In apertura: Gesù Nazareno, processione della Settimana Santa a Caltanissetta ©Danilo Riccobene
La Pasqua testimonia la resurrezione, la ripresa della vita, l’energia che rinasce. Il passare oltre, come dice la stessa parola di derivazione ebraica: Pesach. È la principale solennità del cristianesimo ma è diventata nel tempo anche un momento di festa, un’occasione per ritrovarsi, magari in viaggio verso una delle località più suggestive della penisola.
La Settimana Santa è costellata di circa tremila rappresentazioni in costume che animano l’Italia: riti, tradizioni popolari, feste, antiche processioni e rievocazioni storiche dal forte impatto emotivo.
PROCESSIONI DI SICILIA
A Trapani, la Processione dei Misteri è tra le più conosciute e scenografiche. Di origine spagnola, questa ricostruzione della Via Crucis segue un cerimoniale rigoroso che risale ai primi anni del XVII secolo. Il venerdì Santo (quest’anno il 15 aprile) 20 gruppi di fedeli incappucciati sfilano tra le vie della città, a piedi nudi e coperti da lunghe tuniche, in uno scenario che dal monte Erice si allunga fino alle saline e spalanca la sua finestra sulle isole Egadi. Caltanissetta, nella domenica delle Palme (10 aprile), si colora con la scenografica Processione di Gesù Nazareno che ne rievoca l'ingresso a Gerusalemme. La statua di Cristo sfila per la città su una barca ricoperta di fiori colorati, accompagnata da bambini con rami di olivo e palme intrecciate. E ancora il capoluogo nisseno, con i suoi cortei pasquali che partono dalla domenica delle Palme, si trasforma in un teatro a cielo aperto da dove spuntano gigantesche statue di cartapesta a rappresentare gli apostoli. E proprio di cartapesta e legno è L’Ultima Cena storica opera degli scultori napoletani Vincenzo e Francesco Biangardi realizzata nel 1885, esposta nelle sale delle Vare di Caltanissetta.
L’ultima cena degli scultori napoletani Vincenzo e Francesco Biangardi (1885) ©Gaetano Sergio Camilleri
A Modica (RG), perla del barocco siciliano, la domenica di Pasqua (17 aprile) si celebra la festa della Madonna Vasa Vasa. Dalla chiesa di Santa Maria di Betlem partono due processioni, una con il simulacro del Cristo Redento, l’altra con quello della Madonna Addolorata. Dopo aver percorso itinerari diversi si incontrano nella piazza del municipio, dove si celebra il bacio di mezzogiorno tra madre e figlio. Un movimento del fercolo, la lettiga sulla quale sono trasportate le statue, mosso da un particolare marchingegno, fa alzare le braccia della statua della Madonna verso quella di Gesù. A seconda del modo in cui si svolge questo bacio simbolico, la “vasata” appunto, i contadini del luogo traggono auspici per la nuova annata.
CANTI E RITI DELLA PUGLIA
«La vera terra di Puglia è quella arcaica non arretrata ma immemorabile», scriveva lo storico dell’arte Cesare Brandi nel suo celebre viaggio letterario e artistico, Pellegrino di Puglia (1960). Una terra dove tradizione e spiritualità si combinano con il respiro delle comunità locali. Stretto tra due mari, lembo estremo e finis terrae, il Salento è ancora oggi fortemente legato ai suoi riti pasquali, accompagnati dai versi evocativi e dai canti della Passione in grìco, l’antichissimo idioma della comunità ellenofona in terra d’Otranto. Alcuni di questi sono chiamati Le Kalimere, proprio perché augurano a tutti giorni felici. E alle porte di Calimera, centro in provincia di Lecce che trae il suo nome dal “buongiorno” greco, viene celebrato il rito arcaico di purificazione della pietra forata nella chiesetta di San Vito. È abitudine, per gli abitanti del paese, trascorrere la giornata del lunedì di Pasqua nella campagna che circonda questa cappella rurale del ‘500, tra muretti a secco e ulivi secolari. In attesa della messa del pomeriggio, durante la quale si passa attraverso il foro di una grande pietra, un megalite calcareo di epoca precristiana conservato nell’edificio. Il culto della Madre Terra è all’origine di questa usanza che trae origine dagli antichi riti pagani celebrati nella campagna salentina. All’epoca la vita dipendeva dall’andamento del raccolto e si invocava la fertilità attraverso questo passaggio propiziatore, che nel tempo ha reso liscia e levigata la roccia nel suo interno.
