Foto in apertura: la coda di Sirmione. Crediti: lukaszimilena/Adobestock
Sono parecchi i camminatori che hanno girato il lago di Garda, percorrendo uno o più tratti dei suoi oltre 190 chilometri di riva. Anche se non è un sito facile da attraversare in tondo, perché del Garda, sin da bambini, sappiamo una cosa: che è il più grande. Da ragazzi invece il lago sembra tornare utile, soprattutto quando ci si innamora. Allora si chiede aiuto a Sirmione, considerata la perla del lago in provincia di Brescia, e a Gaio Valerio Catullo, che verseggiava per Lesbia non risparmiandosi in lodi e richieste d’attenzione. In una poesia le domandò 3.300 baci e, non ricevendo risposta, ne pretese ancora proponendole “una perpetua notte senza fine”. Una prospettiva mortifera che non funzionò: lei scomparve. Si saprà dopo che il suo vero nome era Clodia e che Catullo, in quella sontuosa villa di Sirmione a lui erroneamente attribuita per secoli, non aveva mai dimorato. E però i ragazzi, con il primo vero amore, a Sirmione ci andavano lo stesso. I baci magari erano molti meno ma a passeggiare in quella coda di terra – il nome della città deriva probabilmente dalla parola syrma che in greco significa “coda” – ci si emozionava.
Il fatto che vi fosse molto turismo si doveva anche a una circostanza storica. Nel 1954 Sirmione divenne una meta vip: presero a frequentarla industriali come i Marzotto, la famiglia Motta e gli Alemagna e poi la cantante Maria Callas con l’imprenditore Giovanni Battista Meneghini. Ira von Fürstenberg, nobile, attrice e designer, trascorse qui la prima notte di nozze, Mina e il suo compagno, l’attore Corrado Pani, vi si rifugiarono per seminare i fotografi. Insomma, i vip di un tempo si ritrovavano a Sirmione. Sulla sponda orientale del lago, già in provincia di Verona, si trova Lazise, ai cui abitanti Ottone II concesse con diploma imperiale, nel 983 d.C., diritti di commercio, l'uso della riva, l'attracco dei natanti e la pesca. Una completa autonomia civica che la rese a tutti gli effetti il primo Comune d’Italia e, insieme a Bingen, in Germania, d’Europa. Il momento migliore per visitarla è a fine inverno o all’inizio della primavera, quando sui suoi vicoli, sul lungolago e sulle stupende pavimentazioni del centro batte una nuova luce. Scendendo di nuovo in provincia di Brescia, ci si sposta verso il comune più popoloso del lago: Desenzano, città dove transitano e si fermano ogni anno milioni di persone. Nel 2022 le cifre sono state impressionanti: quasi 8 milioni di presenze sul Garda, un milione solo a Desenzano. A riferirmelo è Daniela Plodari, assessora al turismo che mira ad allargare gli orizzonti della cittadina e la immagina «aperta al mondo, come merita».
Il porto di Lazise (Verona). Crediti: Daniel Jędzura/Adobestock
Un’idea condivisa con Esterino Caleffi, per 16 anni segretario comunale e saggia memoria storica di Desenzano, convinto del fatto che il futuro porterà con sé molti cambiamenti per gli abitanti del luogo. D’altronde, girare la cittadina riserva già ora molte sorprese. In rada galleggiano due bellissime imbarcazioni d’epoca: un dragamine del 1907 e la motonave Zanardelli Italia del 1903. Alla biblioteca comunale Angelo Anelli, che ha sede in Villa Brunati, incontro il vicedirettore Roberto Roccuzzo, pronto ad accogliermi con gentilezza tra i libri. Qui scopro che il lago gelò una volta sola, nel 1709, durante un’ondata di freddo che colpì tutta l’Europa. Leggo delle tragiche pestilenze, e storie di figure caratteristiche e romantiche come il Bianca, uomo di porto che conosceva tutti e che un mattino di febbraio del 1970 disse a un amico: «Oggi mi succede qualcosa di buffo, mi manca il respiro…». E morì poco dopo.
Finché la mia attenzione non viene catturata da una tela di Edgar Degas. S’intitola La famiglia Bellelli. In posa ci sono il barone napoletano Gennaro Bellelli, sua moglie Laurie Degas e le due figliolette, ritratti a Firenze durante un soggiorno del giovane artista. Laurie, infatti, è la zia diretta del pittore e io incontro due suoi discendenti: Armando e Maria Cristina Bellelli. Fratello e sorella originari di Desenzano, lui è un noto storico del territorio, lei una chef. Ci sediamo sulla Pietra dei falliti, eretta a luogo di pena nel 1555 per i falliti dolosi: Armando mi racconta la storia della statua di Sant’Angela Merici in piazza Malvezzi, patrona della cittadina, e del famoso Reparto alta velocità, istituito per l’addestramento dei piloti velocisti dell’aeronautica, tra cui il maresciallo Francesco Agello che il 23 ottobre 1934 raggiunse i 709 chilometri all'ora su un idrovolante aggiudicandosi un primato mondiale.
Nel chiostro di Santa Maria de Senioribus, i due fratelli raccontano dei catari, eretici che invocavano la semplicità spirituale (catharus in latino significava puro) e avversavano le ricchezze ecclesiastiche. Nel ‘200 giunsero dalla Francia e dimorarono proprio a Desenzano. Maria Cristina è stata intervistata più volte perché ha avuto da poco l’idea di riscoprire e preparare le pietanze catare. Il 16 marzo, in coincidenza con la caduta della Montségur, castello cataro assediato nel 1244, al Caffè città avrà inizio il format Cene eretiche, che prevede un evento al mese. Maria Cristina preparerà il risotto al cavolo rosso e il Sisàm, ricetta a base di minutaglie di pesce lacustre trattate in olio e aceto con un tocco di cipolla. E tanto pane ad accompagnare, come il rito cataro pretende. «Unire la storia alla gastronomia era il mio grande desiderio. Proporre un piatto tanti secoli dopo la sua creazione mi fa sentire ancora di più figlia di Desenzano». Il lago e la sua brezza. Quanti misteri, come le luci ambrate, sulle acque del Garda.
Articolo tratto da La Freccia di febbraio 2023
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