Lo stile napoletano è una somma non algebrica di scioltezza, comodità, proporzione e ottimismo. Le scelte di materiali, linee e tecniche devono privilegiare soluzioni i cui risultati suggeriscono tali qualità». Questo è uno degli assunti che si leggono sul Disciplinare della sartoria napoletana realizzato dall’associazione Le mani di Napoli e presentato a Pitti Uomo, a Firenze, lo scorso 14 giugno.

 

Il capoluogo campano è già di per sé un tesoro, che vanta come Patrimonio Unesco il centro storico e l’arte della pizza. Ma si distingue da sempre anche per l’eleganza e l’abbigliamento di qualità al maschile. Per questo è nato il consorzio Le mani di Napoli, che riunisce maestri artigiani e aziende storiche della moda partenopea per promuovere la sartoria e il culto del bel vestire. Tanti i rappresentanti autorevoli che hanno scelto di adottarlo tra i quali Dalcuore, Sartoria Sabino e Formosa per il tailoring, Calabrese 1924 per la cravatteria, Francesco Avino per la camiceria, Paolo Scafora per la calzoleria. Insieme a loro anche chi da sempre si è impegnato per il settore, come lo stesso presidente dell’associazione: Giancarlo Maresca, avvocato, cultore e appassionato del mondo classico maschile.

Come nasce l’associazione Le Mani di Napoli?

 

L’idea è stata sempre nell’aria, era un desiderio di sarti e maestri artigiani. Ma si è concretizzata solo quando è stato raggiunto un numero sufficiente di partecipanti e sono arrivate le approvazioni delle istituzioni comunali. È importante dire che nessuno dei nostri soci, che chiamiamo Camere d’arte, è a caccia di clienti: li hanno già, anzi a volte la domanda supera la produzione. L’interesse primario è fare sistema per dettare le regole del buon gusto maschile. A Napoli ci sono dei veri maestri, durante il Pitti abbiamo premiato i sarti decani Antonio Liverano e Carmelo Crimi e consegnato le targhe alla memoria ai fondatori di Calabrese 1924, Sartoria Formosa e Barbarulo, che realizza gemelli da polso. E potrei citarne tanti altri ancora, come Marco Cerrato o Massimo Corrado per il pantalone su misura. Oppure Paolo Scafora con le sue calzature rigorosamente fatte a mano.

 

Quali sono i vostri obiettivi principali?

 

Vogliamo valorizzare e tramandare il patrimonio e la tradizione napoletana. Tutti i membri puntano a diffondere il prestigio e la credibilità dello stile partenopeo. A tal proposito lo stesso rettore dell’Università Federico II, Matteo Lorito, ha deciso di lanciare, a 800 anni dalla fondazione dell’ateneo, un’academy sul bel vestire in partnership con noi. Un passo importante per promuovere i mestieri di un settore che è parte dell’arte, della cultura e dell’immagine del nostro Paese.

Perché avete pensato di stilare un Disciplinare della sartoria napoletana?

 

Spesso si incappa in commercianti che spacciano una giacca o un paio di pantaloni qualunque per un capo classico partenopeo: il Disciplinare è nato proprio per distinguere il grano dalla pula. Ci siamo interrogati su come vada realizzata una giacca e insieme alle nostre Camere d’arte, primo fra tutti Sartoria Sabino, abbiamo dettato le regole base. Un testo trasparente capace di contrastare l’ambiguità in cui sguazza chi smercia articoli mediocri. Per valorizzare il prodotto, il marchio e la persona di ogni singola azienda.

 

Quali sono i principi irrinunciabili?

 

Sicuramente il bagno dei tessuti. Non va fatto a tutti, ma è indispensabile per fibre come lino e cotone: sono materiali che vanno lavorati bene per poter ottenere il risultato sperato. E poi direi la prova del capo sulla persona, essenziale per una giacca o un abito su misura. Abbiamo adottato tre tipi di etichette d’eccellenza: la bianca per chi completa tutte le lavorazioni di base, quella color oro per chi ha aggiunto un tocco di raffinatezza in più, la nera per chi ha realizzato il capo in modo tradizionale al 100%, senza scorciatoie.

 

Cosa invece va assolutamente evitato?

 

Il termoincollato: le giacche vanno cucite. E poi non bisogna utilizzare la pressa a mangano, che comprime la tela con troppa forza impedendogli di seguire le linee del corpo e rendendo ogni capo uguale.