La chiesetta di San Vito, Calimera (LE) © Pro Loco Calimera
IN CAMPANIA L’ANTICA PASSIONE
Vallata (AV) è famosa per la maestosa rappresentazione del venerdì Santo che narra i momenti più espressivi e drammatici della Passione di Cristo, unendo fin dalla metà del ‘500 fede, tradizione e folclore. I giovani di questo paese dell’Irpinia orientale, vestiti da littori e centurioni romani, sfilano lungo le strade ciottolate al suon di trombe e tamburi con aste, insegne e tele di antica fattura, mentre alcuni cantori declamano i versi dalla Passione di Gesù Cristo l’opera del poeta settecentesco Pietro Metastasio. Il corteo si chiude con il feretro di Cristo circondato dai medici del paese e l’immagine dell’Addolorata attorniata da giovani in abito nero. È questo uno dei riti pasquali più antichi e suggestivi dell’intero Mezzogiorno, con il suo corteo composto da circa 200 figuranti di ogni età, tra cui artisti, artigiani e attori di Vallata.
LA VECCHIA SIGNORA DEL MOLISE
Bisogna spostarsi in Molise per conoscere la Pupatta della Quaresima: una bambola vestita di panno nero, nota anche come Quarantana, che viene esposta nelle case o appesa ai balconi durante i 40 giorni che precedono la Pasqua. La tradizione, colma di riferimenti pagani, è ancora vivissima in alcuni paesi della regione come Santa Croce di Magliano (CB). In mano la vecchia signora tiene il fuso e la conocchia, a simboleggiare la pazienza e il tempo che passa. Secondo una versione differente, la Pupatta sarebbe invece una personificazione della Quaresima, moglie del defunto Carnevale, intenta a filare in attesa di ricongiungersi con il coniuge il giorno di Pasqua. Evidenti i riferimenti alle Parche del mondo romano – le tre divinità che filando presiedevano al destino – e all’epopea greca con il mito della tela di Penelope.
La Pupatta di Santa Croce di Magliano (CB), ©Pro Loco Quattro Torri
SECOLARI TRADIZIONI D’ABRUZZO
A Chieti, il venerdì Santo si svolge la solenne processione del Cristo Morto, la più antica d’Italia. Quella che il giovane poeta Gabriele d’Annunzio, che studiò in città nel liceo classico Vico, definì “una valle di lacrime”. Il primo rito risale all’842 d.C., anno in cui fu ricostruita la Cattedrale di San Giustino. Le diverse confraternite cittadine, in tunica e cappuccio, sfilano per le stradine del centro storico illuminate da fiaccole e ceri, al passo ritmico della troccola, uno strumento in legno che durante la Settimana Santa sostituisce il suono delle campane. In spalla vengono portati i Trofei della Passione seguiti dalle statue lignee del Cristo morto e dell’Addolorata con un abito di seta ricamata con fili d’oro.
LE COLOMBE DI SULMONA E FIRENZE
Simbolo per eccellenza della Pasqua è senza dubbio la colomba, segno di purezza e di pace già nei testi biblici e poi nell’iconografia cristiana. A Sulmona (AQ) diventa protagonista durante la Processione della Madonna che scappa. La statua della Vergine, sostenuta sulle spalle dai fedeli, corre improvvisamente verso il figlio, tra il volo di vere colombine liberate. Tra le tradizioni più celebri c’è anche la Colombina di Firenze: un congegno meccanico, trasportato da un razzo innescato dal cero santo, che la mattina di Pasqua “spicca il volo” dall’altare del Duomo. Se il rito va a buon fine, avvia lo scoppio della torre pirotecnica posta sul carro del Brindellone, trainato fin lì da due coppie di buoi e posizionato tra il Battistero di San Giovanni e la Cattedrale di Santa Maria del Fiore. L’accensione è segno di buon auspicio e buon raccolto.
