I fratelli Matteo, enologo, e Marco Garrone, agronomo che ama definirsi “vigneron” portano nel cuore e nell’anima la medesima passione e lungimiranza di Roberto e Mario. La medesima forza che serve per dedicarsi ad una viticoltura di montagna, dove nulla è semplice e ancor meno può essere semplificato. “Dopo la laurea in Enologia - racconta Matteo - ho fatto esperienza in altre aziende, anche nel Beaujolais, la Borgogna degli snob - scherza - ma nulla è bello quanto produrre il proprio vino”.

Nebiolo Ossolano, o meglio Prünent, suo antico clone, Merlot di montagna, Croatina, vitigni alpini ben definiti, di carattere, capaci se ben lavorati come i Garrone sanno fare, di mantenere la schiena dritta e i profumi ben distesi. Alcune vigne di Chardonnay consentono la produzione di un bianco dai profumi delicati e rocciosi, capace di reggere l’incedere del tempo dando piena espressione del suo carattere, anche dopo cinque anni di invecchiamento. 

Ascolta le inteviste a Matteo e Marco Garrone:

Cantine Garrone si trova nella parte più a nord dell’alto Piemonte, esattamente a Oira di Crevoladossola, nella Valle Ossola, una zona di montagna creatasi dalla combinazione tra il ritiro di un grande ghiacciaio ed il lungo lavoro di escavazione compiuto dai fiumi. Qui, sui ripidi pendii esposti a Sud, il microclima dettato dalle montagne e mitigato dai vicini laghi Maggiore, d’Orta e di Mergozzo, si è da sempre rivelato ideale per la viticoltura. I vigneti sono disposti su terrazzamenti artificiali, scavati nella roccia e delimitati da muretti a secco, ma anche sui pendii meno impervi tutte le fasi della coltivazione, dalla potatura alla vendemmia, devono essere svolte manualmente.

La storia delle Cantine Garrone inizia nel 1921 quando Luigi Garrone lascia Grana Monferrato, dove già produceva e commerciava vini insieme al fratello, e si trasferisce a Domodossola, dando vita al ramo Garrone ossolano dell’azienda. Fino alla fine degli anni ’80 la produzione nella zona, anche a causa dello spopolamento delle campagne e della scarsità degli ettari vitati, è relegata al solo consumo familiare. Roberto e Mario Garrone hanno l’intuizione di acquistare uve dai piccoli viticoltori rimasti per aggiungerle a quelle di famiglia e garantirsi così una massa critica sufficiente per produrre e commercializzare il vino.

Botti di vino

In un contesto come quello ossolano, dove la tradizione vitivinicola è antichissima e dove i contadini hanno un legame molto forte con la propria terra (che spesso è un appezzamento molto piccolo, acquistato a costo di grandi sacrifici), riuscire a farsi “cedere” le proprie uve non è operazione affatto scontata. La svolta arriva quando un decano dei viticoltori ossolani, l’allora novantenne Pierino De Gregori, sposa l’idea e vende le uve provenienti dal suo vigneto situato a Pello di Trontano; un gesto simbolico ma molto, molto importante, seguito da molti altri. Oggi Cantine Garrone lavora con una cinquantina di viticoltori che, sotto la direzione agronomica dell’azienda coltivano circa 11 ettari di vigneti.

Le vigne più vecchie, sono ultracentenarie e inserite all’interno di vigneti che hanno età media di 60 anni. Ci sono poi impianti in piena maturità piantati tra inizio anni ’90 e 2000 ed impianti più recenti dal 2010 in poi. Tutte le piante ultracentenarie sono allevate a “Toppia” o pergola. Questo sistema tradizionale che segue l’inclinazione naturale del terreno, consente un migliore sfruttamento della scarsa superficie coltivabile, tant’è che negli anni passati, sotto la Toppia, i contadini piantavano segale, patate, fieno.

Per l’accoglienza, oltre alle visite in cantina, la famiglia gestisce, come bed and breakfast, un’antica “casa forte” in pietra ossolana risalente al 1598 e perfettamente conservata dove si trova anche la cantina di affinamento.  In qualità di custodi dei segreti della produzione vitivinicola Ossolana, Cantine Garrone, in collaborazione con l’Università di Torino, ha partecipato al progetto di recupero del materiale genetico del Prünent selezionando tre cloni di “Nebbiolo Ossolano” oggi riprodotti in vivaio.

La nostra idea di produzione - dicono i Garrone - interpreta la storia del territorio. Da quattro generazioni lavoriamo queste vigne e raccogliamo l’eredità di oltre trecento anni di storia che ogni singola famiglia ha nel suo patrimonio. Ogni piccola parcella, infatti, si tramanda di padre in figlio come se fosse un continuum. Noi ci sentiamo orgogliosi di esserne gli interpreti”.

Bottiglia e calice di vino

Note degustative

  • Munaloss 2020: 70% Nebiolo 30% croatina vinificati insieme. Il cosiddetto vino di ingresso passa solo in acciaio per un anno. Al naso è fresco con sentori di frutta giovane. Scende al palato con identità già ben definita, per nulla rotondo, anzi di schiena dritta e carattere.
  • Prunent: clone di Nebiolo ossolano solo da piante vecchie 40/50 anni. 8000 bottiglie prodotte, fa 10 mesi in acciaio e un anno di botte grande da 12000 litri. Due settimane di macerazione. Naso intenso e intrigante con una punta quasi appassita dalle vecchie vigne. Palato di bella acidità e suadente leggera asprezza, anch’essa identitaria del territorio
  • Prunnent dieci brente (una locale unità di misura): un singolo cru, a Pello di Trontano con vigne di cento anni e piante di ottanta. Nebiolo ossoslano fa due anni di botte grande. Al naso è importante e austero, con note di frutta scura leggermente candita. Al palato sviluppa uno spettro gustativo aperto, fresco, di netta coerenza con le note olfattive, ma più docile, di facile approccio.
  • CA’ D’Maté. Era la casa del trisnonno da parte materna: taglio classico 80% Nebiolo e 20% Croatina, matura dieci mesi acciaio e un anno botte grande. Naso elegante, nobile e di bella struttura con una nota balsamica che si presenta con delicatezza. Al palato rende bene l’idea della struttura e della annata
  • Tarlàp 2020: Merlot in purezza, anch’esso montano. Naso fresco, agrumato e fruttato con gentilezza. Al palato si presenta con freschezza e giovinezza. Pronto ad begli anni di invecchiamento.