Un estratto della copertina del libro Alla linea

Da quando si è trasferito in Bretagna per amore, Joseph Ponthus non è più riuscito a trovarelavoro nel suo settore. Un modo per campare deve pur trovarlo, però, così si iscrive a un’agenzia interinale che lo indirizza verso una fabbrica del settore agroalimentare. Da un giorno all’altro, lui che a Parigi faceva l’educatore si ritrova in fabbrica a sgusciare gamberetti e maneggiare bastoncini di pesce e poi a spingere carcasse al mattatoio per molte ore al giorno, in un ritmo che non lascia scampo.

Alla linea libro

Operaio durante il lavoro © 1st footage/AdobeStock

Anzi, forse un po’ di scampo ne lascia, perché se è vero che la linea della catena di montaggio richiede attenzione, velocità e prestazione incessanti, riducendo la vita fuori ad agognate parentesi d’amore, è proprio durante le brevi pause tra un carico di merluzzi e l’altro che il tempo pare in qualche modo dilatarsi, concedendo spazio per la riflessione. Così, quando torna a casa dopo il turno, Ponthus ruba minuti e ore preziose di sonno per appuntare le sue giornate, restituire in letteratura ciò che sarebbe impossibile descrivere a parole. Come potrebbe infatti, se non con la scrittura, spiegare la ripetitività oscena di scolare il tofu per ore o il tempo passato a

scrostare il sangue delle mucche dal pavimento del macello?

Joseph Ponthus libro Alla linea

La copertina del libro di Joseph Ponthus

Il risultato è Alla linea, il suo libro d’esordio redatto in versi liberi e senza punteggiatura, uscito in Francia nel 2020 e ripubblicato in Italia da Bompiani alla fine del 2022. La scrittura ricalca l’andatura della fabbrica, che non è martellante ma anzi scorre dolce, una catena in cui ogni elemento è inanellato al successivo. L’autore cita Marcel Proust, legge Alexandre Dumas, ascolta Charles Trenet ma non indossa le vesti dell’intellettuale che giudica e denuncia. Anzi, è profondo il senso di solidarietà con i suoi colleghi, a cui è legato dalla stanchezza intraducibile che sopraggiunge alla fine del turno. Che siano aragoste o mucche, si tratta in fondo di maneggiare la morte per tutto il giorno, strappare, sezionare e sgusciare corpi che un tempo erano vivi. La letteratura compie il percorso inverso: ricompone ciò che prima era in pezzi, restituisce la vita.

Joseph Ponthus libro Alla linea

Operatori agroalimentari © AdobeStock

La fabbrica è così totalizzante che consente di concentrarsi solo su ciò che è tangibile. Cessano in maniera inaspettata, quindi, le ansie e i dolori che accompagnavano il protagonista nella vita di prima. Niente più attacchi di panico, niente timori. Resta solo la fatica, il lavoro che continua tra gli spostamenti da uno stabilimento all’altro, il cambio degli orari, l’incertezza continua, la speranza che l’industria finisca ma anche il sospetto che possa trattarsi dell’unico lavoro possibile. Per Ponthus il destino è stato diverso: Alla linea ha vinto numerosi premi e ottenuto un incredibile successo di critica e pubblico, di cui purtroppo l’autore non ha potuto godere appieno. È morto infatti nel febbraio del 2021, lasciando in eredità questo romanzo magnifico che si legge d’un fiato.

 

Articolo tratto da La Freccia