IN FRANCIA, TRADIZIONI TRA CAMPANE VOLANTI E UOVA
Dopo il silenzio iniziato con il giovedì Santo, la domenica di Pasqua in tutta la Francia tornano a suonare le campane. Una leggenda popolare racconta che proprio in quei giorni le campane volino via alla volta di Roma, per raggiungere la Santa Sede e udire direttamente dal Papa l’annuncio della resurrezione di Cristo. La mattina di Pasqua, poi, fanno ritorno in Francia per riportare a tutti il lieto messaggio. La tradizione vuole che nel viaggio di rientro, attraversando il Paese, siano proprio queste “campane volanti” a lasciar cadere nei prati, nei parchi e nei giardini di casa uova e coniglietti di cioccolata, per la gioia di bambine e bambini che si divertono a cercarli fra i cespugli. Dalla leggenda fantastica alla realtà: in Francia, infatti, la mattina di Pasqua i più piccoli si mettono in cerca delle uova di cioccolato di ogni forma e colore che i genitori hanno nascosto in casa o appeso sugli alberi in giardino. In Alsazia, poi, la colazione si fa con l’osterlammele, un piccolo dolce a forma di agnello, simile al pan di spagna italiano, cotto in stampi di terracotta invetriata prodotta nelle fabbriche di Soufflenheim, comune del Basso Reno. Un dolcetto che, per aspetto e storia, ricorda l’agnello di pasta di mandorle diffuso nelle regioni del Sud Italia, soprattutto in Puglia e Sicilia. Nel Sud-Ovest della Francia, invece, nei villaggi dell’Aquitania, il lunedì di Pasqua si rinnova una ricorrenza secolare: la sfida all’ultimo uovo per cucinare la frittata più grande. Nella piazza principale di Haux, ogni anno, viene servita un’omelette gigante realizzata con quasi seimila uova e 50 chili di pancetta per soddisfare l’appetito di circa mille persone. Anche in Italia a Montaquila (IS), nella valle del Volturno in Molise, viene preparata una frittata con più di mille uova, emulando l’antico gioco della Tuzza: la competizione del lancio delle uova che, una volta rotte, finiscono in padella.
DA LOURDES AD ARLES, PROCESSIONI E CORRIDE
Per festeggiare la Pasqua, poi, non mancano le tradizionali processioni religiose. A Lourdes, durante la Settimana Santa, si radunano ogni sera migliaia di pellegrini per le fiaccolate in onore della Madonna, il cui culto richiama ogni anno quasi sei milioni di devoti. A Perpignan, paese catalano nella zona dei Pirenei orientali, il venerdì Santo si assiste alla processione della Sanch, un evento che simboleggia la Via Crucis e coinvolge ogni anno oltre 10mila persone. L’antica rappresentazione ripercorre un fatto storico avvenuto nel XVI secolo, quando i domenicani proteggevano i condannati a morte dal linciaggio della folla, assicurando loro a una degna sepoltura. Una storia di valori concreti e radicati sul territorio dove la tradizione si mescola alla fede. Arles, alle porte della Camargue, nel Sud della Francia, ha mantenuto intatta nei secoli le tradizioni della Feria de Pâques. In questo paese della Provenza, attraversato dal fiume Rodano, si svolge l’evento più atteso dell’anno con circa 500mila visitatori che seguono corride nelle arene cittadine, spettacoli equestri e animazioni musicali. A sottolineare la sintesi tra modernità e tradizione l’abrivado (dal provenzale abriva, accelerare), un gioco che si svolgeva quando i butteri si lanciavano nella cavalcata con le mandrie al galoppo per sfuggire alla carica dei tori. Ancora oggi questi animali vengono accompagnati dai pascoli alle arene di Arles dai guardiani a cavallo in abiti caratteristici, in una corsa sfrenata, che aggiunge alla festa il brivido della corrida.
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