In cover, Luxemburg, Torino © Daniele Ratti

Roma, quartiere Trieste-Salario, tra due palazzi di fine anni ‘40 in viale Somalia costeggio decine di citazioni letterarie incise su legno e giungo alla porta della Eli, che si apre come fosse l’abitazione di ogni visitatore. «La tua libreria è il tuo ritratto», diceva lo scrittore britannico George Holbrook Jackson, e ciò vale in particolare qui. Ultima impresa di Marcello Ciccaglioni, insuperato libraio indipendente che, con le sue Arion, ha dominato per tre decadi la scena commerciale romana, la Eli nasce dal desiderio di ospitare lettori e affini in un luogo differente, dove ogni volume sta nel suo scaffale a indicarci una strada nuova. Un altro viaggio.

Eli, Roma

È da qui che inizio il mio, dove i libri sono disposti come in una biblioteca, «la mia porta per l’altrove», come Jeanette Winterson amava definire la sua, a Manchester. Ciccaglioni mi racconta che la sua storia di libraio è incominciata da ragazzino, in un chiosco adiacente la stazione Termini, quando ancora i lettori si sporgevano in cerca di rarità. Un’altra epoca.

Ai tempi d’oggi, per vincerla, servono volontà creative: «Volevo inventare un luogo dove i clienti si sentissero in un’altra parte del mondo, dove le pagine si muovessero», mi confessa. E infatti i clienti di Eli si abbandonano alla sensazione di essere, loro stessi, nei libri. «Desideravo uno spazio dove i clienti trovassero ciò che non stavano cercando». La bella attitudine che gli inglesi chiamano serendipity. E poi un luogo dove i curiosi della cultura tornassero a incontrarsi, alle presentazioni, ai concerti, ai dibattiti, ai mercatini, ai corsi di arti e di lettere. Come invitati a una festa di emozioni. Tonia e Diego sono le due forti spalle di Marcello, da cui hanno appreso che questo lavoro è uno stile di vita e che i libri penseranno per loro.

Rinascita, Ascoli Piceno

Trovo una vecchia edizione delle Novelle pirandelliane. La prendo, vorrei gustarmene una, Il treno ha fischiato, mentre viaggiando transito da San Benedetto del Tronto (AP). Voglio leggere di un viaggiatore immaginario. «Seguitava ancora a parlare di quel treno. Ne imitava il fischio, come lontano, nella notte. E subito dopo aggiungeva: “Si parte, signori! Per dove? Per dove?”». Il signor Belluca non lo sapeva, io sì, io stavo andando ad Ascoli Piceno, la Stupenda, che allo scrittore André Gide ricordava le più belle cittadine della Provenza e dal cui travertino grigio e caldo Guido Piovene, giornalista e scrittore, vedeva fiori, fogliami e stelle.

Alla Rinascita, Giorgio Pignotti mi accoglie dopo qualche anno con lo stesso sorriso. Siamo in piazza Roma, in pieno centro; è qui il Palazzetto della Comunicazione dove da 20 anni la libreria ha trovato dimora. Nata nel 1976 in uno spazio di appena 100 metri quadrati, oggi è in un edificio storico della città, un tempo sede di un bachificio. Anche questa è letteratura: negli anni ’30 il motore dell’economia ascolana era la seta e la clientela ne acquistava da tutto il mondo, sin dal Giappone. Ciò era dovuto al fatto che venivano selezionate alcune razze particolarmente preziose di bachi, come il “giallo Ascoli” ancor oggi usato dalla famiglia imperiale.

Con i suoi 800 metri quadrati magistralmente suddivisi tra scaffalature, aree di esposizione, zona per bambini, sale di incontri, caffetteria e uffici, Rinascita è stata inserita tra le 25 librerie più belle del mondo dalla European and International Booksellers Federation. Un riconoscimento che premia l’eccezionale impegno di Pignotti e del suo staff e che rivela il loro amore verso Ascoli Piceno. «Quello librario è un commercio a handicap, che non promette sopravvivenza a meno che non divenga una sorta di presidio territoriale, culturale e civile», afferma.

Con me ho quattro olive ascolane e un libro di Albert Camus che mi fa piangere dall’emozione. La Caduta è il suo titolo, il viaggiatore stavolta è vero e si racconta nello scompartimento di un treno. Lo ascolterò fino alla stazione torinese di Porta Nuova, dopo di che percorrerò via Lagrange fino alla Luxemburg, dove mi attende Gigi Raiola. Ci accomodiamo al piano e Gigi va subito indietro di un secolo e mezzo, a quando Francesco Casanova apriva una filiale della libreria genovese Le Beuf. Per intraprendenza e fiuto letterario sorpasserà presto la casa madre.

 

Da quel 1872 in poi si susseguono autori e libri che segneranno la storia italiana, saranno illusioni e orrori, il fascismo, due guerre, un’occupazione e infine la libertà, che in quell’angolo di piazza Carignano si respirerà cultura ancor di più allorché, nel 1974, Angelo Pezzana rileva il negozio e lo intitola Luxemburg. «Angelo era un radicale puro», racconta Gigi, «un libertario ante litteram, un intellettuale che poteva rapportarsi a editori internazionali di grande prestigio. Ma non basta: affrontò temi che all’epoca erano tabù. Pochi anni prima aveva fondato l’associazione Fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano, infine si sentiva prossimo alla cultura e alla spiritualità ebraiche».

Pezzana, un pacifico discordante. Anche grazie a lui Torino provò a diventare una città complessa, a mettersi dietro il rigore accademico, la vita industriale e operaia del romanzo sociale del ’71 Vogliamo tutto, la minoranza silenziosa e i mutismi di una imprenditoria un po’ facile e un po’ statale. Divenne meno borghese e preferì gli allievi ai maestri, i colori delle copertine ai completi grigi. E prese ad amare questa libreria splendida dove i giovani si sentivano liberi di sfogliare un’opera prima e di acquistarla, e dove gli stranieri potevano leggere le loro riviste migliori. Luxemburg è ancora quella stessa libreria di un presente che implica un domani e di una tradizione sempre nuova. È tardi, saluto Gigi e, in forma di omaggio, compro una raccolta di storielle ebraiche curate da Angelo Pezzana. Venti minuti dopo sono in treno per Milano. Non so più se sto leggendo o viaggiando, né se vi sia una qualche differenza.

Articolo tratto da La Freccia

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