Credit foto: Archivio Fondazione FS Italiane
L’attenzione verso il cliente è alla base di ogni attività commerciale. Nasce parallelamente al commercio con l’obiettivo di fidelizzare il consumatore e lasciare un’esperienza gradevole attraverso tecniche di vendita persuasive. La customer experience, oggi, è ovviamente alla base anche dei rapporti tra ferrovieri e passeggeri. È forse meno ovvio che Riccardo Bianchi, primo direttore generale delle Ferrovie dello Stato, nel 1907 già aveva affrontato il problema, in un contesto storico in cui la nuova strada ferrata doveva incontrare gli interessi degli utenti ed entrare nella vita quotidiana del popolo.
A sinistra Il capo conduttore di 1° grado con la divisa invernale, 1907.
A destra la divisa del capostazione, 1925
Attraverso le idee di Bianchi, lo Stato cercò di migliorare la propria immagine agli occhi della clientela. Il primo passo fu la visibilità del personale: le divise furono uniformate e indossate con cura. Il primo ferroviere aveva un aspetto austero, marziale, forse poco friendly, ma sicuramente elegante e autorevole. D’altra parte, al capotreno spettava un piccolo scompartimento esclusivo a bordo treno lontano dai viaggiatori e vantava una posizione economica di primo piano, se relazionata a una società ancora in gran parte rurale. L’essere ferroviere rappresentava un vero status symbol e la divisa, molto vicina all’estetica militare, ne sottolineava la posizione socialmente di rilievo. Il secondo dopoguerra poi portò dei cambiamenti sostanziali.
L’eleganza discreta del personale viaggiante, 1953
Gli anni Cinquanta in FS furono sinonimo di elettrotreni e viaggi di lusso. In questo contesto il capotreno e il capostazione non potevano sfigurare: il doppiopetto divenne una costante e l’eleganza sostituì la marzialità. I cambiamenti degli anni Sessanta, con le tante trasformazioni della società, portarono anche le Ferrovie dello Stato ad adeguarsi. Nel novembre 1968 il periodico aziendale Voci della Rotaia, introducendo il nuovo vestiario uniforme, scriveva: “Il contatto continuo tra ferrovieri e utenti rende necessario considerare anche gli aspetti esteriori, che non sono apparenze trascurabili. Il decoro dell’uniforme, la proprietà nel vestire contribuiscono certamente, non meno delle capacità professionali e della buona educazione degli agenti, ad istituire un rapporto franco e cordiale con il pubblico.” Intanto la nuova economia italiana introduceva nelle famiglie l’automobile e per le FS iniziava una nuova gestione del mercato, dove il rapporto col pubblico acquisiva una centralità fondamentale. Iniziava l’era della carta da zucchero, la divisa più iconica, più rappresentativa, una vera e propria strategia di marketing vincente.
Gli anni Sessanta portano all’ingresso del personale femminile nelle Ferrovie dello Stato, 1969.
Le privatizzazioni di fine millennio portarono nuove divise, ma non invertirono la tendenza: in quegli anni si assiste a un continuo rinnovamento dell’aspetto esteriore del ferroviere, sempre in linea con una spiccata corporate identity. D’altronde è vero che l’abito non fa il ferroviere, ma sotto la divisa c’è sempre stato un ferroviere che ha rappresentato nel corso della storia le Ferrovie dello Stato, i suoi cambiamenti e la sua evoluzione.
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