In apertura, La stele commemorativa dedicata a D’Acquisto inaugurata nel 1960 a Palidoro (Roma) © Ansa/Carabinieri

La coscienza di un popolo vive di memoria e nel ricordo di tutti coloro che hanno scritto importanti pagine di storia. Lo disse il costituzionalista Piero Calamandrei e lo sottolinea il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Ora e sempre Resistenza». Un’espressione che racchiude il significato profondo della parola libertà, il bene più prezioso che esista.

È la memoria a salvaguardare la nostra sopravvivenza, perché è la nostra anima, ci unisce, attraversa spirito e corpo, ci rende vigili in un presente sempre in bilico, tra guerre, dittature e false democrazie. Ricostruiamo la nostra storia grazie al sacrificio di uomini che hanno lottato nella guerra di liberazione: accanto agli alleati, alle brigate partigiane della Resistenza, anche i Carabinieri, con la semplicità di grandi, a volte ingiustamente anonimi, protagonisti, rimasti saldi ai principi e ai valori che daranno vita alla nostra Costituzione.

© Archivio Storico dell'Arma dei Carabinieri

Salvo D'Acquisto © Archivio Storico dell'Arma dei Carabinieri

Era da poco iniziato l’armistizio quando una grande figura, il vice brigadiere Salvo D’Acquisto, spiccò per il suo valore e si aggiunse ai tanti che si sono sacrificati, donando la sua vita a soli 23 anni. Il 23 settembre 1943 a Torre di Palidoro, nell’Agro Romano, i nazisti decisero di ispezionare alcune casse di munizioni abbandonate: due di loro morirono e altri due rimasero feriti a causa di un’esplosione accidentale. Non trovando colpevoli (perché non ce n’erano), i nazisti rastrellarono 22 persone scelte a caso fra gli abitanti della zona ma fucilarono solo il vice brigadiere D’Acquisto, che si consegnò al posto dei prigionieri assumendosi da solo la responsabilità dell’accaduto e richiedendo l’immediata liberazione degli altri.

La stele commemorativa dedicata a D’Acquisto inaugurata nel 1960 a Palidoro (Roma) © Ansa/Ciro Fusco

Il monumento dedicato a Salvo D’Acquisto a Napoli  © Ansa/Ciro Fusco

Di questa figura eroica corrono adesso gli 80 anni dalla morte. A lui sono stati dedicati monumenti, edifici, caserme, scuole, vie e piazze e tante sono le celebrazioni che lo rievocano ogni anno. Alessandro D’Acquisto, il fratello, lo ricorda con viva emozione. Aveva solo sei anni e mezzo al momento del triste evento, ma le lettere ritrovate, le foto e gli oggetti, tuttora da lui conservati, mantengono integro il nome e il valore di Salvo. In casa non si parlava mai del fratello, ma se il padre era pieno di orgoglio per il forte sentimento di amor di patria la madre viveva in un profondo dolore.

 

«Non avevamo bisogno di commentare il gesto luminoso col quale volle chiudere la sua vita terrena», spiega Alessandro, «di contro mia madre mi parlava molto delle sue virtù. Ma la sua figura, la sua persona, con il gesto così umano ed eroico per il quale viene sempre ricordato, ognuno di noi la vive. Non c’è bisogno di parlarne, si sente, si percepisce».

 

Non ama che si definisca il fratello un eroe. «A me questa cosa dava un poco fastidio, lo vedevo soprattutto come un uomo che ha sofferto. Ora vive sempre in noi, ci sta sempre vicino. L’affetto che si prova per lui è difficile spiegarlo, Salvo ci condiziona tutti, per il semplice fatto di far parte della società».

 

Alla fine degli anni ‘80 è cominciato il processo di beatificazione: «Il sacrificio di Salvo acquista col tempo un valore e un significato sempre più pregnanti e costituisce un simbolo al quale la nostra generazione guarda con rispetto, ammirazione e speranza».

Per il suo sacrificio il vice brigadiere venne insignito della Medaglia d’oro al valor militare, per «l’esempio luminoso d’altruismo» in un atto «di purissimo eroismo nella storia gloriosa dell’Arma». Su D’Acquisto si è già scritto e parlato molto, Salvo era cosciente di ciò che faceva, aveva compreso il valore dell’esistenza e, per chi ha fede, la certezza di vivere, dopo la scomparsa dell’illusione della vita, in eterno. Come scriveva il filosofo russo Lev Tolstoj, «la vita di quanti sono morti non cessa in questo mondo. L’uomo è morto, ma il suo rapporto con il mondo continua ad agire sugli altri, e neppure come accadeva durante la sua vita, ma con forza mille volte maggiore»