Torino mantiene la storia della capitale piemontese, ma allo stesso tempo genera nuove opportunità culturali e una nuova creatività gastronomica. Elementi ideali per visitarla. Le stazioni di Torino Porta Nuova e Torino Porta Susa si trovano entrambe nel centro della città, luoghi ideali da cui partire alla sua riscoperta, compiendo percorsi dove trovare spunti sia dal lato artistico che da quello gastronomico.
Una prima opzione è quella che porta dalla stazione di Porta Nuova verso Piazza Castello, con i suoi musei Palazzo Reale e Palazzo Madama, patrimonio Unesco delle Residenze Sabaude, e il Teatro Regio, fino a Piazza Carignano, nel cui Palazzo trovava sede il Parlamento Subalpino guidato da Camillo Benso conte di Cavour. A pochi metri anche il celeberrimo Museo Egizio, secondo per ricchezza della collezione solo a quello del Cairo, e la frequentatissima via Roma, oggi isola pedonale e centro dello shopping. Imboccando via Po e, passeggiando sotto i medesimi portici che proteggevano dalla pioggia la famiglia reale, si raggiunge la Mole Antoneliana, monumento simbolo di Torino, disegnata nel XX secolo dall’architetto Alessandro Antonelli e terminata nel 1889, è oggi sede del Museo Nazionale del Cinema.
Museo Egizio
Tra queste piazze e vie storiche, la parte gastronomica trova espressione nella tradizione della cucina piemontese. Qualche centinaio di metri a piedi e si raggiunge Le Vitel Etonnè, un locale di grande fascino che ricorda i bistrot francesi. Ottima cucina, grande cortesia, il sorriso della proprietaria e una carta dei vini dall’originale geografia piemontese (con numerose bollicine) sono le ragioni per sedersi a tavola.
Luisa Pandolfi, Bruna Pogliano e Massimiliano Brunetto sono i soci e sodali, con le ragazze in sala e Max in cucina, hanno saputo dare al locale lo spirito giusto. Il menù riserva le dovute attenzioni ai grandi classici piemontesi e un’interessante e creativa scelta di piatti contemporanei. Tra i classici piemontesi, Tajarin di solo tuorlo con salsiccia di Bra, Carne cruda di Fassona battuta al coltello, Plin di tre carni al sugo d’arrosto. Ovviamente iniziando con il Vitello tonnato, simbolo del locale. Capitolo dessert tutto da scoprire, anche qui la tradizione diventa ghiotta contemporaneità. Cantina al 90% piemontese. con bella declinazione nell’albese, nel Roero e nelle bollicine di Alta Langa. “Il vitello stupito” ha fatto breccia nel cuore dei gourmand torinesi e non solo, tanto da aprire anche un angolo gastronomia, dove le specialità sono tutte da asporto.
Lo chef Massimiliano Brunetto
Proseguendo la passeggiata torinese e scegliendo l’alta cucina vegetariana e vegana, raggiungiamo il ristorante Antonio Chiodi Latini, il cuoco delle terre. Lasciata la cucina onnivora, lo chef ha trovato nuova ispirazione da Colin Campbell e il suo libro The China Study, fino al biologico e alla permacultura. Tecnica, scienza e passione con cui dedicarsi a trasformare i prodotti della terra in piatti di alta cucina, rendendo una patata o una cipolla protagoniste del fine dining.
Lo staff del ristorante Antonio Chiodi Latini
«Non ritengo la mia cucina vegana, termine riduzionistico, ma più olistica, tradizionale: parte dalla terra, forma più sincera del gusto primordiale, per raccontare storie e cambiamenti climatici. Un piatto è uno scopo, un coinvolgimento, una teatralità. Molti segnali mi spingevano a questo cambiamento, mi ritengo fortunato nell’averli colti», spiega Chiodi Latini. Una vera esperienza quella che si vive da Antonio, accolti e coccolati in sala, dalla figlia Giorgia. Gusto e piacere si trovano nei piatti, dai nomi evocativi: Dedicato a Parmantier, dove si gioca con le mani a immergere le patate nei vari intingoli dopo averle “sanificate” con il rosmarino affinché il profumo della pianta aromatica resti sulle dita e accompagni il boccone. O in Ère Noir, sublimazione della cipolla, massima esasperazione della terra.
Prelibatezze dal ristorante Antonio Chiodi Latini
Ancora portici e bellissimi palazzi delle architetture storiche torinesi e si arriva alla Fondazione Re Rebaudengo, dove godersi l’espressione dell’arte contemporanea e la cultura del design. La Fondazione sostiene dal 1995 i giovani artisti italiani e stranieri, con una particolare attenzione alla committenza e produzione di nuove opere, e promuove l’arte contemporanea con l’obiettivo di avvicinare a essa un pubblico sempre più ampio. All’interno della struttura si trova l’elegante ristorante Spazio 7, gestito e curato da Emilio Re Rebaudengo.
Lo staff del ristorante Spazio 7
Lo chef Antonio Romano appaga i sensi dei suoi ospiti attraverso la contaminazione tra arte e cucina. Lo spazio è parte della magia che l’arte sa regalare e la cucina ne diviene protagonista. Il tutto premiato con la stella Michelin. Dal menu ecco Carpaccio di daino, yogurt, ciliegie e basilico e Foie gras, albicocca e pepe lungo. Per continuare con Risotto, scampi, finocchio e zenzero oppure Bottoncini ripieni di maiale, mandorla ossidata e cicoria. Tra i piatti principali dal mare, Rombo, carote, vaniglia e caffè e dalla terra Filetto di vitello, avocado e melanzana affumicata o Scamone di agnello, yogurt, cocco e cetrioli. Sono alcuni dei piatti signature assolutamente da provare, come lo è il menu degustazione da sette portate. Un viaggio nel bello e nel buono.
Creazione dello chef Antonio Romano
Camminando verso la stazione di Torino Porta Susa, in via Sant’Antonio da Padova, una piccola via tra i grandi spazi di Corso Vittorio Emanuele e Corso Galileo Ferraris, si trova Ristorante Opera Ingegno e Creatività, un ristorante sempre in crescita per cucina, cantina e servizio. Stefano Sforza si pone nel ristretto novero dei protagonisti della rinascita della cucina gourmet a Torino. La mano di Sforza esprime creatività e sostanza, grande equilibrio dei sapori e una bella spinta. Lungimirante davvero è stata la scelta della famiglia Cometto, proprietaria del locale, di affidarsi al suo talento.
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