di spessore a mano a mano che si percorre la Romagna da nord a sud, ma la sostanza rimane la stessa. È una metafora degli abitanti di questa regione, le cui caratteristiche variano: un ravennate è diverso da un riminese, così come un romagnolo di mare da uno di campagna e uno di pianura da uno di montagna, ma lo spirito li accomuna tutti.
Formalmente la Romagna non è una regione, bensì una parte dell’Emilia-Romagna, con cui ha aspetti simili ma anche differenze. Un luogo comune afferma che se chiedi da bere in Emilia ti offrono un bicchier d’acqua, se lo chiedi in Romagna te ne offrono uno di vino: uno stereotipo ma con un fondo di verità. Di certo è un pezzo d’Italia originale e riconoscibile: nelle sue pensioni a gestione familiare sono cominciate le vacanze di massa durante il boom economico del dopoguerra, le discoteche degli anni 80-90 le hanno dato fama di divertimentificio, i film di Federico Fellini, da I vitelloni ad Amarcord, ne hanno trasmesso il fascino a livello internazionale. Personalmente, ci ho sempre ritrovato qualcosa dei Paesi in cui mi ero stabilito.
La statale Adriatica, che separa la Romagna contadina da quella marinara, è come una freeway della California, costellata di parchi divertimento, da Mirabilandia a Fiabilandia, di shopping center, disco bar, night club, aquapark: una strada dal panorama americano. L’aeroporto di Rimini vedeva arrivare sui voli charter un milione di russi all’anno, attirati dagli outlet ancora più che dal sole: scommetterei che non sono entusiasti di Vladimir Putin, adesso che a causa dell’invasione in Ucraina non possono più venire.
La soffice sabbia delle spiagge mi ricorda quella di Tel Aviv. Il porto canale che attraversa le sue località, da Cervia a Cesenatico, da Bellaria a Riccione, dà a questi luoghi l’autenticità dei porticcioli della Cornovaglia inglese. In Romagna, insomma, c’è tutto. E se dovessi riassumere in una frase la sua magia, parafraserei il motto del Gattopardo, capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa: un posto dove tutto cambia, affinché nulla cambi. Mantenendo immutati l’allegria, la simpatia e l’intraprendenza che lo distinguono da sempre.
Articolo tratto da La Freccia
Un’opera di alta ingegneria a Minturno Scauri
13 settembre 2024